‘Mi sono sempre assunto la responsabilità delle mie decisioni’
3 ottobre 1992: un gruppo di detenuti armati evade dal penitenziario cantonale della Stampa. La loro fuga in auto dura poco. Muoiono due reclusi e un agente di custodia complice, raggiunti dai colpi sparati dai reparti speciali della Polizia cantonale appostati ad alcune centinaia di metri dal carcere. A dirigere il dispositivo di agenti c’era lei. Cavallini, cosa ricorda di quella mattina? Tutto. Avevamo appreso di un’evasione imminente. Ma le indagini non avevano avuto esito. Organizzammo quindi un dispositivo per sorvegliare a distanza il carcere durante le ore notturne. Per un mese circa non accadde nulla. Fino a quel sabato mattina. Eravamo comunque pronti. Giunte le auto con a bordo i detenuti in prossimità del posto di blocco, intimammo l’alt. Ma ingranarono la retromarcia, cercando di investire degli agenti. Avevano granate e altre armi. Aprimmo il fuoco. Ci furono dei morti, ma non potevamo agire diversamente. Quei detenuti erano pericolosi, avevano gravi precedenti. Una delle menti della fuga era un ex terrorista italiano di Prima Linea. Aveva ucciso un anziano passante mentre evadeva da un carcere italiano. Lo arrestammo in Ticino: con altri si stava recando in Svizzera interna per far evadere delle persone.
Per i fatti della Stampa la polizia venne penalmente scagionata nel 1993, nel ’97 arrivò anche l’assoluzione amministrativa. Come visse quei quattro anni?
Una persona mi fu molto vicina in quel periodo: l’allora vicecomandante Ivan Bernasconi. Sì, un periodo difficile per me, ma ero io il responsabile di quell’operazione. E io mi sono sempre assunto la responsabilità delle decisioni che prendevo e che i miei uomini eseguivano. Come per la manifestazione sul ponte-diga di Melide.