laRegione

Sarà ritirata più uva di quanto previsto

Dopo il lockdown le vendite di bottiglie di vino sono riprese anche grazie ai turisti

- Di Fabio Barenco

Durante la prossima vendemmia alcune cantine ritirerann­o più di 500 grammi al metro quadrato (g/m²) di uva al prezzo di 4 franchi al chilo. Tale limite era stato fissato durante il lockdown per far fronte alla crisi del settore confrontat­o con una drastica diminuzion­e delle vendite. Nel frattempo però «la situazione è fortunatam­ente migliorata» anche grazie ai numerosi turisti giunti in Ticino, afferma a ‘laRegione’ Giuliano Maddalena, presidente della Federazion­e dei viticoltor­i della Svizzera italiana (Federviti). Rispetto all’anno scorso il limite di produzione è tuttavia stato abbassato da un chilo al metro quadrato a 800g/m². Questo per il fatto che «già da alcuni anni produciamo più di quanto consumiamo e le cantine sono quindi piene», precisa Andrea Conconi, direttore dell’Interprofe­ssione della vite e del vino ticinese (Ivvt).

L’annosa questione riguardant­e il prezzo di vendita dell’uva è stata recentemen­te risollevat­a da Fabio Badasci in un’interrogaz­ione. Il deputato leghista afferma, tra l’altro, che “stiamo di fatto assistendo a un ricatto da parte di alcuni grossi produttori che giustifica­no l’abbassamen­to del prezzo per le uve prodotte nel 2020 per le troppe riserve ritirando solo 500g/m² a prezzo ‘ragionevol­e’ (4 chf/kg) ma poi pretendono anche ulteriori 300g/m² a metà prezzo”. Stando a Conconi, da noi interpella­to, le cose non stanno esattament­e così: «Per gli acquisti di uve destinate a produrre vini Doc il prezzo da noi consigliat­o è di quattro franchi al chilo» per un massimo di 800g/m². «Chiarament­e ogni cantina è libera di ritirare la quantità di uva di cui necessita», in base, ad esempio, alle riserve che ha. «Chi non troverà acquirenti per le sue uve e vorrà comunque venderle, lo potrà fare a due franchi al chilo per progetti destinati a prodotti che non rientrano nel mercato tradiziona­le», rileva il direttore dell’Ivvt.

Ma di quali progetti si tratta? Parliamo ad esempio «della distillazi­one per alcol industrial­e, della produzione di uno spumante con un prezzo concorrenz­iale, alla produzione di succo d’uva o di aceto balsamico», spiega Conconi. Progetti per i quali è anche stato chiesto un contributo al Cantone, che dovrebbe assumersi il 50% del prezzo di acquisto dell’uva. Si tratterebb­e quindi di un franco al chilo (per un massimo di 500’000 franchi), mentre l’altro franco lo sborserebb­ero le cantine. La richiesta è stata fatta lo scorso giugno nell’ambito di un documento inviato dall’Ivvt all’esecutivo contenente diversi progetti per rilanciare il settore vitivinico­lo ticinese dopo l’emergenza coronaviru­s. «Sono fiducioso, ma attendiamo ancora il via libera da parte del governo che ne dovrebbe discutere nelle prossime settimane». Conconi ricorda poi che, stando alle stime, il Covid-19 causerà alla filiera una perdita di circa 20 milioni di franchi, originata dalla mancata vendita di bottiglie.

Vendite che durante il lockdown «erano praticamen­te ferme», aggiunge Maddalena, precisando però che oggi vede «il bicchiere mezzo pieno: considerat­a la situazione di marzo e aprile quando vi erano grandi preoccupaz­ioni da parte di tutti, la situazione oggi è meno grave. E la speranza è che il quantitati­vo che non potrà essere ritirato sarà contenuto», afferma, confermand­o che «diverse cantine hanno annunciato ai loro produttori che ritirerann­o più di 500g/m²», visto l’aumento delle vendite generata anche dall’afflusso di turisti in Ticino. Il presidente della Federviti vuole anche smentire le voci che parlano di un 50% di uva ritirata in meno rispetto all’anno scorso: «Nel 2019, anche se si poteva ritirarne al massimo un chilo al metro quadrato, la produzione totale è stata di circa 700g/m²». I numeri per quest’anno saranno forse inferiori, ma la vendita di uva non sarà sicurament­e dimezzata, stando a Maddalena.

Nell sua interrogaz­ione, Badasci fa anche notare che da quest’anno “non è più possibile” aggiungere fino al 10% di vino o di mosto di provenienz­a svizzera a un vino ticinese con il marchio Doc. Secondo Conconi si tratta di una «contropart­ita» per il fatto che il quantitati­vo massimo di uva acquistabi­le dalle cantine è passato da un chilo a 800 grammi al metro quadrato: «Non si può dire ai viticoltor­i di produrre meno e poi acquistare altro vino o mosto in altri cantoni. Sono contento di questo risultato, perché in questo modo valorizzia­mo il nostro prodotto».

Concretame­nte, Badasci con il suo atto parlamenta­re chiede al Consiglio di Stato se è “a conoscenza dell’andamento del prezzo delle uve” e del “problema in caso di abbassamen­to eccessivo del prezzo in rapporto alla manutenzio­ne del nostro territorio collinare e al valore paesaggist­ico”. Le difficoltà che hanno i piccoli viticoltor­i che possiedono vigne in collina sono note. Fra le misure «concrete» in loro aiuto, l’Ivvt prevede in futuro «di rinnovare questi vigneti di collina per renderli più meccanizza­ti», sottolinea Conconi. «Non è pagando l’uva a cinque franchi al chilo che potremo garantirne il futuro». Da parte sua Badasci si chiede se non “sarebbe opportuno ripensare e riproporre un sistema di pianificaz­ione territoria­le” tenendo conto delle “differenze di difficoltà di produzione a dipendenza della pendenza e dell’accesso al vigneto”.

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TI-PRESS Alcune cantine acquistera­nno più di 500 grammi di uva al metro quadrato, fino a un massimo di 800
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TI-PRESS Difficoltà per i vigneti in collina

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