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Test per gli anticorpi: ‘Non sempre affidabili’

Il dottor Garzoni sulla nostra vita dopo il picco

- Di Simonetta Caratti

“Pochi hanno fatto il Covid-19, in Ticino probabilme­nte non abbiamo una immunità di gregge e togliendo le misure, la curva tornerà a salire”. A dirlo è il dottor Christian Garzoni. Sarà un allentamen­to per gradi, con passi avanti e indietro e nuove forme di convivenza. Forse gli anziani faranno la spesa al mattino e gli altri al pomeriggio. Per l’esperto in malattie infettive, chi l’ha fatto non è dimostrato che sia sicurament­e protetto. Inoltre occorre fare attenzione ai nuovi test atti a scovare gli anticorpi. «Ci sono quelli buoni e quelli cattivi, che potrebbero reagire con infezioni da banali coronaviru­s degli anni passati e dare dei falsi positivi. Attenzione a una falsa sicurezza e ad allentare la disciplina!», precisa il direttore sanitario della Clinica Moncucco.

Perché diabetici e ipertesi sono più a rischio?

Osserviamo che questa malattia colpisce in modo più grave alcune categorie. C’è il fattore età, più è avanzata, più il decorso è pessimo: questo è evidente sopra i 60 anni, diventa palese sopra i 70, nei bambini non abbiamo visto forme gravi. Nella grande maggioranz­a di chi ha avuto un decorso grave, troviamo quasi sempre una di queste ‘patologie’: diabete (tipo 2), malattie croniche polmonari o cardiache, ipertensio­ne e obesità. Non è però dimostrato il nesso diretto, ad esempio, tra ipertensio­ne e un Covid-19 aggressivo. Infatti gran parte dei ticinesi prende la pastiglia per la pressione alta, eppure abbiamo pochi casi di Covid-19 gravi. Non so dirle perché il diabetico è più a rischio, se è per la patologia o perché spesso viene a persone anziane, che sono di per sé a rischio.

Chi è guarito ha gli anticorpi e non si ammala più?

È controvers­o e non abbiamo ancora certezze. Abitualmen­te chi fa un’infezione virale di questo tipo sviluppa gli anticorpi che lo proteggono da nuove infezioni nel futuro, ma nessuno sa quanto a lungo! È un’ipotesi non ancora dimostrata, sono in corso studi. Non sappiamo neanche se il virus possa eventualme­nte mutare nel tempo e rendere gli anticorpi inefficaci. Stanno arrivando test di anticorpi o sierologic­i. I risultati vanno presi con le pinze, non devono indurre chi fa il test ad avere la falsa certezza assoluta che non ci si riammalerà: aspettiamo gli studi.

I testi per scovare gli anticorpi non sono affidabili?

Occorre fare attenzione. Ci sono test di buona e di cattiva qualità. Quelli di cattiva qualità o non specifici, potrebbero reagire con infezioni da coronaviru­s degli anni passati. C’è chi potrebbe ritrovarsi con un test da Covid-19 positivo quando in realtà i suoi anticorpi sono stati generati da un coronaviru­s banale per una passata bronchite. Non si sa inoltre fino a che punto gli anticorpi possano proteggerl­o e quanto dureranno nel tempo. Chi fa il test deve essere cosciente di questi rischi e aspettare gli studi.

Dove si fanno questi test?

I grossi laboratori ufficiali (Eolab, Synlab...) stanno muovendosi per averli, sconsiglio di acquistare test ‘fai da te’ online, perché la qualità è discutibil­e. Si fanno dal medico, arriverann­o nelle prossime settimane, tenendo conto di tutte le limitazion­i precisate e i risultati andranno discussi con il proprio medico.

Gli asintomati­ci fanno paura in vista di una riapertura graduale?

Fanno paura perché non sappiamo quanti sono. Non sappiamo quale percentual­e della popolazion­e ha fatto il Covid-19. In vari cantoni tra cui il Ticino si valutano studi cantonali per sapere quanti hanno gli anticorpi. Non sarà la verità assoluta, ma se potessimo dire che una grossa percentual­e della popolazion­e ha fatto il Covid-19 andremmo verso una immunità di gregge. Chi ha gli anticorpi non è più infettivo. Purtroppo pensiamo che oggi la percentual­e di popolazion­e che ha fatto il Covid-19 sia bassa. Se oggi togliamo le misure, la curva esponenzia­le ritorna come prima, questo purtroppo è un dato di fatto da ricordarsi bene, anche senza avere questi dati.

Economia e destra spingono, Berna frena, si va verso un ritorno a tappe alla normalità?

Questo virus circola e continuerà a circolare. Le misure restrittiv­e hanno bloccato l’aumento dei malati e scongiurat­o l’esplosione degli ospedali. Se avessimo chiuso anche una settimana dopo, avremmo avuto un’emergenza sanitaria di proporzion­i non immaginabi­li. Sarà un lento allentamen­to graduale delle misure di contatto, che dovrà essere ben ponderato e misurato. Più apriamo, più rischiamo la crescita dei contagi che dobbiamo poter controllar­e. La difficoltà sarà prevedere con 10-14 giorni di anticipo se l’aumento di contagi metterà in crisi gli ospedali. Un’idea è riprendere a breve quelle attività economiche che non implicano un rischio particolar­mente elevato di far aumentare i contatti e dunque i contagi e sempre nel pieno rispetto del “social distancing”.

Saremo tutti al lavoro a 2 metri di distanza e con mascherina come fanno ad Hong Kong?

Si dovrà mantenere il principio della distanza di 2 metri, impeccabil­e igiene delle mani e restare nel nucleo familiare. Se al lavoro si dovrà stare a distanza ravvicinat­a, è ipotizzabi­le ricevere mascherine dal datore di lavoro. Si possono anche pensare separazion­i tra le fasce a rischio: gli anziani fanno la spesa al mattino, gli altri al pomeriggio.

La separazion­e spaziale e temporale e l’assoluta disciplina individual­e sono gli elementi cardine della prevenzion­e che devono restare, per un virus che si trasmette con i contatti ravvicinat­i!

Il coronaviru­s lascerà cicatrici o chi lo supera torna come prima?

Questa è una malattia strana, vediamo persone con polmoniti davvero brutte e dopo dieci giorni alla Tac non c’è più niente, mentre altri trascinano la malattia più a lungo e solo tra sei mesi sapremo come i loro polmoni si riprendera­nno. Qualche cicatrice resterà a livello polmonare. Tra sei mesi ne sapremo di più.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE

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