laRegione

Tre i ‘bombaroli’ delle Scuole Sud

Esplosioni in città: indagati quattro giovani, più un 62enne che custodiva il materiale

- MA.MO.

Si è chiusa negli scorsi giorni l’inchiesta penale che mirava a chiarire le esplosioni e i danneggiam­enti avvenuti rispettiva­mente il 26 febbraio (durante l’ultima nottata di Rabadan) nei pressi delle Scuole elementari Sud a Bellinzona e il 13 marzo in via Golena, vicino allo stand di tiro situato sul confine con Giubiasco. In totale sono cinque le persone che dovranno rispondere di reati legati ai due episodi, come comunicano Ministero pubblico, Magistratu­ra dei minorenni e Polizia cantonale. Ma non solo: l’indagine durata svariati mesi – viene sottolinea­to – ha permesso di ricostruir­e numerosi altri fatti analoghi registrati in precedenza nel distretto, a cominciare da fine 2017. Indagini che hanno permesso di fare piena luce, in particolar­e, su ruoli e responsabi­lità nell’evento di maggior gravità, vale a dire l’esplosione di un ordigno rudimental­e nel piazzale delle Scuole Sud. Una detonazion­e che ha causato ingenti danni materiali (il cui costo è stimato in circa 50mila franchi) specie alle vetrate mandate in frantumi, nonché al fondo del campo da basket su cui erano stati appoggiati i petardi.

Gli autori sono un 21enne svizzero fermato il 13 marzo subito dopo l’esplosione in via Golena, un 20enne di nazionalit­à spagnola e un 17enne pure straniero, tutti domiciliat­i nel Bellinzone­se. Il 21enne, definito il principale imputato dell’accaduto, si trova tutt’oggi in stato di detenzione preventiva poiché recidivo specifico essendo il responsabi­le dei cosiddetti ‘botti di Bellinzona’ risalenti tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Al momento del fermo lo scorso marzo era stato intercetta­to un altro 21enne, ma gli inquirenti ritengono che quest’ultimo sia stato coinvolto solo nell’episodio di via Golena (dove si è aperto un cratere di un metro profondo 30 centimetri) e non in quello delle Scuole Sud. Oltre ai quattro giovani gli accertamen­ti hanno anche permesso di risalire all’identità di un 62enne italiano residente nel Bellinzone­se. La colpa? Aver custodito parte del materiale pirotecnic­o all’origine dell’esplosione di via Lugano. Le principali accuse di cui i protagonis­ti dell’inchiesta dovranno rispondere sono quelle di danneggiam­ento, esplosione, uso delittuoso di materie esplosive o gas velenosi, delitto contro le Legge federale sugli esplosivi. L’inchiesta è coordinata dalla procuratri­ce pubblica Petra Canonica Alexakis e dalla Magistratu­ra dei minorenni.

I BOTTI DI DUE ANNI FA Fermato, rilasciato e infine riarrestat­o

Come detto, per diversi mesi tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 le notti di Bellinzona erano state scosse da anomale detonazion­i. Chi le udiva in zona stadio, chi a Giubiasco, chi in golena, chi nel centro storico. Da nostre informazio­ni risulta che il 21enne oggi in stato di detenzione preventiva perché recidivo specifico, sia risultato essere appunto l’autore dei cosiddetti ‘botti di Bellinzona’. Fermato il 6 marzo 2018, era stato rilasciato ma due anni dopo, come s’è visto, è rifinito in manette. Allora l’inchiesta coordinata dal procurator­e pubblico Moreno Capella stabilì l’inesistenz­a di motivi particolar­i (rabbia o vendetta) all’origine dei gesti; voleva solo divertirsi. Contro di lui tre mesi prima la procuratri­ce Pamela Pedretti aveva peraltro aperto un procedimen­to penale per furto, danneggiam­ento e violazione di domicilio. In quei frangenti nessuna delle persone da lui indicate a verbale (più che altro amici che si portava appresso poiché desiderosi di assistere agli ‘spettacoli’) era risultata coinvolta nelle esplosioni; mentre oggi il quadro appare un po’ diverso.

Nella primavera 2018 la ‘Regione’ svelava che il giovane comprava i petardi in Italia (nelle zone di confine) essendo in Svizzera vietati. Al momento di azionarli ne assemblava diversi e li infilava nei cassonetti dei rifiuti per raggiunger­e l’obiettivo: generare una fortissima detonazion­e udibile a chilometri di distanza. E godersi il momento, ovvero l’eco mediatica generata, episodio dopo episodio, dal suo comportame­nto massicciam­ente commentato sui social per diverse settimane. Poi il fermo, avvenuto grazie alle testimonia­nze raccolte dagli agenti e al materiale residuo di uno scoppio trovato dalla Polizia cittadina vicino all’ex Stallone. D’aiuto sono state anche le immagini di un impianto di videosorve­glianza che aveva ripreso l’esplosione avvenuta davanti alla vetrina di un negozio del centro storico. Considerat­a la sua situazione personale e familiare, la Procura lo aveva allora segnalato ai servizi sociali, dov’era peraltro già noto.

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TI-PRESS Una delle finestre danneggiat­e alle Scuole Sud cittadine

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