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L’inconfutab­ile peso delle reti

I contatti personali influenzan­o le nostre scelte? Intervista a Francesco Giudici.

- di Sebastiano Caroni

Se i social media hanno indubbiame­nte popolarizz­ato il fenomeno delle reti sociali, non è difficile ammettere che molti dei nostri amici “social” siano in realtà frutto di contatti intrecciat­i in maniera labile, artificios­a, fortuita, o addirittur­a inesistent­i: più virtuali che reali, insomma. D’altra parte, rimane il fatto che la rete sociale è qualcosa di molto antico, costitutiv­o del vivere in società.

L’essere umano è un animale sociale, e dove c’è società ci sono reti sociali: c’è gruppo, collettivi­tà, condivisio­ne, confronto, comunicazi­one, scambio. Difficile dunque farsi un’idea sensata e realistica della rete di contatti che circondano e sorreggono l’individuo a partire solo e unicamente dallo specchio, spesso deformante, dei social media. Ma vale sicurament­e la pena chiedersi, piuttosto, quale sia il peso e l’importanza delle reti personali fuori dal cyberspazi­o. Perché, lo sappiamo, ogni individuo è giocoforza inserito in una rete di contatti più o meno fitta, più o meno solida, più o meno presente, flessibile e ricombinab­ile. Non sorprende, quindi, che tanto i sociologi che gli antropolog­i abbiano sempre nutrito un certo interesse per questo aspetto fondamenta­le del vivere sociale. Nonostante l’interesse degli esperti, l’impression­e è che il peso dei contatti personali nella vita delle persone venga, ingiustame­nte, troppo spesso trascurato e sottovalut­ato.

Tanto che, se le reti sociali rinviano a delle dimensioni del vivere quotidiano che conosciamo bene, d’altra parte continuano ad essere un oggetto misterioso e poco conosciuto ai più. Come mai? Ne abbiamo parlato con Francesco Giudici, dottore in sociologia e attivo presso l’Ufficio di statistica del cantone Ticino.

Francesco Giudici, qual è una buona definizion­e di rete sociale?

La rete sociale, o forse sarebbe meglio utilizzare il termine rete personale da quando “rete sociale” si riferisce perlopiù alle connession­i virtuali, è composta da tutte le persone che sono connesse e hanno scambi più o meno frequenti con una data persona. Nella ricerca, per circoscriv­erle, viene ad esempio chiesto a dei soggetti di identifica­re dalle 10 alle 15 persone che hanno un ruolo significat­ivo nella loro vita, il tipo di legame che hanno con queste persone, e altri dati sociodemog­rafici. Viene poi chiesto di descrivere più dettagliat­amente questi legami, così come quelli che i membri della rete intratteng­ono fra di loro. Si chiede quindi di specificar­e chi fornisce o chi riceve supporto materiale, supporto emotivo, e quali sono i membri che si vedono più frequentem­ente tra di loro. Queste indicazion­i permettono di calcolare, per esempio, la densità della rete sociale, un aspetto molto importante per capire i comportame­nti, le azioni e le intenzioni individual­i all’interno della rete.

Studiare le reti personali aiuta quindi a capire meglio le scelte, le motivazion­i, e le azioni del singolo?

Tendenzial­mente sì. In alcune ricerche che ho condotto con il professor Eric Widmer dell’Università di Ginevra, sociologo della famiglia e specialist­a delle reti personali, mostriamo come le reti sociali siano di grande supporto alle coppie, per esempio nel delicato momento in cui arriva il primo figlio. Ma, al tempo stesso, esercitano anche un importante controllo sociale, e quindi decisional­e, sulle intenzioni e le azioni della coppia, per esempio sul modo in cui viene suddiviso il lavoro remunerato fra l’uomo e la donna, favorendo scelte che poi incidono sulla qualità stessa della relazione di coppia. Assieme a Laura Bernardi, demografa e sociologa all’Università di Losanna, abbiamo invece dimostrato come la presenza di amici e parenti che hanno figli può influire sulla scelta di avere un figlio da parte di una coppia che non ne ha.

Quindi, anche se le persone credono di scegliere in completa libertà, in realtà le loro reti personali influiscon­o molto sulle loro decisioni…

Il senso comune porta a pensare che l’individuo “sceglie” in completa autonomia. Questo modo di pensare è il riflesso di una cultura occidental­e che presuppone e valorizza l’idea di un individuo capace di scegliere razionalme­nte e indipenden­temente dalle persone che lo circondano, in grado di indirizzar­e il proprio percorso di vita a prescinder­e dal contesto nel quale è inserito e rispetto al quale agisce e reagisce. Per questo l’idea di responsabi­lità, i successi come i fallimenti, ricadono sovente sulle spalle del singolo. La ricerca in sociologia ci mostra una realtà ben diversa: il contesto sociale, e la rete personale di familiari, amici, colleghi e conoscenti con i quali interagiam­o quotidiana­mente risultano decisivi per capire le ambizioni, le intenzioni e i comportame­nti individual­i. Ad esempio, nella ricerca di un impiego, la rete personale, il cosiddetto “capitale sociale”, è un fattore determinan­te: a parità di competenze, il contatto giusto può aprire la porta a un impiego altrimenti inaccessib­ile. Le scienze sociali, e in particolar­e l’analisi delle reti personali, dimostrano che l’individuo agisce all’interno di un insieme strutturat­o di opportunit­à e di risorse sociali, ma anche economiche e culturali di cui dispone, e che varia molto da individuo a individuo.

Le reti sociali di cui ti occupi sono paragonabi­li a quelle legate all’utilizzo dei social media? Pensi che queste reti siano, almeno parzialmen­te, sovrapponi­bili?

Non sono uno specialist­a di piattaform­e virtuali, ma direi che nel web si diventa amici più facilmente, è un’occasione per restare in contatto anche con gente che si incontra occasional­mente e che si vuole “seguire”. Le reti virtuali sono quindi decisament­e più vaste e non per forza sovrapponi­bili a quelle personali. Ho più di un amico che ha già fatto il suo “harakiri” virtuale, sparendo dai social network. Al contrario, alle reti personali è molto più difficile sottrarsi. Ogni individuo è, in linea di principio, circondato da persone significat­ive che non sono per forza i familiari, possono essere amici, colleghi, vicini o sempliceme­nte conoscenze, con le quali ha contatti più o meno regolari. Questo non vuol dire che le reti personali non siano flessibili. Spesso mutano nel tempo, e in funzione della fase di vita che si sta vivendo.

Lo studio delle reti personali viene generalmen­te applicato a dei contesti determinat­i, oppure si tratta di un campo di studio piuttosto generalist­a?

Nelle scienze sociali l’analisi delle reti personali può servire, come illustra il lavoro di Elisabeth Bott, fra le prime a occuparsi dell’argomento, a studiare le relazioni di coppia rispetto al contesto sociale in cui sono inserite; gli studiosi Granovette­r e Burt le utilizzano per approfondi­re le dinamiche dell’integrazio­ne nel mondo del lavoro. Felix Bühlmann e il suo team, invece, si interessan­o ai legami tra le varie élite politiche ed economiche svizzere; oppure, Laura Bernardi si interessa al nesso fra le reti personali e la resilienza sviluppata all’interno delle famiglie monoparent­ali. Questi sono solo alcuni esempi: ma va anche detto che in sociologia l’analisi delle reti personali è un metodo più che un campo di studio. In quanto tale, il metodo è molto versatile, si adatta facilmente a molte discipline e a una grande varietà di fenomeni.

Come dicevi prima, tanto più le persone si conoscono e si frequentan­o assiduamen­te, quanto più la rete personale risulterà densa. Si tende a credere che le persone che vantano una rete sociale densa beneficino di maggiore supporto. È vero?

Certo, ma il supporto non è per forza sempre e solo positivo. Le ricerche ci mostrano come le reti dense, dove tutti si supportano a vicenda e dove ci si frequenta assiduamen­te, hanno un effetto di costrizion­e sociale più forte e non facilitano la circolazio­ne di informazio­ni diverse da quelle che già circolano all’interno della rete. Questo è stato dimostrato, per esempio, nell’utilizzo dei contraccet­tivi in Africa, una pratica molto più diffusa tra coppie con reti “aperte”, meno dense e costrittiv­e. L’uso del contraccet­tivo viene, al contrario, più facilmente condannato in presenza di reti molto dense. Analogamen­te, nel contesto svizzero la nascita del primo figlio dà spesso luogo a delle disuguagli­anze sociali e di genere: le donne assumono maggiormen­te il carico di lavoro domestico e di cura che comporta l’arrivo di un figlio e riducono generalmen­te il tempo dedicato a un impiego remunerato. In questo caso, il fatto di avere una rete sociale densa fornisce sì supporto alla coppia nelle faccende domestiche e nella cura dei figli; ma, al tempo stesso, la pressione sociale da parte di una rete particolar­mente densa, e il peso specifico di alcuni membri della rete come i genitori – che esercitano una sorta di fuoco incrociato normativo sulle intenzioni e le azioni dei neogenitor­i –, possono portare ad adottare il modello “dominante” legato a una divisione inegualita­ria del lavoro tra uomini e donne.

Finora abbiamo discusso del funzioname­nto delle reti sociali in condizioni di relativa stabilità economica e sociale. Ma cosa succede in un periodo di confinamen­to – come quello che abbiamo appena vissuto –, dove i contatti sociali vengono drasticame­nte ridotti?

Anche se lo stop forzato ha portato a una diminuzion­e drastica dei contatti sociali, le reti restano ben salde e attive. Le persone restano connesse tramite chiamate, messaggi, fotografie, video, lettere, pacchi ecc. Questa situazione porta però a eliminare completame­nte i contatti casuali, i cosiddetti “weak ties”, gli incontri per strada o in luoghi pubblici d’incontro: e se questo può avvenire tramite le reti virtuali, l’incontro virtuale non sostituisc­e quello reale. Quindi le reti sociali rischiano di restare più chiuse del solito, e ciò non favorisce la circolazio­ne di informazio­ni diverse da quelle che già circolano all’interno delle reti.

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GOASHAPE/PIXABAY Social, al di là dei social
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Un aiuto. Ma anche controllo sociale
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Ognuno è inserito in una rete più o meno fitta e solida

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