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Maturità, grave annullare gli esami?

- Di Paolo Galbiati, docente liceale

Radicale da una vita, di famiglia radicale (come si usava una volta), leggo il comunicato stampa de “I Liberali Radicali” e trovo conferma che l’appellativ­o “Radicali” nel logo del partitone non è più un aggettivo ma un sostantivo. I liberali hanno ormai dimenticat­o cosa sia esserlo in chiave radicale, ciò che il partito liberale è stato fin dalle origini dello Stato svizzero moderno. Oggi qualche panda radicale vivacchia fra le fila dei liberali, che si qualifican­o perfettame­nte nelle loro dichiarazi­oni in merito all’annullamen­to degli esami di maturità.

Un approccio disinforma­to, e per questo pregiudizi­ale, che rivela tutto il cinismo di chi pretende di strutturar­e i meccanismi sociali sulla competizio­ne, in nome della tanto decantata meritocraz­ia e senza riguardo per il concetto stesso di merito nel contesto sociale. Che società è quella in cui la comprensio­ne dell’altro e il sostegno della persona in difficoltà deve essere meritato? Una società improntata al darwinismo sociale, sogno ad occhi aperti del liberista, non certo del radicale.

Il Plrt giudica la scelta di annullare gli esami incoerente, sbagliata, pigra e ideologica. Incoerente non parrebbe, quanto meno rispetto a Cantoni non certo poco rappresent­ativi come Zurigo, Berna, Basilea, Vaud, Ginevra. Si parla di “un segnale importante verso i nostri giovani” che verrebbe meno: quello di sottoporli ad esami pur nella consapevol­ezza che la stragrande maggioranz­a di loro non è nelle condizioni mentali ed emotive adeguate per affrontarl­i in modo sereno e proficuo? La risposta per i liberali sta nelle ragioni per cui la scelta di annullamen­to sarebbe “sbagliata”, visto che “gli esami di maturità non sono un semplice rito ma una tappa fondamenta­le del percorso formativo”. Che sciocchezz­a! Gli esami di maturità costituisc­ono di fatto un rito di passaggio, e proprio per questo è peccato che non possa essere celebrato, ma occorre ponderare rischi e opportunit­à. Ricordiamo­ci che la statistica medica mette in luce una correlazio­ne fra l’aumento dei fattori di rischio e il numero di vittime. E poi: “una tappa fondamenta­le del percorso formativo”… In realtà le note degli esami modificano poco o nulla le note di fine anno; e per fortuna che è così, sennò perché formare e valutare per anni, se potrebbero bastare un paio d’ore per giocarsela? Non ci si forma con la valutazion­e puramente certificat­iva di un esame, ma semmai con quella — appunto — formativa, effettuata prima e dopo la chiusura delle scuole. Sorvoliamo sulla becera accusa di pigrizia: i soliti stereotipi sui docenti scansafati­che… E infine la scelta sarebbe “ideologica”, intesa — presumo — come preconcett­a, in quanto non credo che i liberali la possano tacciare di essere, chessò, socialista o veterocomu­nista… Non mi pare che il socialismo nel proprio Dna abbia il gene della rinuncia agli esami…

E d’altra parte, coloro che pontifican­o e giudicano sommariame­nte, senza nemmeno aver sentito che aria tira fra gli allievi, senza aver provato lo sgomento che si vive di fronte a schiere di ragazzi atomizzati nelle loro camerette, disorienta­ti, avviliti, privi degli stimoli culturali e sociali che normalment­e fornisce la scuola, quelli sì che si esprimono ideologica­mente, o meglio ottusament­e, sulla base di qualche sentito dire e di una montagna di pregiudizi. Bella fine per il partito che dovrebbe conservare i valori del libero pensiero…

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