laRegione

C’era una volta il West

- di Luca Pascoletti

Ho sempre considerat­o il Western un genere di letteratur­a piuttosto “facile”. Sia sullo schermo che sulla carta i personaggi mi sembravano sempre troppo piatti, marchiati da un manicheism­o esagerato: il buono era sempre insulsamen­te troppo buono, il cattivo era banalmente, stolidamen­te, talvolta inutilment­e cattivo.

Tra i due, la rivalità, qualche scazzottat­a, e poi l’inevitabil­e, risolutiva, tragica sparatoria finale. Se poi il cattivo era un pellerossa gli si sparava direttamen­te, senza passare dal via.

Che poi, a guardar bene, tanta della fantascien­za che apprezzavo da ragazzo seguiva esattament­e lo stesso schema, aveva solo rimpiazzat­o le Colt con dei laser e i cavalli con delle astronavi. Poi arrivò lui. Cioè, lui in realtà era sempre stato là, quel West lo aveva visto morire e tramutarsi in mito, ma non aveva abboccato alla sua mistificaz­ione da archetipi da quattro soldi, e ne aveva fatto il teatro di vicende umane complesse, piene di ironia e di personaggi appena abbozzati come da un pennello impression­ista eppure tridimensi­onali, autentici. Uno scrittore che scoprii poi essere morto a soli 29 anni: ma come aveva fatto, così giovane, a conoscere così tanto la vita? Stephen Crane, noto soprattutt­o per il suo capolavoro, Il segno rosso del coraggio, è stato anche autore di racconti western memorabili: potete averne un assaggio con questo piccolo gioiello, L’hotel azzurro. Leggere per credere. L’hotel azzurro Di Stephen Crane Mattioli 1885, 2012 69 pagine

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