Ssm: non paghino i lavoratori. Syndicom: rivalutare l’organigramma dirigenziale
«Abbiamo preso atto delle comunicazioni del direttore Canetta, siamo coscienti che le difficoltà a livello di introiti a causa della diminuzione della pubblicità e l’evoluzione tecnologica obbligano a fare scelte diverse da quelle fatte finora. Ma a pagare queste scelte non devono essere i lavoratori». È netto Rolando Lepori, del Sindacato svizzero dei mass media, nel commentare l’informazione data ieri mattina dalla direzione della Rsi ai propri dipendenti. «Come sindacato siamo disposti a ragionare assieme per contenere, se possibile azzerare, l’impatto sul personale», aggiunge. Quindi, «trovare misure, correttivi che possano portare a una diminuzione di costi, a una valutazione di certe voci di spesa ma senza toccare chi lavora ogni giorno per la Rsi». E sul punto, Lepori ricorda come «dal 2016 a oggi grossomodo ci sono 120 persone in meno. I programmi non sono diminuiti, anzi. Ma il medesimo lavoro, se non aumentato, deve essere effettuato dal 10 per cento in meno di operatori». Dovessero ridursi ancora, «non vorrei diminuissero troppo l’offerta e la qualità dei programmi». Senza dimenticare, prosegue il sindacalista dell’Ssm, «che c’è un mandato di servizio pubblico che la Ssr svolge sulla base di una legge federale. E dunque ci vuole anche la consapevolezza del governo e del parlamento che i soldi ricevuti non sono sufficienti». Da parte del sindacato dei media e della comunicazione syndicom «c’è forte preoccupazione», dice il segretario regionale Nicola Morellato, da noi raggiunto per una prima reazione. C’è forte preoccupazione, riprende Morellato, «nel vedere che il servizio pubblico dell’informazione mette in atto tagli che hanno ripercussioni sul personale, anziché rivedere e ottimizzare i processi interni, ridurre gli sprechi ed eventualmente rivalutare l’organigramma a livello dirigenziale». Oltretutto, prosegue il segretario di syndicom, «in un momento complicato per le redazioni giornalistiche in generale, le misure annunciate dalla Rsi sono un esempio terribilmente negativo, che rischia di ripercuotersi sull’editoria privata».