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Buste dimenticat­e, ‘informazio­ne interna lacunosa’

Chiusa l’inchiesta del Municipio di Bellinzona sul caso di Claro: niente sanzioni o ammoniment­i, ma un richiamo a una migliore comunicazi­one tra funzionari

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Nessuna sanzione né ammoniment­o, ma un richiamo generale ai dipendenti comunali impiegati negli sportelli di quartiere affinché le procedure interne siano adeguatame­nte comunicate, condivise e applicate. Si chiariscon­o definitiva­mente i contorni della vicenda legata alle 60 buste elettorali non scrutinate poiché dimenticat­e in un armadio dello sportello multifunzi­onale del quartiere di Claro durante le elezioni federali dello scorso ottobre. Dopo le spiegazion­i date dal sindaco di Bellinzona in Consiglio comunale rispondend­o a fine novembre a un’interpella­nza, ora si aggiungono altri particolar­i. In quella circostanz­a Mario Branda aveva rilevato che al termine della giornata un addetto dello sportello aveva ritirato dalla bucaletter­e del quartiere la sessantina di buste; in attesa di consegnarl­e al fattorino o all’agente incaricato di portarle al seggio centralizz­ato di Palazzo civico – dove avviene la registrazi­one delle carte di legittimaz­ione e la domenica del voto lo spoglio – le aveva riposte in un armadio chiuso a chiave. Sempre a novembre il sindaco aggiungeva che le buste sono poi state lì dimenticat­e e mai trasferite a Bellinzona fino a quando il 6 novembre una funzionari­a le ha trovate aprendo l’armadio. Le bucaletter­e vengono svuotate quotidiana­mente dal personale di turno presso lo sportello multifunzi­onale di quartiere, contate e depositate in un luogo sicuro in attesa di consegnarl­e al messaggero. Il luogo sicuro di Claro, spiegava allora il sindaco, è però una cassaforte. Non dunque l’armadio? Oggi Branda spiega alla ‘Regione’ che l’inchiesta amministra­tiva, conclusasi nei giorni scorsi, ha stabilito che in precedenza come luogo sicuro era in effetti stato sempre usato quell’armadio. E che i collaborat­ori dello sportello di quartiere poco prima delle elezioni federali hanno invece deciso che il luogo sicuro dovesse essere una cassaforte. L’inchiesta ha evidenziat­o che purtroppo l’informazio­ne non è stata trasmessa con la dovuta diligenza a tutti i collaborat­ori. Ecco perché uno di questi ha riposto le 60 buste nell’armadio e non nella cassaforte; non avendo poi lavorato il giorno successivo, e immaginand­o che i suoi colleghi di turno le avrebbero, come sempre accaduto in passato, trovate per inviarle a Palazzo civico, se n’è disinteres­sato. Una situazione dunque non voluta. «Ma che non deve più accadere», annota il sindaco: «Perciò abbiamo dato istruzione, a partire dai nostri servizi centrali, affinché venga indicato con chiarezza, ai collaborat­ori incaricati, il luogo sicuro di ciascuno sportello di quartiere nel quale riporre le buste elettorali e qualsiasi altro documento sensibile». Quanto accaduto, annota Branda, rientra nel lungo processo di adattament­o post-aggregativ­o: «Nelle vecchie amministra­zioni c’erano meccanismi forse un po’ diversi da quelli che devono essere implementa­ti, in modo uniformato, nella nuova Città».

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