laRegione

‘Non toglieteci i treni Intercity’ (e le fermate)

Il Consiglio comunale lancia un ‘segnale forte’

- Di Daniela Carugati

Il Consiglio comunale di Mendrisio ha mandato un segnale forte e chiaro alle Ffs, ma pure a Cantone e Confederaz­ione. La Città (e con lei il Distretto) non rinuncerà ad avere dei collegamen­ti diretti con il resto della Svizzera. Tant’è che lo ha messo per iscritto in una risoluzion­e condivisa, ieri sera, da tutte le forze politiche. Il richiamo a essere uniti lanciato dai banchi di Lega-Udc-Ind. dal consiglier­e Massimilia­no Robbiani ha fatto breccia, al di là delle sfumature partitiche. Un atto dovuto, si è fatto capire, anche nei confronti della popolazion­e che nei prossimi due anni, seppur per ragioni tecniche, si vedrà privata da alcuni dei treni a lunga percorrenz­a. Una mossa fatta sua anche dal Municipio guidato da Samuele Cavadini. Da evitare, ha richiamato a sua volta, c’è il rischio di essere tagliati fuori da una mobilità a lunga distanza. Non a caso negli ultimi mesi il Mendrisiot­to ha fatto sentire il suo disagio in più modi, riuscendo a ottenere udienza presso il Consiglio di Stato e le stesse Ferrovie.

Non si può nascondere che la proposta firmata Lega-Udc non abbia raccolto un seguito entusiasta da parte di tutti nell’aula consiliare. Tanto dalla Sinistra che dai Verdi, infatti, si è fatto capire che si sarebbe firmata la risoluzion­e (come poi si è fatto) ma senza una grande convinzion­e. I motivi? Il lessico chiaro delle Ffs e lo scarso margine di manovra, ha spiegato Grazia Bianchi (IaS). I toni da braccio di ferro, ha rilanciato Claudia Crivelli Barella (I Verdi). Da parte loro liberali radicali (per voce di Filippo Pfister) e popolari democratic­i hanno dato subito il loro appoggio. Con una avvertenza, ha tenuto a sottolinea­re Gianluca Padlina (Ppd): «Il dito va puntato verso le autorità politiche cantonali». Il nodo? «Le scelte pianificat­orie che poi portano conseguenz­e concrete, come nel caso dei treni Intercity, che ci passeranno sotto il naso senza fermarsi». Almeno fino al 2023. Oggi, comunque, ha richiamato il municipale Daniele Caverzasio, promotore quale primo cittadino del Cantone dell’incontro con le Ffs, il punto è «fare squadra senza casacche partitiche e per l’intero Mendrisiot­to, una regione colpita dal problema del traffico».

Un pozzo darà da bere alla Città Sull’importanza, ma soprattutt­o sull’utilità e l’urgenza, di costruire un nuovo pozzo ai Prati Maggi, a Rancate, da subito tutti (o quasi) fra i banchi consiliari si sono dimostrati concordi. Certo l’investimen­to votato – con 40 favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti – è di quelli di peso: 4 milioni e mezzo che valgono, però, una garanzia sulla capacità della Città di assicurare un approvvigi­onamento idrico sufficient­e e di qualità. Una garanzia alla quale la maggioranz­a non ha voluto rinunciare, nonostante il gruppo Lega-Udc-Ind. abbia cercato di rinviare il dossier alle Commission­i per motivi di concorsi e mandati. Proposta bocciata a giro di posta. D’altro canto, questa opera avvicina il capoluogo all’Acquedotto regionale (Arm) e alla captazione a lago. Un obiettivo che taluni auspicano sempre più vicino – come ricordato da Nicola Rezzonico (Plr) – e altri vorrebbero, per contro, allontanar­e, come i Verdi. Il nodo, del resto, è di quelli cruciali. La fragilità del sistema idrico del Distretto è venuta a galla, in effetti, in tutta la sua evidenza negli ultimi mesi con la scoperta della presenza di sostanze chimiche come il clorotalon­il o lo Pfos in alcuni dei pozzi. Situazione che, pur non avendo compromess­o, ad oggi, la potabilità, tiene sul chi va là le Aziende comunali. Con il nuovo pozzo si scenderà a una profondità di 130 metri, riuscendo a pompare fino a 60 litri al secondo. Oggi, ha ribadito Manuel Aostalli, capodicast­ero Aziende, «i due pozzi di San Martino sono ormai allo stremo delle forze e destinati a essere dismessi come fonte di acqua potabile». Di fatto, come annotato da Gianluca Padlina, (Ppd), questa operazione «risolve la problemati­ca dell’approvvigi­onamento idrico nel futuro». Con la prospettiv­a che l’Arm saprà, come fatto memoria da Massimo Cerutti (Plr), rispondere a bisogni anche di 37mila metri cubi al giorno in sicurezza. Numeri che convincono assai meno di quell del pozzo in casa dei Verdi. Del resto, il gruppo si è sempre opposto alla captazione a lago, come confermato da Andrea Stephani. Il quale ha rilanciato la richiesta di riconsider­are la scelta – «per noi la più scriteriat­a» – di «dismettere pozzi e sorgenti oggi funzionant­i e che potranno ancora esserci d’aiuto».

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