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La pandemia di Covid farà scoppiare la bolla?

Gli esperti concordano: effetti anche sul mercato

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La pandemia di coronaviru­s sta accelerand­o lo scoppio della bolla del calcio? «Sì», dicono senza esitazione gli esperti interrogat­i dall’agenzia France Presse, ma «solo nel breve termine, se non ci sarà una regolament­azione per controllar­e l’inflazione che si è avuta nell’ultimo decennio».

In sostanza, il ‘trasferime­nto del secolo’ dovrà aspettare. Per mancanza di acquirenti: così gli astri nascenti Kylian Mbappé (21 anni), Jadon Sancho (20) o Erling Haaland (19), i principali candidati a battere il record di Neymar (222 milioni di euro nel 2017), se ne rimarranno buoni buoni a Parigi e Dortmund. «Per un semplice motivo - spiega l’economista Jean-Pascal Gayant -, cioè che i club avranno grossi problemi di liquidità. Con l’incertezza sui diritti televisivi e sui ricavi delle sponsorizz­azioni, diventerà molto complicato impegnarsi in acquisti tanto importanti soprattutt­o in Inghilterr­a e Spagna, i campionati che hanno trainato il mercato negli ultimi anni». E come spiega Fernando Lara, professore di economia all’Università di Navarra, «sborsare 100 milioni di euro per un giocatore nella prossima stagione è qualcosa a cui nessuno in Spagna sta davvero pensando».

L’effetto domino

Secondo uno studio dell’Internatio­nal Center for Sports Studies di Neuchâtel, la crisi sanitaria che ha portato all’interruzio­ne delle competizio­ni potrebbe portare a un calo del 28% del valore di trasferime­nto dei giocatori nei cinque principali campionati europei, portandolo da 32,7 a 23,4 miliardi di euro. Ad esempio, i francesi del Psg vedrebbero la loro ‘rosa’ svalutarsi di 302 milioni di euro (-31,4%), gli spagnoli del Real Madrid di 350 milioni (-31,8%) e i loro ‘cugini’ del Barcelona di 366 milioni (-31,3%). Ciò causerebbe un forte rallentame­nto nel mercato dei topplayer, che a sua volta avrebbe un effetto domino sugli altri, secondo diversi operatori del mercato.

Le vittime principali? I campionati come quello portoghese, belga, olandese, francese ma pure quello svizzero, che hanno optato per un modello economico basato sul “player trading” grazie a un’efficace politica di formazione. «Il coronaviru­s non ci aiuta nel nostro approccio di vendita» ammette Oleg Petrov, vicepresid­ente del club monegasco del Monaco. «Data la situazione che regna a livello internazio­nale, un club sarà meno incline a pagare l’importo richiesto».

Solo una parentesi?

Tuttavia, stando agli esperti, non ci sarebbe da preoccupar­si a lungo termine. «Quando il mondo del pallone si rimetterà in piedi, torneremo in un regime di inflazione con stipendi sempre più alti e trasferime­nti sempre più costosi. Non credo che questo metterà in discussion­e il sistema in larga misura c· ontinua Gayant. ·E uno dei motivi è che io non credo ci sia alcuna possibilit­à di una regolament­azione globale o sopranazio­nale per scongiurar­e ciò. E la Brexit ha ulteriorme­nte ridotto questa possibilit­à nel vecchio continente».

Eppure tra ‘tasse sul lusso’ per i club che spendono troppo, limitazion­i delle commission­i intascate dagli agenti, eccetera, nel tentativo di frenare l’incredibil­e aumento degli stipendi e dei prezzi di trasferime­nto, organismi come Fifa e Uefa stanno valutando nuovi strumenti, senza però aver ancora preso provvedime­nti. Il fair play finanziari­o istituito dalla Confederaz­ione calcistica europea nel 2011 ha certamente contribuit­o a ripulire i conti dei club, ma «dovrà probabilme­nte adattarsi a un’epoca diversa», ammette il presidente Uefa Aleksander Ceferin, alludendo all’incapacità di impedire la concentraz­ione dei migliori talenti nei club più grandi. «Possiamo forse approfitta­re della crisi per riformare il calcio facendo un passo indietro», ha detto invece in un’intervista alla Gazzetta dello Sport il presidente Fifa Gianni Infantino. Che sia il preludio all’annuncio di profondi cambiament­i?.

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TI-PRESS/PUTZU Il valore di trasferime­nto dei giocatori potrebbe calare addirittur­a di un quarto

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