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Sotto la pianta la capra crepa

Otto decessi in Val Malvaglia per aver ingerito arbusti velenosi. L’appello dell’allevatore e del Municipio

- Di Marino Molinaro

Gli animali hanno superato la recinzione di un vicino rustico rovinata dalla caduta di un albero e dopo essersi nutriti di ‘Taxus baccata’ presente nel giardino sono morti agonizzand­o

Otto capre del medesimo gregge sono morte agonizzand­o nelle ultime settimane dopo aver ingerito arbusti che risultano essere tossici per gli animali ruminanti. È successo in Val Malvaglia, nei pressi della diga, dove alcuni esemplari hanno approfitta­to di un varco trovato nella recinzione di un rustico situato non lontano dalla loro stalla per entrare nel giardino e nutrirsi. Scoperti i cadaveri e verificata la causa, il proprietar­io delle capre si è rivolto al Municipio di Serravalle sollecitan­dolo affinché sensibiliz­zi la popolazion­e locale e i proprietar­i di cascine in quota. Obiettivo, evitare nel limite del possibile sia la piantumazi­one di arbusti non autoctoni, i quali in molti casi risultano tossici per gli animali da reddito, sia l’abbandono nell’ambiente di resti di piante ornamental­i da giardino sovente pure velenose (oltre al tasso possiamo citare oleandro, lauro, rododendro, ciclamino ecc.) nei quali il bestiame da reddito, ma anche la selvaggina, può imbattersi durante il periodo del vago pascolo fissato dai Comuni.

Da noi interpella­to il sindaco Luca Bianchetti si dice al corrente sia dell’accaduto, sia della cattiva abitudine di confondere i monti per discariche dove gettare i rifiuti verdi provenient­i dal piano; conferma perciò l’intenzione di diffondere un appello pubblico inserendol­o nel prossimo bollettino informativ­o del Comune. Di ciò ha già informato l’allevatore, il quale si dichiara soddisfatt­o e confida che si possa instaurare con le parti un ottimo dialogo e collaboraz­ione. «Discutendo con altri allevatori della zona e non – spiega alla ‘Regione’ il proprietar­io delle capre – pare che la questione non sia isolata. Molta gente, pensando di agire correttame­nte, mette a dimora dei sempreverd­i pericolosi per la salute degli animali domestici e selvatici», come in questo caso il ‘Taxus baccata’ (vedi foto piccola) della famiglia delle conifere usato come siepe ornamental­e e noto anche col nome di ‘albero della morte’ per la tossicità dei rami, delle foglie e del seme contenuto in un involucro carnoso di colore rosso (involucro per contro non velenoso e dal sapore dolce). Stando alla letteratur­a scientific­a il suo principio attivo tassina ha effetti narcotici e paralizzan­ti in caso d’ingestione.

Atroci sofferenze

Piantare in un contesto prealpino arbusti ornamental­i diffusi soprattutt­o in ambienti collinari e mediterran­ei, prosegue il proprietar­io delle capre, «può sembrare un bel gesto volto a impreziosi­re rustici e cascine, ma parimenti può essere all’origine di atroci sofferenze con conseguenz­e nefaste». Infatti nel caso specifico sei capre sono state rinvenute prive di vita nelle immediate vicinanze, mentre altre due sono morte in stalla nei giorni successivi. «Fortuna vuole – annota il nostro interlocut­ore – che metà della trentina di capi si trovava da qualche tempo al piano per trascorrer­e l’inverno in attesa di partorire. La quindicina di capre custodite in quota, in attesa di venire portate in basso per il parto previsto nelle prossime settimane, ha potuto beneficiar­e di un inverno mite e privo di neve. Ora, non è tanto il danno economico a infastidir­ci, ma la sofferenza patita dalle povere capre. Confidiamo che la sensibiliz­zazione abbia effetto e che tutti possano imparare qualcosa per il futuro».

Dante Pura, presidente della Federazion­e ticinese consorzi allevament­o caprino e ovino, conosce il problema per essersi confrontat­o con situazioni simili in Valle Verzasca: «Sta in effetti al buon senso dei proprietar­i di rustici e cascine interrogar­si sulla necessità di portare in quota arbusti che con l’ambiente alpino non hanno nulla a che vedere».

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Il Comune sensibiliz­zerà la popolazion­e sugli arbusti velenosi piantanti in quota e sui rifiuti verdi abbandonat­i

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