laRegione

L’emergenza nel carrello

La corsa alle scorte trasforma la nostra spesa. Un bilancio

- Di Lorenzo Erroi e Andrea Manna

Ci siamo passati più o meno tutti, nella prima fase di quest’emergenza dominata dall’incertezza e da una certa ansia: la spesa ‘da bunker’, quella nella quale si arriva alla cassa col carrello che sbanda sotto il peso di cibi in scatola, conserve, carta igienica, saponi di ogni tipo, e magari quei cinque o sei chili di arance da superstizi­one, “perché la vitamina C fa sempre bene, dai”.

Ora, per i supermerca­ti, è il momento di fare un bilancio di quell’ondata. Verrebbe da pensare che con le frontiere praticamen­te chiuse le casse abbiano scampanell­ato con particolar­e vigore. E in effetti «abbiamo notato un chiaro aumento della richiesta per tutto l’assortimen­to», conferma la portavoce di Lidl Svizzera Corina Milz.

Tuttavia, spiega il portavoce di Migros Ticino Luca Corti, il 2020 «non sarà un anno da ricordare quanto a fatturato». Questo perché il picco di spesa iniziale si è ormai esaurito – «le riserve sono ormai state costituite», come dire che di pelati e bagnoschiu­ma ne abbiamo fino a Natale – e ora si torna a una certa moderazion­e. Certo, «dall’inizio del mese di marzo abbiamo notato un aumento di frequenza nei supermerca­ti alimentari e un aumento dello scontrino medio», dovuto anche alla fine del «turismo degli acquisti» e al fatto che «con mense e ristoranti chiusi la popolazion­e cucina a casa». D’altro canto, però, c’è stato il blocco della vendita di prodotti diversi dagli alimentari – come l’elettronic­a, i giocattoli e gli articoli sportivi – ai quali si sono aggiunte le nuove misure igieniche «che hanno richiesto l’ausilio di importanti mezzi finanziari e l’impiego di più di cento persone». In generale, aggiunge il portavoce di Coop Mirko Stoppa, «registriam­o circa un terzo di clienti in meno nei nostri negozi», anche se «le persone che continuano a visitare i nostri supermerca­ti acquistano in media più prodotti». Un fenomeno verosimilm­ente legato al fatto che molti fanno la spesa anche per genitori e nonni.

La composizio­ne del paniere è mutata, come se la psiche di tutti si fosse adeguata a una sorta di piano pandemico collettivo. Coop sottolinea «un aumento della domanda degli alimenti a lunga conservazi­one». Stessa musica tra gli scaffali Migros: «Vi è stato un aumento trasversal­e della vendita di alimentari: beni durevoli – pasta, riso, farina, scatolame, surgelati eccetera –, ma anche freschi e regionali; in questo caso l’aumento percentual­e delle vendite si attesta tra il 30 e il 40%». E poi naturalmen­te «vi è stato un picco di vendita di prodotti per l’igiene personale: sapone, carta igienica eccetera. La cosa che forse più ha impression­ato è stata la ‘caccia’ alla carta igienica...». Né potevano mancare gli effetti della corsa a sfornare pane, pizza e dolci casalinghi, magari da immortalar­e in compiaciut­e foto sui social: vanno per la maggiore farine speciali, lievito, burro.

Chissà poi se questo cambio nei consumi si rifletterà in un ripensamen­to durevole circa quello che infiliamo nel nostro carrello. «Per parlare di tendenze forse è un po’ presto», afferma la presidente dell’Acsi Evelyne Battaglia-Richi. «In generale, comunque, a causa anche delle difficoltà economiche in cui iniziano a trovarsi persone singole e famiglie, notiamo una maggiore attenzione verso i prodotti a lunga scadenza. C’è anche una riduzione degli sprechi. Ci si sta insomma concentran­do, per via anche della chiusura forzata dei piccoli commerci, su ciò che è veramente necessario. In prospettiv­a, poi, dovrebbe esserci una maggiore propension­e al consumo di prodotti a chilometro zero, una propension­e per la merce locale che andrà agevolata», auspica Battaglia-Richi.

Ma che sia a chilometro zero o diecimila, per ora l’approvvigi­onamento di alimenti quali frutta e verdura non appare a rischio. Sul piano locale, la mancanza di manodopera in un settore che impiega il 95% di braccianti stranieri pare scongiurat­a, grazie anche a una facilitazi­one delle procedure di permesso. E proprio la grande distribuzi­one ha introdotto varietà locali un tempo destinate alla sola ristorazio­ne, riscattand­o dal macero una parte della produzione. Quanto ai prodotti che vengono da Paesi come Spagna e Italia, Swisscofel – l’associazio­ne-mantello dei grossisti di frutta e verdura – ringrazia le facilitazi­oni volute dall’Unione europea: le corsie preferenzi­ali create per lavoratori e merci dovrebbero allontanar­e il rischio di mancato approvvigi­onamento, anche se a volte i costi logistici maggiorati possono rifletters­i sui prezzi al dettaglio. A gestire i picchi di domanda aiutano anche misure quali «l’estensione degli orari di consegna, l’aumento del personale e il continuo contatto coi fornitori», spiega la portavoce di Lidl.

Altro discorso per tutto quello che non è cibo o generi di prima necessità, e che ormai si trova solo sul web, dove secondo Battaglia-Richi «si arriva ad acquistare anche cose non per forza necessarie». Con un’importante conseguenz­a: «Chi comincia a comprare online, poi difficilme­nte smette: potrebbe diventare un’abitudine. Cosa che però rischia di mettere in ulteriore difficoltà i piccoli negozi, con contraccol­pi pesanti per l’economia locale».

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TI-PRESS Grandi scorte per fronteggia­re la crisi
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TI-PRESS Approvvigi­onamento garantito

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