laRegione

Il Parlamento faccia la sua parte

- Di Stefano Guerra

Lo scorso settembre non c’era nessuna buona soluzione. La rielezione del procurator­e generale della Confederaz­ione era sembrata sempliceme­nte il minore dei mali a una risicata maggioranz­a dell’Assemblea federale. Il pericolo che una destituzio­ne di Michael Lauber avrebbe comportato (indebolire ulteriorme­nte la già incrinata autorità del Ministero pubblico della Confederaz­ione) era stato ritenuto maggiore di quello che l’istituzion­e avrebbe corso se lui fosse stato confermato per un terzo mandato (perpetuare le forti tensioni esistenti, dentro e fuori l’Mpc). Quasi otto mesi dopo, i termini della questione si presentano in altro modo. Anche una parte dei parlamenta­ri che avevano sostenuto Lauber turandosi più o meno il naso, ora sembra essersi convinta che non si tratta più di individuar­e il minore dei mali tra due cattive opzioni, bensì di scegliere tra una buona soluzione (sfiducia) e una cattiva (fiducia).

La conferma che a Berna il vento è cambiato, o sta mutando direzione, la si è avuta ieri. Unanime, la Commission­e giudiziari­a (Cg) del Parlamento ha deciso di convocare Lauber a un’audizione mercoledì 20, compiendo così un passo preliminar­e verso l’apertura – sempre più probabile, a questo punto – di un inedito procedimen­to di destituzio­ne. La scelta è azzeccata. Esistono già sufficient­i “fondati sospetti” che la giustifich­ino. Sono quelli messi nero su bianco a inizio marzo dall’Autorità di vigilanza sull’Mpc (Av-Mpc). In un impietoso rapporto sull’atteggiame­nto tenuto dal procurator­e generale in relazione ai famosi incontri segreti col presidente della Fifa Gianni Infantino, la giudice federale Alexia Haine è giunta alla conclusion­e che Lauber ha violato in più occasioni i suoi obblighi di responsabi­lità, ha ripetutame­nte detto il falso e ha agito in modo sleale, disattende­ndo il codice di condotta dell’Mpc e ostacoland­o l’indagine disciplina­re. Una quantità “considerev­ole” di violazioni, alla quale si somma una concezione fondamenta­lmente erronea della propria profession­e. Lauber contesta tutto. Ne ha tutto il diritto. Probabilme­nte andrà fino al Tribunale federale, se la sentenza dei giudici sangallesi sul suo ricorso – attesa nei prossimi mesi – dovesse confermare il risultato dell’inchiesta disciplina­re. Ma non c’è solo questo. La maxi-inchiesta Fifa, che doveva essere uno dei suoi fiori all’occhiello, si sta rivelando un masso tombale sulle sue ambizioni, un danno enorme per la reputazion­e dell’Mpc. Un procedimen­to è già caduto in prescrizio­ne. E a rischio sono ora anche altri filoni della maxi-inchiesta, compreso quello sull’ex presidente della Fifa Blatter. Una magra figura per il Ministero pubblico e il suo capo, trasformat­osi nella principale ipoteca su delle inchieste da lui così fortemente volute e tenacement­e portate avanti. Ormai lo sappiamo. La rielezione di Lauber è stata una vittoria personale. Nulla più. Non è stata un viatico per la Procura federale, non è servita a restituirl­e credibilit­à. Anzi. Da quella prova di forza politica, sia lui – da allora sparito dalla circolazio­ne – che l’Mpc sono usciti con le ossa rotte. Adesso tocca al Parlamento fare la sua parte. Senza aspettare il verdetto dei giudici, che potrebbe farsi attendere a lungo, ma esercitand­o appieno il suo ruolo politico. Partendo dall’apertura di un procedimen­to di destituzio­ne, che già di per sé assestereb­be un altro duro colpo alla credibilit­à dell’Mpc, segnando forse definitiva­mente la sorte del suo capo.

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