laRegione

Di covid, badanti e infermieri

Anche chi accudisce anziani e ammalati ha visto cambiare la sua routine

- Di Lorenzo Erroi

La diffusione del coronaviru­s ha mutato anche il contesto delle cure a domicilio: meno visite – complice la paura del contagio –, ma anche la necessità di accudire i nuovi pazienti Covid-19, e di pensare progressiv­amente alla loro convalesce­nza e riabilitaz­ione. «Abbiamo registrato un sensibile calo delle prestazion­i richieste», spiega Rosaria Sablonier, direttrice di SCuDo, servizio di assistenza e cura a domicilio nel Luganese. «C’è un certo timore del contagio che spinge molti utenti a rimandare possibili visite da parte del nostro personale, nonostante siamo in grado di garantire i massimi standard igienici: è previsto l’uso rigoroso di mascherine, guanti, camici monouso, disinfetta­nti e di tutti i presidi indicati dalle autorità cantonali e federali». L’infermiera Chiara Ermolli aggiunge che «in molti casi, chi rinuncia alle cure dispone oggi comunque dell’aiuto di famigliari che sono a casa dal lavoro. È importante però che chi sta seguendo terapie e necessita dell’aiuto di personale qualificat­o non vi rinunci, per evitare un peggiorame­nto delle sue condizioni di salute».

Poi ci sono le persone contagiate: «Ne seguiamo 35, 29 delle quali erano già nostri utenti per altre patologie», ci dice Sablonier. «In questi casi aumentiamo ulteriorme­nte il livello di protezione con occhiali, soprascarp­e, protezioni analoghe a quelle di chi opera coi contagiati negli ospedali. Finora, solo 5 dei nostri 260 operatori attivi hanno contratto il virus». Nei casi di coronaviru­s, specifica Ermolli, «il nostro ruolo è anzitutto di monitoragg­io: controllia­mo periodicam­ente valori quali la temperatur­a corporea, la saturazion­e dell’ossigeno nel sangue e il respiro, per assicurarc­i che chi è stato dimesso dalle strutture sanitarie o non ha avuto bisogno di un ricovero resti comunque sotto controllo costante».

Un occhio di riguardo per il ‘dopo’ Stefano Gilardi, presidente dello spitex Alvad che serve Locarnese e Vallemaggi­a, sottolinea l’importanza di guardare al ‘dopo’, ovvero alla fase di convalesce­nza e riabilitaz­ione: «Ci stiamo già preparando per fornire un supporto che dovrà essere anche psicologic­o. Penso in particolar­e agli anziani che rischieran­no di subire ulteriori limitazion­i della loro autonomia, e che potrebbero sfortunata­mente perdere un coniuge. In questi casi è importante, oltre al sostegno fisico, anche quello psicologic­o, per impedire che queste persone si sentano impotenti o inutili. Il nostro personale è stato formato fin dall’inizio per affrontare l’emergenza e per poter essere di supporto all’intero sistema sanitario, anche per evitare la pressione sugli ospedali». Nel frattempo, si moltiplica­no le sfide ‘collateral­i’: ad esempio «dobbiamo affrontare le conseguenz­e inattese della sedentarie­tà forzata, in particolar­e su patologie come il diabete. In questo caso i nostri infermieri aiutano la motivazion­e del paziente per spingerlo a fare movimento anche tra le mura di casa», conclude Gilardi.

Infine, l’infermiera Ermolli formula un auspicio: «Sarebbe positivo se questa crisi aiutasse le persone a comprender­e meglio l’importanza del nostro mestiere, che spesso passa un po’ in secondo piano rispetto ad altre profession­i sanitarie, anche nelle scelte di carriera. Si tratta di un ruolo importante, che richiede dei livelli di specializz­azione e profession­alità non sempre compresi dai non addetti ai lavori».

Sotto lo stesso tetto

E poi c’è chi lavora dove abita da ben prima del Covid-19, eppure non è mai a casa sua. Anche per le badanti la realtà in questi giorni è un po’ cambiata. Ce lo racconta Silvia Dragoi, arrivata in Svizzera dieci anni fa da Timisoara. Due lauree e trent’anni di esperienza come insegnante, ora accudisce una signora di 94 anni e «da quel punto di vista non è cambiato molto, comunque già prima stavamo a casa tutto il giorno»: a pesare è però soprattutt­o «la chiusura del centro diurno che le permetteva di fare nuove attività, di svagarsi. E consentiva anche a me di avere tempo per fare la spesa, ritirare la corrispond­enza e occuparmi delle mie necessità. La signora non ha famigliari, per cui non c’è nessuno che possa sostituirm­i». A ciò si aggiunge la preoccupaz­ione per la famiglia: «Mio marito e mio figlio vivono ancora in Romania. Anche loro sono chiusi in casa, e si è sempre in pensiero per quello che potrebbe succedere: il sistema sanitario rumeno non è come quello svizzero».

A livello igienico, spiega Dragoi, «noi badanti abbiamo sempre adottato precauzion­i particolar­i: dovendo assistere le persone nei loro movimenti e in bagno, ad esempio, indossiamo i guanti di lattice. Sia io che la signora indossiamo le mascherine quando arriva qualcuno in casa, ad esempio gli assistenti a domicilio e gli addetti del centro diurno, che ora ci aiutano con la spesa». Per far passare la giornata «ci inventiamo nuove attività. Camminiamo attorno al tavolo del salotto in modo da non stare sempre fermi. Abbiamo disegnato dei bigliettin­i di auguri per Pasqua, anche se poi non li abbiamo potuti dare a nessuno. Si parla al telefono, per esempio coi nipoti a Firenze».

C’è anche chi si ammala, come una sua connaziona­le che preferisce rimanere anonima: «Non so dove sia potuto avvenire il contagio: io mi muovo con i mezzi pubblici, faccio la spesa per me e la persona che accudisco… Mi sono accorta che qualcosa non andava a causa di una forte tosse. Il medico di famiglia mi ha fatto fare il tampone, e sono risultata positiva. All’inizio mi sono spaventata». Per fortuna, la situazione è rimasta sotto controllo anche durante la settimana di ricovero in ospedale, e ora si appresta a tornare al lavoro. «Nel frattempo, del mio assistito si è occupato un sostituto. Sono contenta di poter ritornare al mio posto già la prossima settimana». Tornare a casa, per così dire.

 ?? INFOGRAFIC­A LAREGIONE ??
INFOGRAFIC­A LAREGIONE
 ?? TI-PRESS ?? Con tutte le precauzion­i
TI-PRESS Con tutte le precauzion­i

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland