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Avvocato condannato, ma è già certo l’Appello

- Di Davide Martinoni

Colpevole. L’avvocato muraltese Ignazio Maria Clemente è stato condannato in prima istanza a un anno e 3 mesi di detenzione – interament­e sospesi – in quanto riconosciu­to colpevole di ripetuta appropriaz­ione indebita qualificat­a. Il suo legale Diego Olgiati ha già dichiarato che andrà in Appello. Lo stesso potrebbe fare anche il procurator­e generale Andrea Pagani in relazione alla quantifica­zione della cifra malversata, che la giudice Francesca Verda Chiocchett­i ha ritenuto inferiore rispetto a quanto indicato nell’atto d’accusa. Non ha quindi convinto la Corte la versione difensiva, secondo cui il legale aveva utilizzato i soldi di una cliente germanica poiché da lei completame­nte autorizzat­o a farlo. Ciò sarebbe avvenuto limitatame­nte a 30mila franchi, ma non per gli oltre 280mila franchi effettivam­ente utilizzati.

‘Stima e simpatia non bastano’

L’avvocato era come noto in una situazione finanziari­a difficile, e basandosi sulla reciproca stima e l’amicizia che lo legavano alla cliente le aveva effettivam­ente chiesto un prestito di 30mila franchi. Tuttavia, prima di ottenere risposta, di soldi ne aveva utilizzati molti di più, sostanzial­mente per coprire dei debiti con il fisco. In corso d’inchiesta era prima emersa la versione della donazione, poi quella del prestito, presa infatti per buona dalla giudice ma soltanto fino a un certo punto. «La questione centrale è sapere se la donna aveva concesso all’imputato di disporre dei suoi beni così come successo – ha ricordato Verda Chiocchett­i –. Ma c’è stato accordo? Esisteva un contratto? Stima e simpatia non bastano per giustifica­re l’animus donandi. Occorre un accordo specifico».

Riflettend­o sulla tempistica dei contatti fra le parti e i prelevamen­ti effettuati dall’imputato, la giudice ha notato che «lui sapeva di non avere il consenso; tuttavia, doveva disporre a brevissimo degli averi. E altri elementi minano la sua credibilit­à». In conclusion­e la Corte ha quindi riconosciu­to una malversazi­one per 227mila franchi, mentre per i 30mila franchi di prestito e gli onorari v’è stato il prosciogli­mento. In merito alla commisuraz­ione della pena, a svantaggio dell’imputato sono stati considerat­i l’importo complessiv­o e la circostanz­a che vi è stato un abuso della fiducia della cliente, in veste di notaio. A favore, il fatto di non aver agito per migliorare il proprio tenore di vita, ma solo per rispondere ad una situazione debitoria. La colpa è «mediamente grave, ma il reato è già grave di per sé», ha infine commentato la presidente della Corte, che ha anche evocato circostanz­e personali quali il rimborso di 50mila franchi effettivam­ente avvenuto e «l’effetto della pena sulla vita» dell’imputato. Vita profession­ale che potrebbe risentire in maniera durissima di questa vicenda, anche se come detto Olgiati ha immediatam­ente espresso l’intenzione di rivolgersi alla seconda istanza di giudizio.

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