Val Mara chiusa, la Intelvi protesta
Disagi per circa 1’200 frontalieri. I sindaci italiani: ‘Una riapertura almeno parziale’.
Quasi una trentina di chilometri in direzione nord o ancor di più in direzione sud. Tanto si allunga il tragitto dei circa 1’200 frontalieri residenti in Valle d’Intelvi (provincia di Como) e che non possono servirsi del valico della Val Mara per raggiungere il posto di lavoro in Ticino. La dogana tra Lanzo d’Intelvi e Arogno è rimasta infatti chiusa, anche con l’ondata di riaperture dell’11 maggio. Perciò, i frontalieri della zona per entrare in Svizzera devono recarsi a Porlezza e passare da Valsolda e Gandria o, tragitto ancor più lungo, scendere fino al Basso Mendrisiotto.
Dopo la protesta una lettera al premier Giuseppe Conte
Una situazione che non piace alla popolazione della Valle d’Intelvi e tantomeno ai sindaci. Dopo aver espresso i propri malumori nei giorni scorsi, hanno infatti deciso di rivolgersi direttamente al proprio premier. Marcello Grandi (Alta Valle Intelvi), Mario Pozzi (Centro Valle Intelvi), Ferruccio Rigola (Schignano, nonché presidente della Comunità montana intelvese), Cipriano Soldati (Laino), Gian Antonio Sala (Ponna), Oscar Grandola (Cerano Intelvi), Aldo Riva (Dizzasco), Piero Righetti (Blessagno) e Federico Ceschina (Pigra): sono una decina i sindaci che ieri mattina hanno scritto una lettera a Giuseppe Conte. Una presa di posizione che segue una protesta simbolica davanti al valico rimasto chiuso che gli stessi sindaci hanno inscenato lunedì pomeriggio.
‘Chiediamo una linea comune di condotta fra Italia e Svizzera’ Quello tra le due valli è l’unico valico in provincia di Como che continua a rimanere chiuso a causa dell’emergenza coronavirus. Un valico ancora non riaperto, come è successo invece a partire da questa settimana con altri tre valichi comaschi. Una decisione che sta mettendo in difficoltà i 1’200 frontalieri della Valle. «La Valle ha sempre dato tanto alla Svizzera, così come ha ricevuto – dice Mario Pozzi anche a nome dei suoi colleghi sindaci –. Da questa dogana sono passati migliaia e migliaia di frontalieri. Ci troviamo in questa condizione dopo tre o quattro settimane dalla riapertura delle prime attività in Svizzera. Penso che chi ha deciso di non riaprire la Val Mara debba fare una riflessione. I nostri frontalieri sono obbligati a sacrifici enormi per poter accedere al posto di lavoro. Ci auguriamo quantomeno, se non una riapertura totale, una parziale negli orari di accesso e uscita dei lavoratori. Speriamo che il problema si risolva quanto prima». Al premier Conte i sindaci intelvesi chiedono anche di attivarsi presso la Confederazione per avere una linea comune di condotta, a cominciare dall’obbligo delle mascherine protettive a tutela dei frontalieri.