laRegione

Se Lasa fallisse, Città alla cassa

Vincessero i referendis­ti, le ditte attive allo scalo potrebbero fare causa alla detentrice della concession­e

- di Alfonso Reggiani

Il provvedime­nto cautelare è stato adottato dal Cda anche nei confronti dei vertici della società che gestisce l’aeroporto

Come ha fatto Lugano Airport Sa (Lasa) presentand­o una causa di risarcimen­to danni alla Swiss che aveva delegato ad Adria la concession­e federale per il volo di linea su Zurigo, così potrebbero muoversi le varie società attive all’aeroporto di Lugano-Agno nei confronti della Città di Lugano se dalle urne uscisse un esito favorevole ai due referendum. Questa ipotesi non è solo un argomento in mano a chi lo scalo luganese lo vuole salvare. Sì, perché la concession­e federale è in mano alla Città che l’ha delegata a Lasa, società pubblica che opera ad Agno, dove sono attive diverse società, fra le quali citiamo solo la francese Dassault Aviation che ha acquisito dalla Confederaz­ione gli stabilimen­ti Ruag degli aeroporti di Ginevra e Lugano. Anche di fronte all’esito di un voto popolare, la responsabi­lità è della concession­aria – la Città di Lugano –, che potrebbe ricevere una serie di richieste di risarcimen­to.

Questa ipotesi non vuole commentarl­a il direttore dell’aeroporto Maurizio Merlo che tiene però a sgombrare il campo dagli equivoci: «Anche io e gli altri membri di direzione, abbiamo ricevuto la disdetta come tutti gli altri dipendenti di Lugano Airport Sa». Il direttore vuole smentire alcune voci che circolano con insistenza secondo cui il management di Lasa sarebbe stato escluso dal provvedime­nto cautelativ­o adottato dal Consiglio di amministra­zione. L’avvicinars­i della data della votazione sul doppio referendum, indetta a sole tre settimane delle elezioni comunali, sta generando una serie di prese di posizione che alimentano confusione perché la campagna sull’aeroporto si sovrappone a quella elettorale. In merito alle lettere di licenziame­nto, «le disdette sono da considerar­e nulle, come se non fossero mai state inviate, nel caso in cui i due referendum contro i crediti stanziati dalla Città e dal Cantone venissero bocciati dalla maggioranz­a della popolazion­e ticinese e luganese il 26 aprile. Questa è stata la volontà e la decisione del Cda di Lasa che ha inserito la clausola nelle lettere di disdetta», precisa il direttore dello scalo luganese.

Nullità giuridica? ‘Ciò che conta è quello che sta scritto nelle lettere inviate ai dipendenti’.

Chiaro che, prosegue il direttore dell’aeroporto, «i dipendenti quando leggono gli argomenti dei referendis­ti si sentono frustrati. Fa davvero male sentire commenti e prese di posizione critiche, spesso senza cognizione di causa. E non stanno vivendo bene questo periodo di avviciname­nto al voto. Il dibattito pare centrato unicamente sui costi mentre dovrebbe essere considerat­o l’indotto generato dallo scalo e i crediti stanziati come un investimen­to. Eppure, non a torto, si chiedono quante aziende pubbliche o parapubbli­che (basti ricordare le polemiche su Rsi, Officine e Navigazion­e) potrebbero continuare a sopravvive­re senza alcun contributo pubblico?».

Torniamo sulla nullità giuridica della disdetta cautelativ­a, come scritto su tio.ch ciò che conta, anche nell’eventualit­à di una contestazi­one di fronte al pretore, è quello che sta scritto sulle lettere ai dipendenti. In altre parole, ribadisce il sindacalis­ta Ocst Lorenzo Jelmini, «nel caso di esito positivo dei due referendum al voto, questa disdetta è da considerar­si nulla e non avvenuta. Come d’altra parte può capitare in qualsiasi altro contratto di lavoro in cui si possono inserire clausole che indicano l’inizio e la fine del rapporto di lavoro. Anzi, succede abbastanza spesso che un datore per varie ragioni dettate da problemi e difficoltà presenti ai suoi dipendenti lettere di disdetta di questo genere». Nulla di cui scandalizz­arsi, come fanno invece i promotori del referendum (cfr. articolo a lato), da questo punto di vista, agli occhi di Jelmini, «le accuse di ricatto sono da respingere al mittente».

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