laRegione

Il Festival ‘che sa adattarsi’ è cominciato

- di Beppe Donadio

Mettiamola così: al GranRex c’è l’aria condiziona­ta e le poltrone sono morbide e silenziose. A logica, meglio dell’afa dei dopocena d’agosto e del baccano delle sedie sui ciottoli di Piazza Grande. Sono i pensieri divagatori per questo Festival ‘diversamen­te in piazza’, inaugurato ieri sera poco più in là del consueto, nell’attiguo GranRex. Una manifestaz­ione quest’anno eroica, che si apre coi grandi spazi di ‘First Cow’ di Kelly Reichardt collegata dall’Oregon, «onorata e felice che la gente sia nuovamente in sala». Detto della mascherina pardata consegnata in sala (ce n’è di più al chiuso che in città) e dei negozi che pardati non sono (si contano sulle dita di una mano), Locarno 2020 si apre su palco nero e fondale giallo come l’outfit di Lili Hinstin. L’augurio della Città dal municipale Ronnie Moretti apre alle parole di Manuele Bertoli, direttore del Decs: «Il cinema è un’arte moderna, coinvolgen­te e fragile, messa di fronte a cambiament­i che altre arti soffrono meno». La cerimonia d’apertura ha una parentesi bernese con il Consiglio degli Stati rappresent­ato, in ordine crescente di carica, da Hans Stöckli e Isabelle Moret. «Non vogliamo che il virus cancelli la nostra socialità, la democrazia e nemmeno il Festival», esordisce Stöckli. Isabelle Moret, presidente del Consiglio degli Stati, porta i saluti del Parlamento in quello che è «un giro nei cantoni colpiti dal virus, primo di tutti il Ticino». Da lei un mea culpa («Le misure prese da Berna sono state un po’ tardive») e un attestato di stima («Che coraggio unire la sala all’online»).

‘Pace, amore e libertà d’espression­e’

Il presidente del Locarno Film Festival Marco Solari raccoglie l’assist del capo del Decs: «Sappiamo della fragilità del cinema e dei festival. Ancor più oggi ci serve l’appoggio della politica, che già ci ha dimostrato fiducia». In risposta a Stöckli, che invita a non mollare, Solari garantisce che «Locarno ha la lotta nei cromosomi». In risposta a Moret: «Il digitale è importante, ma lo è anche sorridersi, guardarsi negli occhi, muscoli scomparsi dietro la maschera, purtroppo necessaria. Ma abbiamo pensato sempre alla gente, e lo facciamo anche questa volta». Il suo «dichiaro aperta questa 73esima edizione» precede l’intervento di Lili Hinstin: «La capacità di adattarsi è la qualità dell’essere umano», con riferiment­o alla manifestaz­ione. Confessa: «Da settimane mi chiedono come vedo il futuro e non lo so, faccio un altro lavoro. So solo che quando oggi sono entrata in questa sala mi sono detta che in casa non possiamo riprodurre un luogo così. Solo coloro che vanno al cinema e lo amano lo possono capire. Spero siano quelli che prenderann­o le decisioni che riguardano il suo futuro». Hinstin affida a Kelly Reichardt le ultime parole, e quelle della regista statuniten­se sono parole pesanti: «Mi sento triste e imbarazzat­a per la mia nazione. Confido in concetti basilari come pace, amore e libertà di espression­e».

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