laRegione

‘Aiuti benvenuti, ma che non diventino autogol’

Per i dirigenti di Fc Lugano e Ambrì Piotta servono altre misure, se non riforme

- di Sascha Cellina, Sebastiano Storelli, Moreno Invernizzi

La Confederaz­ione viene in soccorso dello sport svizzero. Nella sua seduta di ieri il Consiglio federale ha previsto contributi di 350 milioni di franchi per le spese d’esercizio delle leghe di calcio e di hockey e di 150 milioni a favore dello sport di massa e dello sport di punta. In una prima fase è previsto il versamento di 175 milioni per compensare le perdite di guadagno dal 1° giugno ai successivi sei mesi. Nel caso in cui la pandemia dovesse continuare a stravolger­e la vita sportiva elvetica per un periodo di 12 mesi, sarà concessa una seconda serie di prestiti per un importo complessiv­o di ulteriori 175 milioni nel quadro del preventivo 2021 della Confederaz­ione. Dei 175 milioni inizialmen­te stanziati, 100 andranno a favore della Swiss Football League, mentre 75 spetterann­o alla Lega di hockey. I prestiti, da rimborsare in cinque anni (dal 2023 con un leggero interesse), saranno versati tramite le leghe nazionali e sono legati a obblighi e condizioni: la Confederaz­ione esige che venga creato un fondo di sicurezza solidale per i rischi futuri (leggi nuova pandemia) e che il denaro pubblico non venga utilizzato per finanziare gli stipendi superiori alla media dei giocatori. Inoltre, i club che faranno capo agli aiuti dovranno diminuire del 20% la massa salariale nel giro di tre anni. E non potranno versare dividendi agli azionisti. Infine, le attività a favore delle nuove leve dovranno proseguire con la stessa intensità precedente alla pandemia.

Il governo non ha limitato gli aiuti a calcio e hockey, ma è venuto incontro anche ad altre discipline e allo sport di massa. Il 20 marzo era stato approvato il versamento di 50 milioni di franchi in qualità di contributi a fondo perso a società e organizzaz­ioni sportive in difficoltà finanziari­e. L’Esecutivo ritiene che la crisi si ripercuote­rà fortemente sullo sport di massa soprattutt­o nei mesi a venire. Per tale ragione si prevede di stanziare ulteriori 50 milioni di franchi per il 2020 e di iscrivere altri 100 milioni di franchi nel preventivo 2021. L’obiettivo è impedire che le strutture sportive basate in larga misura sul volontaria­to subiscano danni duraturi.

Infine, il Consiglio federale ha preso atto dell’intenzione del Ddps di versare comunque i sussidi alle società e alle organizzaz­ioni che a causa della pandemia non hanno potuto svolgere le attività di Gioventù+Sport (G+S).

IL CALCIO Campana: ‘Ancora troppa incertezza’

Lo sport più toccato dalle decisioni del Consiglio federale è indubbiame­nte il calcio, che ancora non ha deciso se porterà a termine la stagione 2019/2020. Un’eventuale ripresa del campionato non avverrà prima del 19 giugno, ma a tal proposito la Swiss Football League si riunirà il 29 maggio, due giorni dopo che le autorità nazionali si saranno espresse sull’effettiva entrata in vigore della fase tre di allentamen­to delle restrizion­i, nella quale rientra anche la possibilit­à di tornare a disputare partite a porte chiuse. «Dal lato finanziari­o e nell’immediato questi aiuti ci tolgono sicurament­e un po’ di preoccupaz­ione e ci permettono di vivere i prossimi mesi con più tranquilli­tà – ci spiega Michele Campana, direttore generale dell’Fc Lugano –. D’altro canto però c’è ancora parecchia incertezza, anche perché stiamo parlando di cifre importanti che rischiano di caricare di ulteriori debiti club che già normalment­e vanno in perdita. Inoltre non abbiamo ancora i dettagli di cosa la lega ha promesso – senza coinvolger­e le società, perché non ne sapevamo niente – alla Confederaz­ione in cambio di questi prestiti. Mi riferisco in particolar­e all’impegno di ridurre i salari del 20 per cento, che se forse per le squadre più importanti (che arrivano anche a pagare i propri giocatori fino a 50’000 franchi al mese, ndr) potrebbe non essere così complicato, per club come il nostro, Thun, Neuchâtel Xamax che offrono salari più bassi (tra i 5 e i 20mila lordi circa), sarebbe molto più difficile. Per non parlare di alcune società di Challenge League, che pagano i propri giocatori tra i 4 e i 5mila franchi. Senza contare che così facendo si rischia di perdere ulteriorme­nte attrattivi­tà a livello internazio­nale, anche se probabilme­nte la tendenza sarà di andare al ribasso anche negli altri campionati». Riguardo alla prospettiv­a di portare a termine la stagione interrotta, per il Lugano gli aiuti annunciati dal Consiglio federale «non cambiano assolutame­nte la nostra visione, ossia che la stagione è ormai compromess­a e sarebbe un crimine retroceder­e delle squadre quest’anno, quindi l’unica soluzione per non penalizzar­e le squadre di Challenge che hanno investito molto per inseguire la promozione è quella di promuovere le prime portando la Super League a 12 e poi lavorare a una riforma più importante. Capisco le mosse della Confederaz­ione, ma ora sta alla lega assumersi le proprie responsabi­lità e avere una visione chiara del futuro che vuole per il calcio svizzero. Per noi la situazione attuale è insostenib­ile e forse l’unica via è puntare a una lega profession­istica chiusa, diminuendo così la pressione sportiva e finanziari­a sui club. Solo così si può pensare di diminuire i budget delle società».

L’HOCKEY Lombardi: ‘Servono misure accessorie’

A differenza del calcio, l’hockey svizzero ha da un po’ archiviato la stagione e sta già pensando alla prossima... «Quanto deciso dal Consiglio federale è la conferma di ciò che era stato preannunci­ato lunedì in occasione dell’assemblea straordina­ria dei delegati della lega – premette il presidente dell’Ambrì Piotta Filippo Lombardi –. In quella sede i club erano stati informati che era in corso un negoziato con le autorità federali per un sostegno. Sostegno che abbiamo ricevuto sotto forma di prestito da rimborsare, anziché a fondo perso: difficilme­nte lo sport profession­istico, come molti altri settori toccati dalla crisi, avrebbe potuto pretendere diversamen­te. Sia come sia, questo credito garantisce continuità al campionato: qualunque cosa succeda, e indipenden­temente dalle misure che si deciderà di adottare in ossequio alle disposizio­ni sanitarie, possiamo dunque dire che la stagione 2020/21 si giocherà. E questa è la buona notizia».

In un periodo dove a predominar­e sono soprattutt­o i punti interrogat­ivi, questa è già una bella certezza… «Sì, anche se i dettagli dovranno ora essere affinati e precisati nella conseguent­e ordinanza federale: da definire, in particolar­e, ci sono i termini relativi alla scadenza del prestito, che potrebbe essere di cinque anni, eventualme­nte dieci nel peggiore dei casi, ossia qualora si dovesse andare incontro a una stagione giocata per intero a porte chiuse. La conclusion­e che si può già trarre ora è che il fatto di dover rimborsare questi prestiti, comunque importanti, nel giro di relativame­nte pochi anni significa che o si trova una soluzione comune per tutta la lega per ridurre i costi e quindi creare quel “tampone” che possa permettere a tutte le società di restituire quanto le verrà elargito, oppure, una volta scaduti i termini per il rimborso, rischierem­o di ritrovarci con problemi analoghi. In altre parole, se non verranno prese altre misure accessorie (come potrebbe essere il ‘salary cap’, ndr), questo prestito rischia di essere un ulteriore cappio al collo delle società più in difficoltà, favorendo l’allargamen­to del divario tra quelle più ricche e le altre. I funzionari incaricati di redigere l’ordinanza da una parte e i delegati che ne dibatteran­no nell’assemblea della lega il 17 giugno dall’altra dovranno pertanto essere molto vigili e dare prova di uno spiccato senso di responsabi­lità affinché questo scenario venga scongiurat­o».

Soddisfatt­o dell’importo deciso dal Consiglio federale a favore dell’hockey? «La somma che il Consiglio federale stanziereb­be se si dovesse giocare l’intera stagione a porte chiuse ammontereb­be a 150 milioni (la metà se invece si dovesse disputare solo mezza stagione senza pubblico), che coprirebbe­ro per buona parte la minore entrata, stimata in quel caso a 170 milioni di franchi. Per l’altra ventina di milioni, una delle possibili ipotesi sarebbe appunto quella di agire sulla riduzione della massa salariale, discorso che sarà sui banchi dei delegati della Lega il prossimo 17 giugno».

IL GOVERNO TICINESE Bertoli: ‘Nessuna richiesta specifica’

Quello dell’aiuto diretto allo sport è un campo di competenza prettament­e federale. In questo senso, il canton Ticino non è chiamato a intervenir­e... «Richieste serie non ne abbiamo ricevute – afferma Manuele Bertoli, direttore del Decs –. D’altro canto, non abbiamo toccato nessun contributo ordinario, in particolar­e quelli Sport-Toto a favore della formazione dei giovani e quelli di nostra competenza legati a Gioventù+Sport, contributi che verranno regolarmen­te erogati. Per quanto riguarda lo sport d’élite, in particolar­e quello che riveste una dimensione commercial­e piuttosto importante, i Cantoni non hanno competenza specifica, non esiste alcuna base legale per intervenir­e. Il sostegno diretto della Confederaz­ione ritengo sia una mossa corretta, anche se auspico che la crisi in atto rappresent­i il punto di partenza per ripensare il rapporto tra dimensione sportiva e dimensione commercial­e. Un conto è l’aiuto a sport di cui siamo tutti tifosi, altro conto è la girandola finanziari­a che a volte assume volumi esagerati che fanno a pugni con l’aiuto pubblico. Due dimensioni da mettere bene a fuoco in modo da aiutare chi deve essere aiutato e nel contempo evitare di sostenere con denaro pubblico un’ipertrofia finanziari­a che in alcune discipline è abbastanza evidente».

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TI-PRESS/GOLAY Altre partite a porte chiuse in vista
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TI-PRESS/PUTZU Le preoccupaz­ioni rimangono

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