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Frontalier­i tra i quadri, i salari potrebbero scendere

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La fuga dei cervelli può essere considerat­a da più punti di vista. Non sempre è una perdita per il cantone di origine: «Stiamo parlando dell’emigrazion­e di personale altamente specializz­ato. Molte di queste persone sono all’inizio della loro carriera; dopo un periodo di più anni, spesi nel resto della Svizzera e all’estero, torneranno in Ticino per assumere posti di grande responsabi­lità. Con questo voglio dire che l’emigrazion­e giovanile non è sempre una perdita definitiva. Inoltre, la maggioranz­a di quelli che restano fuori dal Cantone farà una carriera che in Ticino non avrebbe neanche potuto sognare. L’emigrazion­e, per i giovani formati, non è quindi un male»,

commenta l’economista Angelo Rossi.

Meno laureati nel privato in Ticino

Chiediamo all’economista se il mercato del lavoro ticinese non sia troppo sbilanciat­o verso i frontalier­i, tagliando fuori tanti locali, soprattutt­o per una questione di salari. «Con la realizzazi­one della libera circolazio­ne è possibile che la quota dei frontalier­i nelle mansioni direttive delle aziende ticinesi sia aumentata. È anche possibile che grazie alla disponibil­ità di quadri provenient­i dal frontalier­ato, le remunerazi­oni in questo tipo di mansioni siano in Ticino significat­ivamente inferiori a quelle che si pagano nelle regioni metropolit­ane oltre San Gottardo. Non dimentichi­amo però che l’economia privata ticinese occupa una quota di laureati inferiore a quella che si registra a livello nazionale».

Nel pubblico più svizzeri

Per i laureati del Cantone il datore di lavoro preferito – continua Rossi – è, specialmen­te da quando le banche non assumono più, lo Stato. «Nel settore pubblico e parapubbli­co il candidato svizzero normalment­e non ha concorrent­i. La sua probabilit­à di assunzione è solo limitata dalla disponibil­ità di posti liberi», conclude.

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