Corsa truccata al vaccino
Emmanuel Macron interviene per fermare l’esclusiva del farmaco Sanofi agli Usa
Parigi – È intervenuto anche Emmanuel Macron e per un pomeriggio la polemica si è sopita, ma che la corsa al vaccino contro il Covid-19 sia di natura commerciale non meno che di salute pubblica ha avuto un’altra, superflua conferma. L’intervento del presidente francese ha seguito un’incauta uscita del Ceo di Sanofi Paul Hudson, secondo il quale il colosso farmaceutico francese riconosceva agli Stati Uniti il diritto della maggiore pre-ordinazione di vaccino, in virtù dell’ampiezza del loro investimento economico”. Immediate e prevedibili le reazioni. “La parità di accesso di tutti al vaccino non è negoziabile”, ha dichiarato il primo ministro francese Edouard Philippe, dopo aver parlato con il presidente del Consiglio di amministrazione di Sanofi, Serge Weinberg e avere ricevuto “tutte le necessarie rassicurazioni quanto alla distribuzione in Francia di un eventuale vaccino Sanofi”. Tutto a posto, ma non del tutto. Sanofi ha sì concesso che non distribuirà prioritariamente negli Usa un eventuale vaccino contro Covid-19, sottolineando però che non darà preferenza agli Usa se l’Unione europea si mostrerà “altrettanto efficace” nel finanziare lo sviluppo del vaccino.
Già due mesi fa, una situazione analoga si era prodotta quando la Welt am Sonntag aveva rivelato che Donald Trump stava trattando con CureVac la fornitura esclusiva del vaccino a cui sta lavorando la casa farmaceutica tedesca. Allora fu la stessa Angela Merkel a mettersi di mezzo, se non altro perché la CureVac è impegnata nella ricerca insieme al Paul Ehrlich Institut, l’istituto federale tedesco per i vaccini e le biomedicine, quindi un’agenzia federale. E ci manca solo che venda l’esclusiva a Trump. Il confronto, non ancora un conflitto, è diplomatico, industriale e di intelligence. Lo dimostra l’allarme dell’Fbi circa un presunto tentativo cinese di infiltrare i laboratori di ricerca statunitensi per sottrarre i risultati che potrebbero avvicinare la produzione del vaccino. Provocando la reazione offesa di Pechino: “Stiamo guidando il mondo nella ricerca su trattamento e vaccini. È immorale colpire la Cina con voci e calunnie in assenza di prove”. Muisca già sentita.
Ad oggi, sono oltre un centinaio i team di ricerca impegnati nell’individuare e sperimentare un vaccino, a partire da approcci anche molto diversi. La partita è di importanza vitale, come si è detto, e non solo di natura sanitaria. Un terzo dei gruppi di ricerca è attivo negli Usa, una quindicina in Europa, e altrettanti in Cina. La prima sperimentazione sugli uomini è stata avviata il mese scorso a Seattle, bypassando la fase dei test sugli animali, e conducendo la sperimentazione direttamente sugli umani. Il primo lavoro in Europa è stato quello dell’Università di Oxford, dove il vaccino sperimentale è stato iniettato su ottocento volontari. Fermo restando poi che per giungere a un prodotto efficace e sicuro occorreranno ancora mesi (la prospettiva è quella di metà 2021) un altro problema colossale sarà la produzione in scala adeguata e la distribuzione capillare del vaccino, trattandosi di miliardi di dosi. D’altra parte, la corsa per un vaccino, e non secondaria quella per un farmaco, comporta il rischio di una dispersione di forze intellettuali e di risorse economiche. Ancora pochi giorni fa, il direttore esecutivo dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali) Guido Rasi ha ricordato che “complessivamente in tutto il mondo sono stati lanciati circa 50’000 studi clinici per trovare una risposta terapeutica alla pandemia da Covid19”. Cinquantamila.