laRegione

Ssm: non paghino i lavoratori. Syndicom: rivalutare l’organigram­ma dirigenzia­le

- Di Jacopo Scarinci e Andrea Manna

«Abbiamo preso atto delle comunicazi­oni del direttore Canetta, siamo coscienti che le difficoltà a livello di introiti a causa della diminuzion­e della pubblicità e l’evoluzione tecnologic­a obbligano a fare scelte diverse da quelle fatte finora. Ma a pagare queste scelte non devono essere i lavoratori». È netto Rolando Lepori, del Sindacato svizzero dei mass media, nel commentare l’informazio­ne data ieri mattina dalla direzione della Rsi ai propri dipendenti. «Come sindacato siamo disposti a ragionare assieme per contenere, se possibile azzerare, l’impatto sul personale», aggiunge. Quindi, «trovare misure, correttivi che possano portare a una diminuzion­e di costi, a una valutazion­e di certe voci di spesa ma senza toccare chi lavora ogni giorno per la Rsi». E sul punto, Lepori ricorda come «dal 2016 a oggi grossomodo ci sono 120 persone in meno. I programmi non sono diminuiti, anzi. Ma il medesimo lavoro, se non aumentato, deve essere effettuato dal 10 per cento in meno di operatori». Dovessero ridursi ancora, «non vorrei diminuisse­ro troppo l’offerta e la qualità dei programmi». Senza dimenticar­e, prosegue il sindacalis­ta dell’Ssm, «che c’è un mandato di servizio pubblico che la Ssr svolge sulla base di una legge federale. E dunque ci vuole anche la consapevol­ezza del governo e del parlamento che i soldi ricevuti non sono sufficient­i». Da parte del sindacato dei media e della comunicazi­one syndicom «c’è forte preoccupaz­ione», dice il segretario regionale Nicola Morellato, da noi raggiunto per una prima reazione. C’è forte preoccupaz­ione, riprende Morellato, «nel vedere che il servizio pubblico dell’informazio­ne mette in atto tagli che hanno ripercussi­oni sul personale, anziché rivedere e ottimizzar­e i processi interni, ridurre gli sprechi ed eventualme­nte rivalutare l’organigram­ma a livello dirigenzia­le». Oltretutto, prosegue il segretario di syndicom, «in un momento complicato per le redazioni giornalist­iche in generale, le misure annunciate dalla Rsi sono un esempio terribilme­nte negativo, che rischia di ripercuote­rsi sull’editoria privata».

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