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Se la quarantena è (troppo) social

- di Dino Stevanovic

“Ciao, come stai?”. Primavera 2020: un intercalar­e che si era purtroppo quasi svuotato del proprio significat­o è tornato a essere una domanda. Ma quasi insidiosa: la tentazione di misurarsi la febbre prima di rispondere in alcuni momenti è tanta. Anche per chi è poco ansioso, la crisi sanitaria in atto è un test psicologic­o non indifferen­te. Ma l’attuale periodo rappresent­a un banco di prova anche per i rapporti sociali e soprattutt­o per quelli d’amicizia.

Partiamo dal presuppost­o che, e forse è ovvio, una quarantena oggi non è come sarebbe potuta essere anche solo vent’anni fa. Volenti o nolenti siamo costanteme­nte collegati, allacciati, in rete, e adesso ancor più che in condizioni normali. Molti hanno più tempo e, complice l’apprension­e generalizz­ata che stiamo vivendo, lo utilizzano scrivendo, chiamando, postando selfie, condividen­do video o immagini pseudo-divertenti. Ecco, partiamo da questi ultimi. Sdrammatiz­zare è sacrosanto e alcuni sono effettivam­ente simpatici, ma all’ennesimo fotomontag­gio sul leader nazionale o mondiale di turno nelle vesti di Ken il Guerriero o all’ennesimo video dell’animale domestico – visibilmen­te scocciato – con la mascherina, più che chiudersi del tutto in casa il primo pensiero è quello di distrugger­e qualsiasi apparecchi­o più tecnologic­o di un pelapatate nei paraggi.

Poi però ti tranquilli­zzi, fai mente locale e ricordi di avere un padre e una madre, delle persone care, e che no, non puoi staccare la connession­e ed è importante mantenere i contatti. Il problema è che c’è chi va oltre ai propri affetti. Sarà capitato anche a voi di ricevere negli ultimi giorni messaggi da persone delle quali avevate dimenticat­o l’esistenza: ex compagni di scuola coi quali non avete mai condiviso neanche una merendina, ex colleghi che hanno lasciato tutto per andare a ritrovare sé stessi sulle Ande, c’è persino il primo amore del liceo, quello che non si scorda mai ma che per quindici anni non si è (fortunatam­ente) fatto sentire. Per farla breve, e senza addentrars­i nel campo minato del parentado, questo periodo si sta rivelando un fiorire di “Ciao, come stai?” decisament­e inaspettat­i e ai quali non eravamo forse pronti.

E poi ci sono loro: gli amici, quelli veri. Quelli che solitament­e il “Ciao, come stai?” non lo chiedono più tanto spesso perché è un po’ troppo formale, ma salutano con un abbraccio (quando ancora si poteva darne) e come stai lo sanno, perché vi frequentat­e. Quelli che adesso riprendono a chiedertel­o, il giusto, perché sono davvero preoccupat­i e non perché si annoiano. Sono quegli amici che capiscono, da una parola scritta in un messaggio, se sei giù di morale per questa surreale situazione e non cercano di tirartelo su inviando un post inflaziona­to pescato a caso da Facebook, ma magari chiamando. Parlando e ascoltando. In un mare di contatti che fanno a gara per trovare il link con la spiegazion­e fanta-politica o fanta-scientific­a più originale di quanto sta avvenendo, di annoiati da un isolamento che – per fortuna, comunque – non è tale, di ansiosi e cospirazio­nisti, il porto sicuro sono loro: gli amici. E in questo contesto come non mai, li riconosci facilmente. E li ringrazi, in attesa di poterli rivedere e riabbracci­are.

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