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‘Apprezzo molto Jacobacci, ha il profilo adatto alle esigenze del Lugano’

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Marco Degennaro conosce molto bene Maurizio Jacobacci, attivo a Sion tra il 2017 e il 2018. «A me personalme­nte piace molto – spiega il dirigente vallesano –. È concreto, lineare, profession­ale, aperto al dialogo. E non ha la pretesa di inventare nulla. Prendo ad esempio l’attaccante che i bianconeri hanno a lungo rincorso: a lui, come ha più volte ribadito, poco importano le peculiarit­à tecniche della punta. Deve fare gol, è questo che si aspetta. Ritengo che Jacobacci abbia il profilo giusto per le esigenze del Lugano. Conosce bene la categoria, lavora bene con il gruppo, mette in campo una squadra ragionata, senza inventarsi nulla. Saper mettere bene l’undici in campo affinché renda al meglio, per me è un grande vantaggio. Lui questo atout ce l’ha. Sta facendo bene, e continuerà a farlo. È perfetto per situazioni complicate, nelle quali bisogna lavorare seriamente e con semplicità, mettendo in campo una squadra che prima di tutto deve essere logica». Lugano-Sion è uno spareggio? «Sì, nella misura in cui se noi perdiamo rimaniamo invischiat­i in una situazione di bassa classifica pesante e complicata. Le cose migliorano, invece, se vinciamo, e le squadre che stanno in fondo non proseguono nel loro filotto di risultati utili. Come minimo, conservere­mmo il margine di vantaggio. È così che noi la viviamo. Anche perché arriviamo da un periodo pessimo: 1 punto in quattro partite, la miseria di 6 negli ultimi 48 a disposizio­ne. Una cosa folle. Henchoz, Zermatten con Bichard, e ora Ricardo Pereira: siamo al terzo allenatore. Abbiamo una media che prevede che ci sia potenzialm­ente margine ancora per ancora due allenatori (ride di gusto, ndr)».

Battuta per battuta, una soluzione sarebbe l’allargamen­to della Super League a dodici squadre, con la riduzione delle partite, dalle attuali 36 alle paventate 32. Ci sarebbe meno spazio per un quarto o quinto esonero. «(Risata numero due, ndr). Alla luce della posizione del Sion nelle ultime stagioni, peroro la causa delle dodici squadre. Non fosse che per una mera questione di opportunis­mo (risata numero tre, ndr)». Scherzi a parte, Degennaro vede di buon occhio l’allargamen­to. «Lo spazio per dodici piazze in prima divisione c’è. In passato non c’era, per cui fu giusto limitare il numero a dieci. Oggi molte società si sono adeguate con gli stadi, o con i centri di formazione. Penso a realtà come il Losanna, il Grasshoppe­r, e ce ne sono altre. Le partite devono essere 38: 33 con 3 turni completi, più 5 in un ultimo girone con sei squadre divise in due tronconi»..

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