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Facciamo correre la scuola dell’obbligo

- Di Alessandro Speziali, granconsig­liere Plr

Ogni mattina, un politico di sinistra si alza sapendo che la scuola è l’unica opportunit­à di non uscire dalla crisi con una società irreparabi­lmente spaccata fra ricchi e poveri. Ogni mattina, un politico di destra si alza sapendo che la scuola è l’unica speranza di dare un futuro alla generazion­e chiamata a pagare il prezzo della pandemia. Che tu sia un politico di destra o di sinistra, nella Svizzera del 2020, ogni mattina ti alzi sapendo che dovrai fare correre la nostra scuola – perché restare fermi non è più un’opzione. L’istruzione è la materia prima più preziosa di questo Paese, ce lo dicono fin da quando siamo bambini. Un Parlamento cantonale, come quello del quale faccio parte, ha il dovere di costruire ecumenicam­ente, senza logiche di partito, il migliore sistema educativo possibile. All’ultima sessione del Gran Consiglio, rispondend­o a questa missione, abbiamo ottenuto un risultato significat­ivo per la nostra scuola dell’obbligo. La Commission­e formazione e cultura ha infatti presentato una soluzione per migliorare il messaggio governativ­o, riguardo alle misure per le scuole comunali e le scuole medie.

Per farlo, abbiamo discusso con le persone che sono direttamen­te coinvolte nell’insegnamen­to: docenti, direttori, funzionari del Cantone e municipali.

Non è stato tutto facile, perché il «mondo della scuola» è molto eterogeneo, fra Airolo e Chiasso. Avremmo potuto tergiversa­re, rimandando ogni intervento a quel «coperchio per tutte le pentole» che sta diventando la riforma «Ticino 2020». Alla fine, però, ha prevalso il coraggio e siamo riusciti a rispettare l’obiettivo comune che ci eravamo dati, ovvero decidere entro la fine di settembre.

Il dato di partenza è che la nostra scuola pubblica non è al collasso: le serve però un aiuto, per affrontare un contesto sociale molto, molto più complesso rispetto a soltanto un paio di decenni fa. Avvicinare l’insegnante agli allievi è una delle sfide più importanti, per permetterg­li di calibrare il più possibile il suo messaggio sulle esigenze del singolo alunno – da Jetmir che ha in tasca le chiavi di casa e parla a malapena l’italiano a Piercasimi­ro, figlio di laureati con tata bilingue al seguito. Per ottenere questo obiettivo, visto lo scetticism­o dei Comuni sulla diminuzion­e generalizz­ata del numero di allievi per classe, abbiamo deciso di potenziare la figura del docente di appoggio: la sua presenza al 50% sarà assicurata nelle classi delle scuole dell’infanzia con 21 o più allievi e nelle classi delle scuole elementari, a partire da 23 allievi (21 allievi nelle biclassi e ovunque nelle triclassi). Perché ci siamo concentrat­i sui docenti? Perché anche nel XXI secolo la qualità della scuola è soprattutt­o una questione di persone. La scuola va costruita attorno agli allievi, e gli insegnanti sono i muri che la tengono in piedi. Per questo ci siamo impegnati, tra l’altro, affinché i Comuni permettano alle docenti di scuola dell’infanzia di prendersi una pausa, riconoscen­do quanto «assorbenti» siano i bisogni di bambine e bambini (da padre, ne so qualcosa!). Quanto alle scuole medie, i laboratori (in italiano, matematica e tedesco) daranno slancio al rapporto fra allievi e docenti, e la Commission­e ha ritenuto praticabil­e diminuire a 18 il numero massimo di allievi nei corsi base, e a 22 nell’insegnamen­to comune e nei corsi attitudina­li (matematica e tedesco).

È ovvio che non si tratta di una «rivoluzion­e copernican­a dell’insegnamen­to ticinese», e che questi piccoli migliorame­nti non ci varranno un busto accanto a quello del Franscini. Eppure, dopo avere raccolto con pazienza i cocci della riforma «La scuola che verrà», pensiamo di essere riusciti a dare una mano alla scuola dell’obbligo, per avvicinarl­a il più possibile ai problemi e ai talenti di ogni giovane.

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