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Uccelli sacri

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“Oh tu, aquila macchiata che vivi nel cielo vicino a Ukan-Tanka, quanto sono possenti le tue ali! Tu sei l’Uno che si prende cura del sacro divenire della nostra tribù e di tutto ciò che la fa vivere. Possano tutti i popoli essere felici e illuminati!”

Con queste parole, i Sioux esortavano l’aquila ad assistere ai sette riti segreti del Sacro Calumet. Essi attribuiva­no al rapace proprietà divine e lo situavano vicino al Grande Spirito Ukan-Tanka. Gli indiani Jowa, dal canto loro, usavano terminare la danza di guerra con il “ballo dell’aquila”, imitandone movimenti e grida per assimilare nel corso della cerimonia la temerariet­à dell’uccello divino. Gli amuleti indiani presentano simboli aquilini che rendono invulnerab­ili guerrieri e cacciatori; penne d’aquila ornano i diademi e il Sacro Calumet, strumento simboleggi­ante l’unione fra la Terra e il Cielo. I cacciatori chirghisi, invece, usavano l’aquila nella caccia alla lepre, alla volpe e persino al lupo. Ne scoprirono così un lato insospetta­to: “L’aquila è un animale dalla forte personalit­à”, scriveva lo studioso di rapaci W. Fischer, “che si situa su di un piano relazional­e molto stretto, quasi di uguaglianz­a con il proprietar­io. Grazie a una memoria notevole, è in grado di registrare esperienze negative trasforman­dole in impression­i durevoli”. Riconosce perfettame­nte il suo padrone anche dopo anni di separazion­e, sostengono esperti falconieri, non dimentica nessuno sgarbo. Nella mitologia è l’animale sacro a Zeus, in India rappresent­a la vittoria del bene sul male, nell’Antico Egitto, nei sarcofagi, veniva lasciato un amuleto che rappresent­ava l’uccello-anima Ba e aveva il compito di prendere l’anima e spiccare il volo. L’aquila, dunque, ha sempre affascinat­o noi esseri umani. La sua maestosità rende questo rapace il “leone” dei cieli.

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© Tomas Hulik Nido d’aquila

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