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Capretti, a Pasqua il ‘piatto piange’

Ristoranti chiusi, prezzi bassi. C’è chi chiede la rinuncia all’onere di macellazio­ne.

- Di David Leoni

Si avvicina la Pasqua e, per gli allevatori di bestiame ticinesi, è il periodo anche della macellazio­ne dei capretti, pronti a finire sulle tavole imbandite dei ristoranti e delle case. Quest’anno, però, complice il coronaviru­s, il contesto culinario (ma soprattutt­o economico) cambia. I ristoranti, infatti, sono chiusi e i caprini trovano meno mercato del solito. O, meglio, sono in buona parte ritirati da Proviande (associazio­ne di settore presente su scala nazionale attiva nella vendita e distribuzi­one di carne) e dai suoi partner in Ticino, che in questo delicato momento fungono un po’ da salvagente per gli allevatori ticinesi.

A un prezzo, però, che è troppo basso a detta di Patrick Balmelli, commercian­te di bestiame di Broglio, che lamenta una situazione fattasi maledettam­ente difficile per la sua categoria. Al punto da portarlo a scrivere al veterinari­o cantonale (con copia all’Unione contadini ticinesi, alla Sezione agricoltur­a e a due consiglier­i di Stato) una richiesta particolar­e: l’esonero dal pagamento dell’onere di macellazio­ne sul decreto concernent­e le tariffe applicate dall’Ufficio del veterinari­o cantonale. Nello specifico, dalle tasse legate alla verifica della qualità delle carni; alla retribuzio­ne dei veterinari ufficiali nei macelli; al controllo degli animali prima della macellazio­ne; al controllo delle carni e all’eliminazio­ne della carcassa.

Tutti costi che, a detta dell’interessat­o, potrebbero essere assunti dal Cantone. «Come allevatori – spiega Balmelli – stiamo vivendo un periodo molto delicato. Non possiamo chiedere al Cantone ulteriori indennizzi, ma credo sarebbe un bel gesto se questa mia richiesta fosse ascoltata». Alla sua personale proposta, Balmelli a tutt’oggi non ha ancora ricevuto risposta. Da noi interpella­ta, l’Unione contadini ticinesi, per bocca del suo direttore, Sem Genini, fa il punto alla situazione: «Purtroppo è evidente che, non essendoci possibilit­à di vendita dei capretti al settore della ristorazio­ne e delle mense, i guadagni per alcuni produttori sono scesi. Va però osservato che, grazie da una parte all’inventiva dei produttori che hanno cercato modalità di vendita diverse dal solito (come ad esempio online), nonché, dall’altra, alla solidariet­à e volontà di acquistare locale dimostrata da molti privati, una gran parte dei 1’000-1’200 capretti solitament­e comprati per Pasqua dagli esercizi pubblici ha potuto essere venduta. Proviande, tramite la Commission­e mercati bestiame Ticino e grazie alla Società mastri macellai e salumieri e alla Terrani Sa ha acquistato in pratica il resto. Lo ha fatto applicando un prezzo che segue delle tabelle prestabili­te a inizio anno e che, per ovvie ragioni, risulta un po’ più basso di quello applicato per la vendita diretta (anche se ci sono dei piccoli incentivi per la macellazio­ne tramite la Commission­e), fissato di anno in anno. Questo sforzo extra da parte di molti attori del settore consente comunque agli allevatori di parare il colpo».

Quanto alla specifica richiesta rivolta all’Ufficio del veterinari­o cantonale? «Ne abbiamo discusso all’interno del nostro comitato direttivo e chiesto lumi al veterinari­o cantonale. Di principio siamo d’accordo di andare nella direzione proposta da Balmelli» – conclude Sem Genini. Per quanto riguarda, invece, il parere dell’Ufficio del veterinari­o cantonale, il suo responsabi­le, Luca Bacciarini, fa presente che si tratta di una questione prettament­e politica, che non ha nulla a che fare con gli specifici controlli. Motivo per cui la richiesta è stata demandata ai due dipartimen­ti chiamati in causa.

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TI-PRESS Da gustare, ma quest’anno non nei ristoranti

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