Solo con il gruppo si può cavare sangue dalle rape
Sulla Gazzetta dello Sport di ieri, parlando dei Toronto Raptors, vincitori dello scorso campionato Nba e che da quest’anno devono fare a meno di Kawhi Leonard (l’Mvp della scorsa stagione è passato ai Los Angeles Clippers) e di Danny Green (oggi ai Lakers), coach Nurse affermava: “Ho a disposizione un gruppo a cui piace essere allenato, con un alto indice d’intelligenza cestistica e composto da giocatori che ragionano sempre in termini di squadra”. Considerando ovviamente la differenza a tutti i livelli fra quel mondo lunare e il nostro orticello cestistico, quello che è interessante è che il concetto di fondo non si discosta da quello che dovrebbe sempre essere una squadra: un collettivo che viene prima del singolo. Proprio ciò che è sinora mancato – o c’è stato solo a sprazzi – alle nostre compagini di serie A maschile, Lugano e Massagno.
I Tigers non sono un complesso così malmesso come si possa pensare guardando la classifica e ciò è dimostrato dal fatto che hanno tenuto sulle spine sino all’ultimo le prime quattro della classifica. Però, quando hanno voluto giocare assieme, i limiti dei singoli sono stati “assorbiti” dalla qualità del collettivo. Quando invece si vedono scene come quelle di sabato, dove un giocatore (Porter) si rifiuta di tornare in campo, quando è palese che certi non passano la palla a certi altri, quando nessuno aiuta in fase difensiva come se fosse un problema altrui, ecco che i disastri, e le sconfitte, piovono.
Lo stesso discorso vale per il percorso della Spinelli. C’è stato il caso Aw, con le diatribe interne che l’hanno allontanato dal club; l’uscita di scena di Kelly, mascherata dallo scambio tecnico con Colter; la scelta di Solcà di preferire un’altra esperienza in chiave futura. Il tutto nato da una dinamica di squadra che non è stata funzionale al progetto quanto agli interessi dei singoli, senza con questo voler accusare uno piuttosto che l’altro, considerato che nel loro spogliatoio non ci sono mai stato. Ma, dato che sono nel basket da mezzo secolo, queste dinamiche mi sono molto chiare, basta saperle leggere tra le righe di affermazioni e comunicati ufficiali. Ora, se una squadra non viene costruita con dei chiari criteri di collettivo, come lo scorso anno il Lugano di Petitpierre, che è riuscito con l’amalgama del gruppo a cavare sangue dalle rape, il percorso diventa molto complesso. Sarebbe opportuno che ognuno si calasse nel ruolo di giocatore per la squadra e non di antagonista del compagno di viaggio: solo così sarà possibile raggiungere un traguardo, che non necessariamente sarà un trofeo, ma che è la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per e con la squadra.