Sognare un mondo migliore
La Berlinale firmata da Carlo Chatrian al suo primo giorno di Concorso Il bel disegno animato ‘Onward’, l’io disturbato di Antonio Ligabue affidato a Elio Germano (e la mente va al Flavio Bucci del 1977), incubi horror e altri più reali con Johnny Depp f
Prima giornata di Concorso alla Berlinale firmata da Carlo Chatrian, che subito mostra il suo lato cinephile, offrendo invece un lato spettacolare presentando fuori Concorso l’attesissimo ‘Onward’ di Dan Scanlon, produzione Disney e Pixland e uno politico, proprio alla maniera berlinese come ‘Minamata’ di Andrew Levitas. In competizione ‘Volevo nascondermi’ di Giorgio Diritti e ‘El prófugo’ dell’argentina Natalia Meta. Si tratta di due film cinematograficamente agli antipodi, classico, fin troppo laccato, l’italiano, e più sperimentale l’altro, che comunque trattano entrambi dell’io disturbato, dell’altro che, ignoto, da dentro corrode la mente. Capace di metafora e di altre letture l’argentino, più imbalsamato il film di Diritti. Questo, dedicato al pittore e scultore Antonio Ligabue (Zurigo, 18 dicembre 1899 - Gualtieri, 27 maggio 1965) uno dei più importanti artisti del XX secolo, parte subito svantaggiato dal confronto inevitabile con uno sceneggiato televisivo del 1977 che fece conoscere l’artista al grande pubblico, visto che il protagonista di allora Flavio Bucci è morto da pochi giorni. Ogni confronto è ingiusto, ma mette in evidenza i limiti che stanno alla base di questo ‘Volevo nascondermi’: nel 1977 la sceneggiatura era firmata da Cesare Zavattini che tratteggiò una figura di intensa umanità senza avere la preoccupazione, chiara in Diritti, di una precisa rievocazione, che resta fredda e senz’anima, e il Ligabue tratteggiato da Elio Germano forse sarà più vicino agli autoritratti del pittore, ma senza coglierne la fragilità umana.
Finzione, inquinamento, fantastico
‘El prófugo’ è ispirato a una novella horror, ‘El mal menor’ (1996), dello scrittore argentino C.E. Feiling; da questo, Natalia Meta ha tratto un film non perfetto, ma colmo di buone idee narrative supportate da una preziosa interpretazione di un’Érica Rivas capace di dare credibilità umana al suo intenso personaggio, una donna di mezza età incapace di sottrarsi ai propri incubi dopo la morte dell’uomo che l’amava. È un film sulla finzione, sulla musica, sul bisogno di sentirsi amati comunque. Incubi veri sono quelli che affronta invece fuori Concorso il fotografo W. Eugene Smith, interpretato da Johnny Depp nel non biopic ‘Minamata’ by Andrew Levitas, un film sull’incubo del mortale inquinamento chimico causato dall’industria Chisso nelle acque della cittadina giapponese di Minamata. W. Eugene Smith, fotografo di Life, viene trascinato nel luogo perché gli abitanti avevano bisogno di far sapere al mondo la situazione; è il 1971. Il film ha un impeto civile ben determinato e servendosi anche delle foto scattate dal fotografo regala emozioni che feriscono.
Su un altro piano ancora ci porta il bel disegno animato ‘Onward’ (In avanti) di Dan Scanlon. Il film ci scaraventa subito in un mondo fantastico dove varie mitologie si confondono in un tempo d’oggi segnato dal traffico e dalla violenza. È qui che incontriamo la famiglia Lighfoot: la mamma, il fratello più grande, lo spaccone Barleye, il sedicenne e timido Ian, il loro padre era morto per malattia quando erano piccoli; Ian non lo ricorda neppure e arde dalla voglia di vederlo. Succede che la mamma regali ai figli un bastone magico capace, con una pietra magica, di ricreare la vita di un uomo morto. I due provano, ma riescono a riavere il padre solo dalla cintola in giù. Per vederlo interamente cominciano un’avventura che è un cammino iniziatico e la comprensione del dolore. Bel film.