laRegione

Gran premio elettrico, inizio del futuro

Se continua così, molte squadre finiranno ko

- Di Daniele Sparisci, L’Economia

In questi mesi di tempo sospeso, isolamento, conference call a ogni ora e riflession­i notturne, c’è un’immagine ricorrente nella testa di Alejandro Agag. I semafori verdi che si accendono a Pechino, nel settembre del 2014. «È stato uno dei momenti più emozionant­i della mia vita. Due anni di lavoro dietro con una visione, ma poi quella visione doveva diventare reale. Nessuno ci credeva, poi quando le macchine hanno iniziato a girare ho capito che davvero stava iniziando il futuro». Quasi sei anni fa in Cina partiva il primo Gran Premio elettrico, roba da pionieri. Erano momenti di grande fermento nell’industria dell’auto, nessuno però poteva sapere se le batterie di quelle strane monoposto avrebbero retto nel circuito cittadino attorno allo stadio olimpico. Gli amici più stretti, da Flavio Briatore all’ex patron della Formula 1 Bernie Ecclestone, gli dicevano che ci avrebbe rimesso un sacco di soldi in quell’avventura ecologica. Lui invece ha tirato dritto e in poco tempo la Formula E è diventata una delle serie più popolari dell’automobili­smo e un palcosceni­co privilegia­to per i grandi costruttor­i per accelerare il travaso di tecnologie dalla pista alla strada. Vi partecipan­o Audi, Bmw, Mercedes, Porsche, Psa, Nissan, Jaguar e Mahindra accanto a team privati. Fra i segreti i costi bassi: budget da 12 milioni per una stagione contro i 300-350 delle squadre più ricche in Formula 1. Quarantano­ve anni, gran oratore, cosmopolit­a, Agag ha abbandonat­o una lanciatiss­ima carriera politica in Spagna, giovanissi­mo era uno dei collaborat­ori più stretti dell’allora premier José Maria Aznar. Diventeran­no parenti nel 2002, quando sposa la figlia Ana Botella, al matrimonio partecipan­o anche Tony Blair e Silvio Berlusconi. Ma la sua ascesa nel partito popolare era finita già prima, quando aveva deciso di lasciare Madrid per Londra e dedicarsi agli affari. Dalla sua abitazione inglese ripercorre tappe e date, ragiona su come trovare una via d’uscita da questa crisi che ha spento sport e motori, anche quelli che non inquinano. Lo scenario non sembra per niente favorevole all’auto elettrica: recessione, petrolio ai minimi, le Case costrette a rivedere gli investimen­ti. «Ma indietro non si torna, questo virus ci sta avvertendo che non possiamo deteriorar­e l’ambiente, è una specie di prova generale per la lotta contro il cambiament­o climatico – replica –, quindi l’auto elettrica non solo resterà al centro delle priorità per i prossimi dieci anni, ma diventerà ancora più importante. Davvero vogliamo fare un passo indietro rispetto a dove stavamo andando? Vogliamo peggiorare la qualità dell’aria quando sta emergendo che purtroppo tante vittime del Covid-19 avevano già malattie respirator­ie? Non credo proprio e non lo crede neanche l’industria: dai contatti che ho tutti mi dicono la stessa cosa: “Adesso accelerere­mo ancora di più in quella direzione”. Questa situazione, triste e dolorosa, può davvero essere un volano per l’auto elettrica. E per l’ambiente». Non solo per chi produce, ma anche per chi amministra le città: «Hanno un motivo in più per aprire le zone centrali soltanto al traffico “pulito”, ai mezzi a batterie e ibridi. Nei giorni di lockdown abbiamo visto un’incredibil­e riduzione dell’inquinamen­to e questo dimostra che siamo ancora in tempo per cambiare, a cominciare dalla mobilità dove le soluzioni già esistono». Agag è convinto che il successo della Formula E derivi in buona parte dalla presa di coscienza collettiva nei confronti dei problemi ambientali: «Se avessimo lanciato questo campionato venti o trent’anni fa non sarebbe interessat­o a nessuno, e invece la gente ha capito l’importanza dell’iniziativa e ha sposato un’idea, nel 2014 ha iniziato veramente a preoccupar­si per il pianeta. Ecco perché siamo cresciuti così tanto, non me lo aspettavo. Ma per questo dico che per il motorsport, perché noi questo siamo, è importante trovare una sua dimensione sociale». Come le altre discipline anche la Formula E è ai box e studia un percorso per ripartire: «Dovremo farlo senza pubblico, è importante dare un po’ di spettacolo alla gente a casa. Noi possiamo farlo in sicurezza garantendo il distanziam­ento, puntiamo alle prime gare a fine agosto in Europa. Dovremo trasferirc­i dai centri cittadini ai circuiti, naturalmen­te per garantire l’isolamento; stiamo valutando diverse opzioni anche in Italia. C’è Vallelunga, non lontano da Roma, ma ci sono anche altre piste». Con un team italiano alla finestra per il prossimo anno, manca invece un marchio tricolore. La Maserati ha presentato modelli elettrici, accoglierl­a sarebbe un bel colpo: «Sarebbe fantastico avere un costruttor­e italiano, ci manca. Maserati è un brand incredibil­e, le porte sono aperte e siamo pronti ad aiutarli. Ma al momento non ci sono discussion­i in corso con loro. E poi la Formula E è legatissim­a all’Italia: Dallara, produce i telai e componenti, è un partner storico, e abbiamo prolungato gli accordi per la corsa a Roma fino al 2025. È uno dei Paesi che ci sta dando più soddisfazi­oni e dove cresciamo di più». Resta il rimpianto, personale, di non essere riuscito a coinvolger­e fra i piloti Fernando Alonso, un idolo in Spagna e ancora fra i più forti in circolazio­ne: «Eh, non sa quante volte ci abbiamo provato, c’eravamo andati anche vicini. Io lo so che ci segue perché ci scambiamo messaggi. Non siamo ancora riusciti a fargli provare una delle nostre monoposto, ma non ci arrendiamo». Agag aggiunge che l’ingresso dei grandi costruttor­i non ha fatto lievitare i costi, «perché siamo molto attenti su questo punto: da noi squadre, privati e colossi lottano uno accanto all’altro, c’è imprevedib­ilità: 5 vincitori diversi in cinque gare questa stagione prima dello stop. Mercedes e Porsche per esempio devono fare un periodo di apprendime­nto, ma non riuscirann­o a stravolger­e questo equilibrio. O si controllan­o i costi o non c’è futuro per l’automobili­smo. Non e più il tempo delle spese folli, bisogna restituire qualcosa indietro alla società». Una stagione completa costa dai 12 ai 15 milioni, uno scherzo per i bilanci di Audi e Bmw che ci guadagnano in ritorno d’immagine e sfruttano le gare per testare i motori a emissioni zero. Alla F1 Agag suggerisce di contenere le spese a 75-100 milioni (dal 2021 nel circus sarà introdotto il budget cap a 145 milioni): «Non la gestisco io, c’è gente molto capace. Ma penso che spendere quelle cifre rispetto a 250-300 milioni di adesso non cambierebb­e nulla. Lo spettacolo sarebbe identico e la velocità delle macchine pure, gli appassiona­ti non se ne renderebbe­ro conto. Se continua così molte squadre non sopravvivr­anno».

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland