Sopravvivenza, diffusione e declino
Una coppia di aquile è costretta a difendere ininterrottamente il suo territorio dall’incursione di consimili. È un’attività stressante, ma purtroppo necessaria. Non appena un “estraneo” spunta al di sopra del crinale che delimita la “sua” area di caccia, la padrona di casa parte all’attacco, anche se il pericolo dista ancora dieci chilometri! L’intruso viene avvicinato con intenzioni minacciose. Se non si ritira immediatamente, lo scontro è inevitabile: il difensore piomba sull’avversario, i due contendenti si avvinghiano con i poderosi arNel tigli e precipitano a picco fino a sfiorare le punte degli alberi. Lasciano la presa, riprendono quota e si azzuffano di nuovo, ripetendo lo spettacolo parecchie volte. Prima o poi, l’invasore avrà la peggio e si ritirerà. Si tratta di solito di un giovane aquilotto ancora privo di territorio proprio, perché le coppie adulte rispettano rigidamente i limiti territoriali. In regioni frequentate da numerosi giovani, le aquile già saldamente installate devono affrontare spossanti combattimenti a ritmo settimanale se non giornaliero! Non hanno alternativa, se vogliono assicurarsi un territorio di caccia sufficientemente grande per sfamare la famiglia. La dimestichezza con il territorio è indispensabile. L’aquila deve conoscere i percorsi ideali per avvicinarsi alla preda senza farsi scorgere, i punti di passaggio obbligati, i rifugi invernali. Gli “abusivi” si nutrono prevalentemente di carogne, ma devono essere comunque “sfrattati”, perché il loro comportamento inusuale scombussolerebbe le modalità di caccia diminuendone l’efficacia a scapito delle riserve energetiche.