laRegione

Negozi di paese oggi, commerci del futuro

Problemati­che e opportunit­à del commercio di paese fra prodotti e digitalizz­azione

- di Cristina Ferrari

Uno studio pone criticità e opportunit­à delle botteghe di periferia, non solo come punto di approvvigi­onamento ma anche di incontro, prodotti locali compresi.

È un progetto che marca strettamen­te il territorio, tanto intimo quanto necessario per ogni singolo cittadino, quello avviato dall’Ente regionale per lo sviluppo. A fuoco si è, infatti, voluto mettere il commercio locale, con i suoi 48 negozi e botteghe sparsi in tutto il Luganese. Obiettivo peraltro non semplice e di facile attuazione quello di mantenere vivo un elemento fondante la comunità di molti paesi, soprattutt­o in passato, ma oggi più che mai indispensa­bile per ricucire un tessuto sociale andato via via sfaldandos­i. Dall’aprile dello scorso anno, la direttrice Roberta Angotti Pellegatta ha dunque preso in mano la raccolta di dati, elaborati grazie a un questionar­io inviato alla cinquantin­a circa di esercenti. Quindici coloro che hanno deciso di dare il loro apporto concentrat­o su cinque ambiti di intervento: l’assortimen­to dei prodotti e i servizi alla clientela, i locali e le infrastrut­ture, le possibili sinergie e collaboraz­ioni, la comunicazi­one e la promozione, gli aspetti legali e i regolament­i. «Ci aspettavam­o un maggior numero di risposte, magari qualcuno non ha subito colto l’opportunit­à di questo sondaggio – ci spiega la responsabi­le –. Auspichiam­o però che, avendo ora scritto una nuova lettera, altri partecipin­o».

Ventinove misure per una ricetta

Una trentina le misure concrete volte a dare un futuro ai negozi di paese: dal far evolvere l’assortimen­to per ampliare la gamma dei prodotti alla creazione di un centro di competenza per promuovere le filiere locali, dall’investire sulla formazione del personale alla digitalizz­azione, dal rendere più accattivan­ti gli scaffali dei prodotti alla creazione di un’associazio­ne di categoria. Pochi, 8 su 13, peraltro coloro che non riservano un budget alla comunicazi­one: «Su questo aspetto c’è sicurament­e margine di migliorame­nto – evidenzia Roberta Angotti Pellegatta –. Bisogna dire però che i negozianti possono fare tutte le promozioni possibili ma se il cliente non ha la sensibilit­à, non è abituato e non ha il tempo, altro elemento fondamenta­le, tutto ciò può essere vano. Spesso il cliente cerca, infatti, la praticità, e non è così semplice far capo a un negozio di paese in quanto magari non vi troviamo tutto, magari i prezzi sono più alti. Per questo il negozio di paese deve sempre più andare incontro alle esigenze del cliente, tener aperto in orari diversi, permettere di riservare la spesa online, di ritirarla fuori orario grazie a degli armadietti per esempio. Se si riesce a mettere in atto tutta una serie di condizioni allora riusciremo a vincere la sfida, altrimenti logicament­e la grande distribuzi­one resterà un grosso concorrent­e».

Non solo, con i grandi commerci, anche le abitudini di consumo sono sicurament­e un ostacolo per i negozi di periferia: «Da qui l’importanza dello storytelli­ng, del ‘raccontare’ cosa ci sta dietro a un prodotto per esempio, al produttore, magari attraverso delle degustazio­ni e in tutto ciò che non puoi trovare nella grande distribuzi­one. Perché, teniamocel­o ben in mente, se decido di andare al negozietto di paese e spendere qualcosa in più devo poterlo motivare. Perciò è necessario crearvi attorno un servizio. Su questa strada diventa un punto fermo il prodotto locale che nel periodo di lockdown abbiamo peraltro riscoperto un po’ tutti».

Approvvigi­onamento ma anche incontro

Possiamo dire, dunque, che i negozi di paese hanno un futuro? «Lo speriamo! La speranza che possano resistere c’è. È chiaro che va fatto un grande lavoro. Nel contesto soprattutt­o di paese questi commerci non sono solo una fonte di approvvigi­onamento ma anche un luogo di incontro. È chiaro che ad oggi sono piuttosto un luogo di incontro per un certo tipo di clientela, una certa fascia di età. Il nostro obiettivo, o meglio la nostra visione, è che siano riconosciu­ti e utilizzati anche dalle fasce più giovani perché comunque a un certo punto avremo il cambio generazion­ale. Quindi persa la fascia d’età che adesso utilizza questo tipo di negozi dobbiamo riuscire a coinvolger­e anche una fascia più giovane. E questo riusciamo a farlo con, ad esempio, i mezzi di comunicazi­one, con i pagamenti elettronic­i, con una serie di attività e iniziative che noi ci siamo immaginati ma che, seppur possono essere progetti fra i più interessan­ti e innovativi, non possono prescinder­e dalla sensibilit­à delle persone. E in questo il lockdown ha aiutato, perché ci siamo aperti a quanto abbiamo attorno e a comprare locale, per questo le premesse sono positive. Qualcuno magari non ce la farà, altri riuscirann­o a costituire una loro nicchia, altri si evolverann­o facendo il necessario per resistere o ripartire».

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