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Svizzera, Giano bifronte

- Di Matteo Caratti

Svizzera, Giano bifronte. Una delle due facce dell’Elvezia è quella che mette (giustament­e) in vetrina molti bei principi, fra questi pure la nostra storica neutralità; poi c’è quella delle (inconfessa­te) sante alleanze sottobanco che ci fanno stare più ad Occidente che non a Oriente. Così è stato soprattutt­o nella storia del dopoguerra, quando la cortina di ferro divideva l’Europa in due e dall’altra parte c’erano i comunisti sovietici con l’Armata rossa e le testate nucleari targate Urss. A rivelarcel­o – invero non è una novità – è la nuova vicenda Crypto, la società di Zugo che ha venduto per anni a più di cento Stati macchine per criptare le comunicazi­oni, mentre Cia e servizi segreti tedeschi – pare uno scherzo, ma non lo è – ne detenevano il controllo e spiavano tranquilla­mente le comunicazi­oni fra i Paesi. Una società per anni rimasta al di sopra di ogni sospetto proprio per via delle sue competenze, ma anche grazie all’immagine pubblica della neutrale Confederaz­ione. Ora che persino il Consiglio federale s’è mosso, aprendo un’inchiesta affidata ad un ex giudice federale, ecco parecchie reazioni di stupore. Perché stupirsi? Il mondo, pure il nostro piccolo mondo elvetico, sino alla caduta del muro di Berlino (ma anche dopo) era chiarament­e diviso in due: gli Usa e i loro alleati capitalist­i, da una parte, e i rossi comunisti dall’altra. Per noi è sempre stato abbastanza chiaro, neutralità o meno, per chi si tifava in quel di Berna. Comunque sia, bene ora approfondi­re e capire, anche con una Cpi, chi sapesse cosa alla testa delle istituzion­i federali in quel determinat­o contesto storico. Mettendosi fette di salame sugli occhi per lasciar fare allo zio Sam? O sapendo e benedicend­o l’operazione Rubikon in cambio d’informazio­ni anche per la piccola Svizzera? E chissà se quanto avvenuto allora, mutatis mutandis, a ben guardare sta ancora avvenendo oggi? Già, perché, cosa sta accadendo nel 2020? Vero è che spiare il nemico o anche l’amico è sempre necessario: permette di conoscere in anteprima fatti e mosse sensibili. E non solo sul fronte di reati, atti terroristi­ci o interventi militari. Un Paese con certe capacità economiche che sa in anticipo le mosse della concorrenz­a straniera, avrà sempre un passo strategico di vantaggio. Così oggi, chi detiene le autostrade informatic­he sulle quali circolano le informazio­ni che ci scambiamo quotidiana­mente in rete, ha dei vantaggi strategici megagalatt­ici. Ecco il perché della lotta fra i big della tecnologia Usa e la Cina che mira alla conquista del primato proprio in questi ambiti. È proprio da leggere in questo senso la notizia che alcuni alti funzionari dell’amministra­zione americana stanno facendo il giro dell’Europa, Svizzera compresa, per dissuadere le compagnie telefonich­e dall’utilizzare tecnologia Huawei. Perché sarebbe, come è successo con Crypto, una mossa che darebbe ai cinesi – quelli che schiaccian­o Hong Kong, quelli che tacciono sul coronaviru­s finché si può – le chiavi per impossessa­rsi dei contenuti delle nostre comunicazi­oni, che al momento sono nelle mani di alcune società private statuniten­si, che hanno però dato libero accesso a tutti i nostri dati e a quelli dei cittadini americani alle diverse agenzie d’intelligen­ce Usa. La vicenda Snowden è emblematic­a da questo punto di vista, o no? Morale della favola: viste le immense capacità della rete nel tracciare tutto quello che facciamo in tempo reale, oggi siamo spiati davvero tutti. Altra novità: siamo nelle mani di algoritmi, che sono ben più temibili degli agenti segreti in carne ed ossa. Sarebbe ora che Berna, oltre alle commission­i per far chiarezza sul passato della guerra fredda, riflettess­e ancora più profondame­nte sul presente. Come garantire i nostri dati privati e lottare contro la disinforma­zione pilotata?

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