Erdogan minaccia Assad: ‘Pronti a colpirvi ovunque’
Istanbul – “Da oggi in poi, se i nostri soldati nelle postazioni di osservazione subiranno danni, colpiremo le forze del regime siriano ovunque, senza essere vincolati ai confini del memorandum di Sochi”. Dopo l’uccisione di 14 turchi in una settimana a Idlib, Recep Tayyip Erdogan minaccia di far saltare definitivamente l’accordo raggiunto nel settembre 2018 con Vladimir Putin per una zona di de-escalation militare nella Siria nordoccidentale.
A placare la tensione non è bastata stavolta neppure la consueta telefonata chiarificatrice tra i due leader. “Siamo decisi a respingere il regime al di fuori dei limiti stabiliti nel memorandum di Sochi entro la fine di febbraio. Lo dico apertamente: dove verrà versato il sangue dei nostri soldati, nessuno sarà al sicuro”, ha tuonato il leader di Ankara, rilanciando il suo ultimatum a Damasco e sottolineando gli attacchi subiti “anche dalla Russia”, accusata di partecipare ai “massacri” di civili. Critiche che il Cremlino ha respinto al mittente, denunciando al contrario il mancato rispetto turco della sua parte dell’intesa sul cessate il fuoco per non essersi impegnata a “neutralizzare i terroristi” anti-governativi. Nel loro colloquio, riferisce Mosca, Erdogan e Putin hanno entrambi sottolineato la necessità “della piena attuazione degli accordi esistenti”.
Per la diplomazia è una corsa contro il tempo. I rischi di un nuovo scontro diretto restano alti. Almeno 3 delle 12 postazioni turche a Idlib sono circondate dai lealisti. Una delegazione di Ankara è pronta a recarsi a Mosca per cercare una soluzione al rompicapo che rischia di aprire una nuova pagina nella guerra in Siria, a quasi nove anni dal suo inizio. L’intenso traffico diplomatico coinvolge anche l’Ue, che chiede di fermare gli scontri, e gli Usa, che hanno manifestato l’appoggio “all’alleato Nato” con l’arrivo ad Ankara di James Jeffrey, inviato speciale di Donald Trump. Intanto, sul terreno non si fermano i raid aerei russi e governativi a Idlib e Aleppo. Sul fronte nordorientale, almeno un lealista è rimasto inoltre ucciso in scontri con una pattuglia militare statunitense nei pressi della città curda di Qamishli.