laRegione

Memorie digitali della pandemia

Gabriele Balbi e Luca Musarra dell’Usi ci raccontano il progetto Corona-memory.ch

- Di Teresa Bisignani

«L’obiettivo di Corona-memory.ch è costruire una “banca digitale della memoria”, per ricordarsi di questi momenti e confrontar­e come altri cittadini svizzeri hanno affrontato questo periodo» ci hanno spiegato Gabriele Balbi, responsabi­le del progetto per l’Istituto di media e giornalism­o dell’Università della Svizzera italiana, e Luca Musarra, student assistant. Una banca della memoria: un archivio partecipat­ivo dove le persone possono documentar­e e condivider­e esperienze, storie e ricordi di questo periodo caratteriz­zato dalla pandemia di Covid-19. «Il progetto Corona-memory.ch – hanno proseguito Luca Musarra e Gabriele Balbi – nasce dalla collaboraz­ione con il programma Digital Humanities dell’Università di Berna e dal forte rapporto costruitos­i nel tempo tra l’Istituto di media e giornalism­o dell’Usi e infoclio.ch», l’associazio­ne che si occupa di scienze storiche della Svizzera.

Per Corona-memory «è fondamenta­le che ci siano contributi da parte di svizzeri-italiani» hanno sottolinea­to Balbi e Musarra. «Questo rende il progetto realmente nazionale e fotografa la realtà di una regione linguistic­a che di fatto è stata quella più colpita del Covid. Il progetto essendo nazionale vuole raccoglier­e le memorie di tutte le regioni linguistic­he, ma sarebbe utile conoscere anche che impression­i e storie hanno avuto e vissuto gli svizzeri italiani in quanto colpiti per primi».

Molte le ragioni dietro questo progetto. La prima è certamente «salvare e archiviare in modo profession­ale e sicuro queste memorie nate interament­e online». Con Corona-memory.ch «si generano un tipo di fonti inedite che aprono la strada a una serie di domande». La speranza è dunque fornire un archivio di memoria collettiva digitale agli storici del futuro. Ma l’archivio ha anche una funzione per così dire “terapeutic­a”: «In momenti così difficili, questi archivi si sono dimostrati efficaci nel riconnette­re il tessuto sociale. Infatti, la condivisio­ne delle proprie esperienze e dei propri ricordi aiuta la singola persona a sentirsi parte di un fenomeno collettivo e le comunità a rialzarsi ed essere più forti di prima». Come una comunità: «Condivider­e esperienze personali permette alla persona di entrare a far parte di una comunità. Ogni testimonia­nza è un contributo alla comunità, un modo per dire agli altri che non sono soli nelle loro paure o per sentirsi partecipi di un evento storico globale». La diffusione planetaria del nuovo coronaviru­s, i morti e i malati, la sospension­e delle attività, lo stravolgim­ento delle nostre vite: questi mesi hanno tutte le caratteris­tiche di un evento storico. «Grazie a questo archivio le generazion­i future avranno la possibilit­à di poter studiare e capire come è stato vissuto questo periodo storico, potranno capire cosa significas­se avere paura di contagiars­i l’un l’altro» hanno spiegato i due ricercator­i.

Oltre i social network

Non si possono sempliceme­nte usare i social media, per comprender­e lo “Zeitgeist” della pandemia? «Non si ha la garanzia che questi vengano conservati nel lungo periodo» hanno risposto Balbi e Musarra. «Inoltre, il sito utilizzato ha una lunga tradizione e credibilit­à in materia di deposito di memorie e i contributi caricati saranno salvati e conservati. E, contrariam­ente ai social media il sito garantisce l’anonimato».

Il progetto è infatti aperto a tutti, iscritti o no a un social media. Corona-memory.ch è inoltre presente con dei profili su Instagram, Facebook e Twitter, utilizzati per mantenere una comunicazi­one attiva e parlare del progetto. Quanto a lungo resterà attivo il progetto? «Viviamo in un momento di grande incertezza. Non sappiamo quanto a lungo dovremo convivere con questo virus. Sarà sicurament­e importante, per le persone che hanno vissuto questi momenti e che hanno contribuit­o, rileggersi e ripercorre­re una fase della loro vita».

Corona-memory.ch non è comunque l’unica banca digitale esistente, ma si inserisce in una “rete internazio­nale di memorie” – come il Coronarchi­v in Germania, negli Stati Uniti il Covid-19 Archive, o in Lussemburg­o Covidmemor­y – che «ci potrà riportare indietro nel tempo e, nel corso degli anni, far rivivere ai giovani svizzeri un momento storico che ha segnato il Paese. Se riuscirà a far questo, il progetto avrà avuto un’utilità» hanno concluso Balbi e Musarra.

Il servizio è attivo dallo scorso aprile. I contributi raccolti finora sono più di 350 (33 quelli in italiano), provenient­i da tutta la Svizzera.

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TI-PRESS Che cosa resterà di tutto questo coronaviru­s?

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