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Finanza euforica e futuro incerto

- Di Generoso Chiaradonn­a

Si afferma spesso che l’economia finanziari­a, quella fatta di carta e scommesse, sia completame­nte sganciata dall’economia reale, quella fatta invece di produzione e consumi di beni e servizi. Guardando l’andamento dei listini delle principali piazze borsistich­e mondiali delle ultime settimane (in netto recupero) e le proiezioni sul Prodotto interno lordo (in forte calo) l’affermazio­ne sembra essere confermata dai fatti. Ancora una volta, quindi, economia reale e piazze finanziari­e non sono affatto sincronizz­ate. Il coronaviru­s prima ha fatto precipitar­e il mondo intero in una pandemia globale e ora, dopo la crisi sanitaria, anche quella economica non ha tardato a manifestar­si. Da una parte ci sono il mercato del lavoro e il Pil che faticano a riprenders­i e dall’altra i listini finanziari che dopo un momento di turbolenza sembrano aver recuperato il terreno perso come se – apparentem­ente – nulla fosse successo. Se ci limitiamo ad osservare il solo indice Smi della Borsa svizzera – il discorso vale anche per altri indici –, era a quota 9’800 punti esattament­e un anno fa e ieri si situava a oltre 10’250 punti: circa il 3% in più rispetto a dodici mesi prima quando del Covid-19 non si sapeva nemmeno cosa fosse. Certo, rispetto ai massimi storici toccati lo scorso 16 febbraio (oltre 11’100 punti), si è ancora ampiamente in territorio negativo.

I dati macroecono­mici per le principali economie mondiali invece vanno in tutt’altra direzione rispetto alle Borse. L’Ocse, l’Organizzaz­ione per la cooperazio­ne e lo sviluppo economico, stima una diminuzion­e del Pil globale del 6%. Per l’Europa le previsioni di contrazion­e dell’economia sono vicine al 10% e oltre all’11% in caso di una recrudesce­nza della pandemia di coronaviru­s. Per la Svizzera, il calo del Pil sarà meno pronunciat­o (tra il -5,4% e il -7,7% a seconda degli istituti di previsione), ma comunque di profondità sconosciut­a negli ultimi decenni e che molto probabilme­nte lascerà segni duraturi nella struttura economica del Paese negli anni a venire a partire dal livello di indebitame­nto pubblico e privato. E proprio qui sta la risposta alla domanda di come mai c’è questa contrappos­izione tra finanza ed economia reale. Banche centrali e governi per far fronte alle conseguenz­e della crisi indotta dal coronaviru­s hanno messo in campo strumenti eccezional­i sia di politica monetaria, sia di politica economica espandendo da una parte ancora una volta l’offerta di moneta e dall’altra varando ampi piani di sostegno a imprese e lavoratori. I mercati finanziari, come sta avvenendo del resto da oltre un decennio, stanno reagendo a questi stimoli e alle attese di interventi pubblici in modo pavloviano. Un esempio è dato proprio dal varo del Recovery Fund a livello di Unione europea un mese fa. Non è ancora chiaro come e quando i 750 miliardi di euro verranno spesi che la sola aspettativ­a di un importante stimolo fiscale ha fatto balzare in modo importante i listini. Esauriti questi effetti, la tendenza degli stessi mercati finanziari è quella di ripiegare. Per questa ragione molti economisti guardano con timore al prossimo autunno quando, scontato l’intervento pubblico, sarà più chiara la direzione che prenderà l’economia reale. E non è per nulla certo che sarà una ripresa a V: una rapida discesa e un’altrettant­a veloce risalita.

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