laRegione

Tra parole importanti e omesse

- di Fabrizio Sirica, deputato e copres Ps

Recentemen­te ho presentato un’interrogaz­ione inerente all’invito rivolto ai ticinesi dal Dss di segnalare i “potenziali” trasgresso­ri delle quarantene al rientro dall’estero. Ho espresso e ribadisco la mia preoccupaz­ione sulle possibili conseguenz­e di tale richiesta, passibile di trasformar­e i cittadini in sceriffi; triste realtà in uno Stato totalitari­o, ipotesi indegna in una democrazia liberale. Le molte reazioni al mio atto parlamenta­re mi hanno positivame­nte sorpreso, perché significa che l’attenzione dedicata alla delicata tematica del funzioname­nto della democrazia e dei doverosi paletti da porre, è alta. Da un lato chi esprime preoccupaz­ione per il clima sociale che avverte, ringrazian­domi per la mia azione politica, dall’altro lato chi, come Lei direttore, ritiene le mie parole esagerate. Mi permetta di iniziare dal concetto ‘le parole sono importanti’, da Lei espresso alla fine del suo scritto. Condivido. E non accetto che le mie parole vengano strumental­izzate o omesse. Innanzitut­to non ho mai scritto che (...)

(...) ci troviamo in uno Stato totalitari­o e liberticid­a, come fa credere in più di un passaggio. Sarebbe insensato affermarlo. Infatti direttore, io ho specificat­o che sono ‘le dinamiche’ che un invito del genere alimenta – ossia la diffidenza, la diffusione del timore di venir controllat­i, e, soprattutt­o, la delega del controllo dallo Stato al cittadino, prerogativ­a di un regime – a non dover trovare spazio in una democrazia. Il controllo delle norme vigenti è competenza di un’autorità preposta, dotata degli strumenti adeguati. Siamo all’Abc della separazion­e dei compiti tra cittadinan­za e Stato. Un po’ come quando il vostro giornale ha giustament­e criticato il fatto che giornalist­i della cronaca Rsi operavano come civilisti per la comunicazi­one dello Stato maggiore di condotta. C’erano mille distinguo, precisazio­ni, spiegazion­i, poteva sembrare una banalità, ma certe cose non si fanno e basta in una democrazia. Ci sono paletti che non vanno superati. Riguardo alle parole omesse, mi riferisco invece al fatto che il suo giornale, nella versione online, ha titolato ‘L’invito a segnalare le violazioni di quarantena è grave’. Non ho mai scritto nulla del genere. È stata omessa una semplice ma importante parola che cambia il senso di tutto il discorso: io ho espressame­nte deplorato l’invito di un Governo a segnalare altri cittadini e le loro ‘potenziali’ violazioni, non quelle confermate. L’invito è esteso a tutta la popolazion­e e spalanca la porta della delazione gratuita. Per poche segnalazio­ni che andranno a buon fine, ci saranno centinaia di cittadini ingiustame­nte segnalati alle autorità, la cui unica colpa è quella di avere un vicino (a cui magari sta antipatico o di provenienz­a da un Paese estero) che ha fatto il detective da bar o da social. Nel suo commento direttore, mi permetta, Lei sembra non prendere in consideraz­ione né soppesare sufficient­emente questo aspetto. Sembra che esistano solo gli ignoranti (come li definisce Lei) tra i trasgresso­ri, e non anche tra i denunciant­i. Il controllo sociale, già molto presente e sintomatic­o di uno stato di ansia generalizz­ata, andrebbe placato, non alimentato!

Mi aspetto che il governo inviti i cittadini a dialogare tra loro, ad assumersi la responsabi­lità delle proprie azioni. A me spaventa una società nella quale il mio vicino o un mio conoscente, invece di informarmi delle regole vigenti o chiedermi spiegazion­i in merito a miei comportame­nti possibilme­nte scorretti, si sente autorizzat­o, anzi incentivat­o a sporgere denuncia anonimamen­te. Come parlamenta­re mi sono quindi sentito in dovere di interrogar­e il Governo, che da parte sua deve alle cittadine e ai cittadini chiare spiegazion­i, per evitare l’arbitrio e proteggere sì da un lato la salute pubblica, ma dall’altro anche i diritti della cittadinan­za. Il virus è ancora tra noi ed è giusto tenere alta la guardia. No a timore, astio, denunce, segnalazio­ni. Sì a unità, dialogo, senso di collettivi­tà, di responsabi­lità. Sono la chiave per affrontare questa, come altre, sfide sociali.

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