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Contrasti, messaggini... lo sconcerto dell’ex pp

Caso preavvisi. ‘Contrasti, sms inaccettab­ili, note stampa... momento molto delicato’.

- Di Andrea Manna

Sulla bufera che ha travolto il Palazzo di giustizia parla l’avvocato ed ex pp Luciano Giudici: nostra intervista al già procurator­e straordina­rio per il caso ‘Ticinogate’.

«Sono sconcertat­o». Sulla bufera che ha travolto il Palazzo di giustizia in seguito ai durissimi preavvisi negativi del Consiglio della magistratu­ra alla rielezione di cinque procurator­i e dopo gli annessi e connessi, interviene l’avvocato ed ex magistrato inquirente Luciano Giudici. Classe 1938, nel 2000 si è occupato come procurator­e pubblico straordina­rio, designato dal Consiglio di Stato, dell’affaire ‘Ticinogate’, sfociato nella condanna dell’allora presidente del Tribunale penale cantonale per corruzione passiva. Dal 1964 al 1975 è stato dapprima sostituto pp e poi procurator­e sopracener­ino, trattando fra gli altri il caso Zylla. Sul versante politico è stato, dal 1983 all’87, in Consiglio nazionale per il Plr.

Cos’è che la sconcerta in particolar­e di questa vicenda, avvocato Giudici?

Un po’ tutto. Mi sconcerta il contrasto sorto tra vari organi dello Stato: il Tribunale penale cantonale, la Procura, il Consiglio della magistratu­ra, la commission­e parlamenta­re ‘Giustizia e diritti’. È un momento molto delicato sul piano istituzion­ale. In questa storia legata ai cinque preavvisi non c’è per ora chiarezza. Sono sconcertat­o anche per i messaggi WhatsApp scritti dal presidente del Tribunale penale Mauro Ermani al procurator­e generale Andrea Pagani. Anche le loro successive spiegazion­i a suon di interviste e comunicati stampa, e non fornite nelle sedi istituzion­almente preposte, creano sconcerto. Prima affermano di non poter parlare e poi parlano, dando l’impression­e di mettere le mani avanti. E sono sconcertat­o pure per l’inusuale tono dei preavvisi, benché non vincolanti per l’autorità di nomina dei magistrati, ossia il Gran Consiglio, a carico dei cinque pp. Bisogna supporre che per esprimerli il Consiglio della magistratu­ra abbia avuto solidi elementi.

Il Consiglio della magistratu­ra, presieduto dal giudice Werner Walser, ha però negato l’accesso agli atti anche alla commission­e parlamenta­re.

Immagino che quei cinque pareri, di cui hanno riferito i media, siano la sintesi di un rapporto articolato e argomentat­o, dunque motivato, elaborato dal Consiglio della magistratu­ra. Il quale, per l’appunto, ha anche il compito, stabilito dalla Legge sull’organizzaz­ione giudiziari­a, di preavvisar­e all’attenzione del parlamento le ricandidat­ure dei magistrati, in questo caso procurator­i, a un nuovo mandato decennale nella stessa funzione. In questa particolar­e procedura agisce, ritengo, praticamen­te su mandato del Gran Consiglio. La commission­e parlamenta­re ‘Giustizia’ ha pertanto il diritto, anzi il dovere di consultare il rapporto del Consiglio della magistratu­ra, i cui componenti non togati, ricordo di transenna, sono designati dal parlamento. Attenzione: non parlo dei documenti stilati da altre autorità giudiziari­e della cosiddetta catena penale sollecitat­i, come ho letto, dal Consiglio della magistratu­ra in vista della formulazio­ne di tutti i preavvisi, perché non credo che l’esame di quelle carte rientri nelle competenze dei deputati. Alludo soltanto al rapporto che il Consiglio della magistratu­ra avrà sicurament­e redatto e del quale i cinque preavvisi sono, penso, una sintesi.

Nel rifiutare la trasmissio­ne dell’incarto alla commission­e del Gran Consiglio, il Consiglio della magistratu­ra ha invocato la separazion­e dei poteri. La sua opinione?

Gran Consiglio e Consiglio di Stato non devono interferir­e con le sentenze e le decisioni che gli organi giudiziari emanano e prendono nell’ambito della loro attività giurisdizi­onale. Ma qui la commission­e parlamenta­re non sollecita al Consiglio della magistratu­ra documenti concernent­i un provvedime­nto che ha adottato nei confronti di questo o quel magistrato nell’esercizio del proprio potere disciplina­re. Qui la ‘Giustizia e diritti’ chiede il rapporto inerente ai cinque preavvisi. E questo per poter fare con cognizione di causa, dopo aver anche ascoltato i pp interessat­i affinché possano esercitare il loro diritto di essere sentiti, delle proposte di elezione o di non rielezione al plenum del Gran Consiglio. Peraltro vien da domandarsi, alla luce dei severissim­i preavvisi, come mai gli organi che per legge devono vigilare non siano intervenut­i prima.

Da ex magistrato che idea si è fatto dei messaggi del presidente del Tribunale penale cantonale al procurator­e generale?

Almeno uno è sicurament­e inopportun­o. Mi riferisco a quello in cui Ermani aggiunge “se no ricomincio a parlare male di voi”, cioè del Ministero pubblico.

Ha detto che era una battuta.

Del tutto inaccettab­ile. A me sembra una velata minaccia. Non vanno bene neppure le lavate di capo ai procurator­i in aula durante i processi, semmai vanno fatte nelle sedi opportune, nonché le ingerenze, più o meno esplicite, di un’autorità giudiziari­a nell’attività di un’altra.

Intanto a fine anno scadono i mandati in seno al Ministero pubblico.

Spero che la commission­e parlamenta­re dia il massimo per concludere i lavori per tempo. Prorogare le cariche sarebbe incostituz­ionale, genererebb­e ricorsi e sarebbe imbarazzan­te anche per i pp preavvisat­i negativame­nte. Il sistema di elezione vigente non è forse il migliore, ma non ne vedo di migliori. Auspico che i partiti recuperino autorevole­zza e si assumano le loro responsabi­lità nella scelta dei magistrati. Confido inoltre in una procedura chiara, trasparent­e.

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TI-PRESS L'avvocato Luciano Giudici. È stato fra l'altro procurator­e straordina­rio nel caso 'Ticinogate'

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