Test ai sanitari per trovare gli anticorpi
Un progetto di collaborazione lanciato in Ticino
Capire come l’infezione si sia sviluppata nella popolazione identificando gli individui che sono venuti in contatto con il coronavirus, indipendentemente dalla sintomatologia. È questo l’obiettivo di un progetto lanciato nel Canton Ticino con il quale si intende testare su base volontaria il personale sanitario.
Lo studio – che viene effettuato grazie alla collaborazione tra ospedali, centri Covid-19 in Ticino (Ente ospedaliero cantonale e Clinica Moncucco), nonché l’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb) e Humabs BioMed (gruppo Vir Biotecnology) – dovrebbe consentire nelle prossime settimane di analizzare la risposta immunitaria al Covid-19 verificando la presenza di anticorpi specifici, indica in una nota di ieri l’Università della Svizzera italiana (Usi).
Il progetto – coordinato dalla Clinical Trial Unit Eoc (Ctu-Eoc), che è un servizio di supporto alla ricerca clinica dell’Eoc e dell’Usi – è indirizzato inizialmente al personale sanitario in quanto maggiormente esposto al virus, precisa il comunicato.
Ma come avviene l’analisi della presenza di anticorpi? “Grazie alla collaborazione con Humabs BioMed, che ha messo a disposizione il test sierologico da essa sviluppato, e utilizzando le apparecchiature disponibili all’Irb, potremo misurare nel siero del personale sanitario la presenza di anticorpi contro il nuovo coronavirus”, spiega Federica Sallusto, direttrice di laboratorio all’Irb e professoressa ordinaria presso la Facoltà di scienze biomediche dell’Usi, che con il suo gruppo si occuperà proprio dell’analisi dei campioni. “Riceveremo nelle prossime settimane tra i 3’000 e i 4’000 campioni di siero – ha aggiunto la professoressa Sallusto citata nella nota – che ci consentiranno di avere informazioni sullo sviluppo di una risposta immunitaria al virus. Al momento non possiamo dire se gli individui che hanno sviluppato anticorpi siano protetti contro l’infezione, ma questi dati potranno servire in futuro per stabilire se la risposta immunitaria sia in grado di proteggere parzialmente o totalmente da una re-infezione”.
In una seconda fase c’è l’intenzione di allargare lo studio anche a un campione più ampio della popolazione. A questo proposito la Swiss School of Public Health (Ssph+), la federazione che unisce 12 università svizzere, tra le quali l’Università della Svizzera italiana a Lugano, ha lanciato un progetto (www.corona-immunitas.ch) mirato a raccogliere dati relativi alla diffusione del coronavirus e al tasso di immunità della popolazione nella Confederazione.