‘Non toglieteci i treni Intercity’ (e le fermate)
Il Consiglio comunale lancia un ‘segnale forte’
Il Consiglio comunale di Mendrisio ha mandato un segnale forte e chiaro alle Ffs, ma pure a Cantone e Confederazione. La Città (e con lei il Distretto) non rinuncerà ad avere dei collegamenti diretti con il resto della Svizzera. Tant’è che lo ha messo per iscritto in una risoluzione condivisa, ieri sera, da tutte le forze politiche. Il richiamo a essere uniti lanciato dai banchi di Lega-Udc-Ind. dal consigliere Massimiliano Robbiani ha fatto breccia, al di là delle sfumature partitiche. Un atto dovuto, si è fatto capire, anche nei confronti della popolazione che nei prossimi due anni, seppur per ragioni tecniche, si vedrà privata da alcuni dei treni a lunga percorrenza. Una mossa fatta sua anche dal Municipio guidato da Samuele Cavadini. Da evitare, ha richiamato a sua volta, c’è il rischio di essere tagliati fuori da una mobilità a lunga distanza. Non a caso negli ultimi mesi il Mendrisiotto ha fatto sentire il suo disagio in più modi, riuscendo a ottenere udienza presso il Consiglio di Stato e le stesse Ferrovie.
Non si può nascondere che la proposta firmata Lega-Udc non abbia raccolto un seguito entusiasta da parte di tutti nell’aula consiliare. Tanto dalla Sinistra che dai Verdi, infatti, si è fatto capire che si sarebbe firmata la risoluzione (come poi si è fatto) ma senza una grande convinzione. I motivi? Il lessico chiaro delle Ffs e lo scarso margine di manovra, ha spiegato Grazia Bianchi (IaS). I toni da braccio di ferro, ha rilanciato Claudia Crivelli Barella (I Verdi). Da parte loro liberali radicali (per voce di Filippo Pfister) e popolari democratici hanno dato subito il loro appoggio. Con una avvertenza, ha tenuto a sottolineare Gianluca Padlina (Ppd): «Il dito va puntato verso le autorità politiche cantonali». Il nodo? «Le scelte pianificatorie che poi portano conseguenze concrete, come nel caso dei treni Intercity, che ci passeranno sotto il naso senza fermarsi». Almeno fino al 2023. Oggi, comunque, ha richiamato il municipale Daniele Caverzasio, promotore quale primo cittadino del Cantone dell’incontro con le Ffs, il punto è «fare squadra senza casacche partitiche e per l’intero Mendrisiotto, una regione colpita dal problema del traffico».
Un pozzo darà da bere alla Città Sull’importanza, ma soprattutto sull’utilità e l’urgenza, di costruire un nuovo pozzo ai Prati Maggi, a Rancate, da subito tutti (o quasi) fra i banchi consiliari si sono dimostrati concordi. Certo l’investimento votato – con 40 favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti – è di quelli di peso: 4 milioni e mezzo che valgono, però, una garanzia sulla capacità della Città di assicurare un approvvigionamento idrico sufficiente e di qualità. Una garanzia alla quale la maggioranza non ha voluto rinunciare, nonostante il gruppo Lega-Udc-Ind. abbia cercato di rinviare il dossier alle Commissioni per motivi di concorsi e mandati. Proposta bocciata a giro di posta. D’altro canto, questa opera avvicina il capoluogo all’Acquedotto regionale (Arm) e alla captazione a lago. Un obiettivo che taluni auspicano sempre più vicino – come ricordato da Nicola Rezzonico (Plr) – e altri vorrebbero, per contro, allontanare, come i Verdi. Il nodo, del resto, è di quelli cruciali. La fragilità del sistema idrico del Distretto è venuta a galla, in effetti, in tutta la sua evidenza negli ultimi mesi con la scoperta della presenza di sostanze chimiche come il clorotalonil o lo Pfos in alcuni dei pozzi. Situazione che, pur non avendo compromesso, ad oggi, la potabilità, tiene sul chi va là le Aziende comunali. Con il nuovo pozzo si scenderà a una profondità di 130 metri, riuscendo a pompare fino a 60 litri al secondo. Oggi, ha ribadito Manuel Aostalli, capodicastero Aziende, «i due pozzi di San Martino sono ormai allo stremo delle forze e destinati a essere dismessi come fonte di acqua potabile». Di fatto, come annotato da Gianluca Padlina, (Ppd), questa operazione «risolve la problematica dell’approvvigionamento idrico nel futuro». Con la prospettiva che l’Arm saprà, come fatto memoria da Massimo Cerutti (Plr), rispondere a bisogni anche di 37mila metri cubi al giorno in sicurezza. Numeri che convincono assai meno di quell del pozzo in casa dei Verdi. Del resto, il gruppo si è sempre opposto alla captazione a lago, come confermato da Andrea Stephani. Il quale ha rilanciato la richiesta di riconsiderare la scelta – «per noi la più scriteriata» – di «dismettere pozzi e sorgenti oggi funzionanti e che potranno ancora esserci d’aiuto».