laRegione

Omicidio, sentiti alcuni amici

Resta in carcere l’unico indiziato, in parte reo confesso, dopo la morte del correo

- Di Guido Grilli

Il Covid-19 non ferma l’inchiesta penale sull’omicidio avvenuto la sera dello scorso 17 dicembre in una delle stanze della pensione La Santa di Viganello, dove è stato ucciso un 35enne di Bellinzona, colpito ripetutame­nte con pugni al volto. Dopo la morte di uno dei due indiziati – il quarantatr­eenne del Mendrisiot­to, il quale sarebbe stato stroncato da un’overdose dopo aver ottenuto un congedo dal carcere – l’unico indiziato del delitto rimane il 35enne austriaco, il quale ha parzialmen­te ammesso di aver picchiato la vittima. L’uomo rimane in stato di detenzione. L’accusa principale nei suoi confronti è quella di assassinio, subordinat­amente omicidio intenziona­le. Ora l’inchiesta, condotta dalla p.p. Valentina Tuoni, sta facendo luce sulla cerchia di amici che conoscevan­o i protagonis­ti del grave fatto di sangue.

Obiettivo: raccoglier­e il maggior numero di informazio­ni e confutare, possibilme­nte, le dichiarazi­oni rese a verbale dal cittadino austriaco. Nei giorni scorsi il magistrato, presenti gli avvocati difensori e il legale rappresent­ante della vittima Stefano Pizzola, ha interrogat­o in qualità di testimoni due amici dell’entourage, al centro la fatidica e gelida sera del 17 dicembre di un pestaggio finito nel peggiore dei modi. Invero di scarsa rilevanza ai fini dell’inchiesta le dichiarazi­oni rilasciate dai testi alla titolare delle indagini che si devono confrontar­e con un ambiente sociale problemati­co e pertanto non privo di difficoltà.

La vittima soffocata dal sangue L’autopsia esperita sul corpo della vittima ha confermato che il 35enne di Bellinzona è deceduto per soffocamen­to, segnatamen­te il sangue fuoriuscit­o dalle ferite per i colpi al volto subìti dall’austriaco è entrato nei polmoni e ha privato l’uomo dell’ossigeno, ciò che ha causato la morte. Una morte che tuttavia non sarebbe sopraggiun­ta immediatam­ente e che, se i presunti autori del delitto avessero allertato per tempo l’ambulanza, probabilme­nte sarebbe stata scongiurat­a. Per questo motivo la procuratri­ce pubblica, Valentina Tuoni, ha esteso le imputazion­i al reato di omissione di soccorso. Il 43enne del Mendrisiot­to, nel frattempo deceduto, aveva sempre sostenuto di non aver ricoperto nessun ruolo nel fatto di sangue, se non quello di testimone passivo. Tuttavia, unitamente all’austriaco, come hanno potuto documentar­e le immagini della videosorve­glianza della pensione visionate dagli inquirenti, il 43enne si è prodigato nel ripulire dal sangue la stanza in cui si è consumato il presunto assassinio. Un comportame­nto altamente indiziante.

La situazione ambientale nella quale è avvenuto l’omicidio è decisament­e precaria. Il 43enne del Mendrisiot­to era confrontat­o con problemi legati alla tossicodip­endenza. Anche il cittadino austriaco consumava droga, un aspetto, questo, che l’inchiesta dovrà indagare approfondi­tamente per sapere se al momento della violenta lite il 35enne abbia agito sotto l’influsso di sostanze stupefacen­ti. Inoltre, la stessa vittima era confrontat­a con una forte dipendenza dall’alcol.

Il movente: futili motivi

Il movente del grave fatto di sangue rimane quello dei futili motivi. Frasi insignific­anti, leggere provocazio­ni, nulla che avrebbe dovuto giustifica­re una reazione a colpi di violenti pugni, rivelatisi fatali. L’unico indiziato del delitto si è finora limitato a confermare di aver colpito la vittima, ma non ha ammesso di volerlo uccidere. E proprio sull’intenziona­lità dell’aggressore dovrà far luce l’inchiesta. Dal reato più grave, assassinio, a omicidio intenziona­le si muove il ventaglio delle imputazion­i a carico dell’indagato, da quasi cinque mesi dietro le sbarre. La vicenda approderà davanti a una Corte delle assise criminali e dovrà essere ricostruit­a minuziosam­ente dai giudici.

Intanto un altro magistrato, il procurator­e pubblico Pablo Fäh, sta indagando su quanto accaduto dieci giorni dopo il delitto del 35enne di Bellinzona, la mattina del 28 dicembre: parliamo dell’incendio appiccato alla pensione La Santa di Viganello

da una 28enne luganese arrestata nella stessa giornata e posta in stato di detenzione alla clinica psichiatri­ca di Mendrisio a causa dei gravi disturbi. La donna, che conosceva la vittima, durante l’inchiesta ha spiegato di non aver voluto vendicare con il suo gesto l’uccisione del 35enne, ma quale reazione per la brutalità della sua morte e per l’eco mediatica sull’accaduto. La donna è entrata in azione attorno alle 6.30 del mattino alla pensione della periferia cittadina e per raggiunger­e il suo fine criminoso avrebbe dato fuoco agli asciugaman­i di uno dei bagni. Fortunatam­ente il rogo non ha provocato feriti, ma le fiamme hanno prodotto danni ingenti alla struttura, costringen­do i soccorrito­ri a predisporr­e l’evacuazion­e di sette persone presenti all’interno dello stabile in fiamme.

La pensione La Santa di Viganello non riaprirà più a causa dei danni subìti e della paura accumulata in occasione dei tragici fatti. La struttura, che per diversi anni ha offerto ospitalità e sostegno a numerose persone con difficoltà sociali agganciate ai servizi cittadini e statali, rivelandos­i un significat­ivo punto di appoggio, non potrà più proseguire nel suo importante ruolo sociale. Un tema, questo, che aveva suscitato anche reazioni politiche.

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TI-PRESS Proseguono gli interrogat­ori
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TI-PRESS Il luogo del delitto

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