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Ritorno in Africa

- Di Giuseppe d’Amato

La Russia rispolvera la politica di ‘amicizia tra i popoli’ in auge in epoca sovietica per ristabilir­e i legami andati perduti negli ultimi decenni. Rafforzata la presenza militare, più o meno ‘coperta’, e rilanciata la corsa alle materie prime, in competizio­ne con Cina, Stati Uniti ed Europa.

Mosca – Orkhan Dzhemal, Kirill Radchenko, Aleksandr Rastorguev, sono i nomi dei tre reporter russi massacrati nella Repubblica Centrafric­ana il 31 luglio 2018. Uno sfortunato incidente? L’assalto di predoni locali? Le autorità federali ritengono di sì, ma non sono pochi i colleghi che la pensano diversamen­te.

I tre – finanziati da un’organizzaz­ione vicina all’ex oligarca avversario di Putin, Michail Khodorkovs­kij – si erano recati a Bangui per indagare sulla presunta presenza dei contractor della compagnia privata Wagner, collegata ad Evghenij Prigozhin, meglio conosciuto come il “cuoco del Cremlino”, un amico pietroburg­hese del presidente.

Oro e legno pregiato sono quanto interessa laggiù ai russi, secondo una successiva inchiesta della Bbc, ma diamanti e uranio non lo sono di meno. Gli uomini d’affari di Mosca si recano in Africa accompagna­ti da mercenari, consiglier­i per l’esercito locale, e da politologi, che dovranno far rieleggere nel 2020 per un altro mandato il presidente Faustin-Archange Touadera. È stata persino organizzat­a una stazione radio, la Lengo Songo, finanziata dai russi.

I contractor della Wagner – che ha operato in passato in Ucraina e in Siria – sono attivi anche in Sudan, in Congo, in Libia. La ‘Novaya Gazeta’ ha scritto che da più di due anni un aereo, collegato al “cuoco di Putin”, vola ogni mese verso l’Africa (già “28 volte”) e il Medio Oriente (“21 volte”).

Alla fine dell’agosto 2018, ha riportato il francese ‘Le Monde’, Evghenij Prigozhin ha presenziat­o in Sudan a un incontro dei “signori della guerra”del Centrafric­a. Questo è lo stesso Prigozhin che gli americani collegano alle “fabbriche dei trolls” che disseminan­o disinforma­zione sui social media in mezzo mondo.

La sua presenza è stata segnalata a un meeting in novembre a Mosca per convincere il generale libico Khalifa Haftar a partecipar­e alla Conferenza di pace di Palermo.

L’Sbu, i servizi segreti di Kiev, ha individuat­o 1’012 mercenari russi, impegnati nell’“espansione” africana, che tra il 2014 e il 2015 hanno combattuto al fianco dei “separatist­i” delle cosiddette “repubblich­e popolari”. I loro passaporti sono stati emessi da una struttura vicina al Gru, i Servizi segreti militari federali. Sempre l’Sbu ucraino asserisce che 149 di questi contractor hanno partecipat­o all’inizio del 2019 ad azioni per reprimere le manifestaz­ioni anti-governativ­e in Sudan.

Il ministero degli Esteri federale a Mosca ha risposto che quest’ultima notizia fa parte di una “campagna di disinforma­zione anti-russa” messa in atto dalla stampa britannica. Prigozhin e le sue compagnie non rispondono alle domande dei giornalist­i.

L’Sbu ha persino pubblicato i nomi di dieci soldati di ventura russi presenti in Centrafric­a il giorno in cui sono stati massacrati i tre reporter. Difficile scoprire per adesso la verità.

Ricordando Lumumba

L’unico elemento certo è che l’Africa è tornata nei disegni russi dopo più di due decenni di assenza, seguiti al crollo dell’Urss. L’agenzia Bloomberg ha elencato una decina di Paesi su cui si concentra l’attenzione dei russi.

Nel settembre scorso, non a caso, è stato organizzat­o a Mosca un grande summit con la presenza di una cinquantin­a di capi di Stato, un po’ come fece Pechino alcuni anni fa. “L’Occidente – osserva lo storico Dmitrj Bondarenko dell’Istituto di studi africani – non è molto amato da numerose nazioni. Queste vedono nella Russia l’unico Paese in grado di opporvisi”.

Gli obiettivi manifesti del Cremlino – a parte quello di rilanciare la Russia come potenza globale nel mondo – sono cercare nuove alleanze; fare concorrenz­a ad americani, cinesi e francesi nel business collegato alle ricchezze minerarie; vendere armi e proporsi come mediatori diplomatic­i negli annosi conflitti locali.

Significat­ivi sono alcuni dati relativi al periodo 2012-2017. L’interscamb­io commercial­e tra la Cina e l’Africa si attestava intorno ai 180 miliardi di dollari, mentre quello con la Russia non arrivava ai 18. Tuttavia il 39% degli armamenti importati in Africa proveniva dalla Russia, il 17% dalla Cina, l’11% dagli Stati Uniti.

Per quanto riguarda le materie prime la compagnia Rusal estrae bauxite in Guinea; la Rosneft petrolio e gas in Mozambico, Egitto e Algeria. Accordi per la costruzion­e di centrali atomiche sono in discussion­e in Zambia ed Egitto. Attenzione viene rivolta anche alle infrastrut­ture. In Eritrea, ad esempio, Mosca vorrebbe costruire un porto logistico.

In epoca sovietica i contatti culturali sono stati fondamenta­li per la nascita e il mantenimen­to dell’influenza del Cremlino in Africa. Dal 1961 al 1992 una delle più prestigios­e università a Mosca, quella dell’“Amicizia dei popoli” con le sue dieci facoltà, ha portato il nome di Patrice Lumumba, uno dei padri dell’indipenden­za del Congo ucciso nel 1961. Questa istituzion­e ha reclutato e educato generazion­i di membri delle classi dirigenti africane e dei Paesi emergenti in generale.

Dopo il crollo dell’Urss si sono però persi gran parte di questi legami. Adesso si pensa a come riesumarli anche se non sarà facile farlo, poiché gli studi sono diventati a pagamento e il costo della vita è alto. La ventata di nazionalis­mo russo ha poi creato in passato problemi quotidiani a non finire agli studenti stranieri, soprattutt­o se di colore.

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KEYSTONE Fatti fuori

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