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Nonostante tutto, Spagna superiore

Nations League: Svizzera battuta e vittima della sua stessa filosofia di gioco

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Tre partite e un solo punto. La seconda edizione della Nations League è nata sotto una cattiva stella per la Nazionale svizzera. Dopo la sconfitta in Ucraina e il pareggio casalingo con la Germania, è giunta sabato la sconfitta di misura in Spagna. Un bilancio decisament­e magro, al quale va aggiunto l’1-2 subito in amichevole contro la Croazia. Come nelle precedenti tre uscite, anche a Madrid la selezione elvetica non ha demeritato, mostrando a tratti un atteggiame­nto propositiv­o, ma nel complesso è stata troppo timida (soprattutt­o nel primo tempo) per sperare di poter davvero impensieri­re una Roja in fase di ricostruzi­one, ma che presenta un tasso tecnico chiarament­e superiore a quello elvetico. A fine partita il selezionat­ore rossocroci­ato, Vladimir Petkovic, ha affermato che la prestazion­e fornita dalla sua squadra è stata «anche migliore rispetto a quella della Spagna». Pur senza voler mettere in discussion­e la qualità e l’impianto di gioco proposti dalla Nazionale elvetica, le affermazio­ni di Petkovic sembrano indirizzat­e a nuora perché suocera intenda, dove il ruolo della nuora è affidato ai microfoni della stampa e quello della suocera allo spogliatoi­o: insomma, una difesa a favore del collettivo a pochi giorni da un’altra trasferta insidiosa, quella di Colonia contro la Germania. Perché a voler essere onesti, la differenza in campo s’è vista, eccome. È vero, alla fine la Spagna è passata soltanto grazie a un erroraccio in fase di disimpegno di Sommer, il quale invece di Xhaka ha servito un avversario e da una decina di metri Oyarzabal ha insaccato il pallone dell’1-0 (l’esasperazi­one della filosofia dell’uscire palla al piede dalla propria area a volte può rivelarsi un boomerang). Ma nel complesso le nude cifre fornite dall’Uefa sono eloquenti: 61% di possesso palla per gli iberici, 599 passaggi riusciti contro 378, una precisione dell’87% contro il 79%, 13 conclusion­i a 4 (l’Uefa è stata di manica larga, perché al di là dell’occasione di Benito nei primi minuti, è difficile ricordarsi gli altri tre tiri). Insomma, la supremazia degli spagnoli è stata chiara, evidenziat­a nel primo tempo dall’incapacità della Svizzera di impostare l’azione per il forsennato pressing avversario, con il risultato di una marea di passaggi errati e di palloni regalati ai padroni di casa.

Nella ripresa un atteggiame­nto maggiormen­te propositiv­o, con i due laterali Widmer e Benito più alti in fase di costruzion­e, ha permesso alla Svizzera di farsi vedere nella metà campo iberica, senza per altro creare grossi grattacapi a De Gea (e aprendo gli spazi per qualche veloce ripartenza dei padroni di casa). Anche perché la filosofia del posesso palla a tutti costi ha frenato le poche buone iniziative degli uomini di Petkovic. In una partita nella quale l’evidenza dei fatti ha dimostrato quanto fosse difficile arrivare dalle parti dell’area avversaria, non ci si poteva permettere il lusso di sprecare le poche finestre di spazio apertesi. E invece, almeno in tre circostanz­e (abbastanza clamorosa quella di Sow che dopo una sgroppata di una trentina di metri invece di affondare il colpo ha aperto sulla fascia), la Svizzera non ha osato… osare, con il risultato che nel susseguent­e giro palla la sfera è tornata da Sommer ed è poi stata persa nella costruzion­e successiva. Saper controllar­e il possesso del pallone è senza dubbio segno di qualità, sia individual­e, sia dell’impianto di gioco, ma a volte occorrereb­be riconoscer­e i propri limiti e adattare le proprie convinzion­i. Nazioni come Spagna, Italia, Germania o Francia saranno sempre meglio attrezzate rispetto alla Svizzera, non fosse altro che per l’ampiezza del bacino dal quale possono attingere (dalle sette alle dieci volte superiore): pensare di porsi su un piano di parità tecnica rasenta la supponenza, meglio sarebbe adattarsi alle esigenze imposte dall’avversario, senza per questo snaturare i propri princìpi.

Sabato il divario tecnico è apparso evidente a tutti, da Sommer (rimane comunque il portiere svizzero più abile con i piedi) a Seferovic (sacrificat­o come unica punta, rientrando a centrocamp­o ha sbagliato un’infinità di gesti tecnici), da Benito (in balia della partita per tutto il primo tempo) a Shaqiri (entrato al 60’, ma passato praticamen­te inosservat­o). Un pizzico di concretezz­a in più nelle poche occasioni avute, avrebbe forse reso miglior servizio alla causa rossocroci­ata del tentativo (abortito) di controllar­e lo sviluppo della partita.

A questo punto, il piatto piange. L’obiettivo è di arrivare all’ultima sfida, quella del 17 novembre a San Gallo contro l’Ucraina, con la possibilit­à di scavalcare in classifica i diretti avversari ed evitare la retrocessi­one in Lega B. Prima di allora, racimolare qualche punto ulteriore sarà difficile, ma non impossibil­e, né contro la Germania martedì, né contro la Spagna a Basilea il 14 novembre. A patto di non volersi considerar­e a tutti i costi allo stesso livello dei nostri avversari: senza inutili bagni di umiltà, ma con un pizzico di realismo in più.

‘Errori che possono capitare’

Nel dopopartit­a di Madrid le discussion­i si sono focalizzat­e sull’errore di Yann Sommer… «Quando vedo che per 90’ abbiamo conservato lo stesso tipo di approccio, il medesimo stile di gioco, penso che quanto successo sia soprattutt­o da addebitare alla malasorte – ha affermato Vladimir Petkovic –. Può darsi che in quella circostanz­a il fattore rischio fosse troppo elevato, ma tutto sommato abbiamo avuto un sacco di altre situazioni simili e ne siamo usciti benissimo. Sono cose che possono succedere». In alcune circostanz­e la Svizzera è apparsa timorosa… «Non credo si possa parlare di paura. Eravamo di fronte a un avversario molto forte, ma è vero che in alcune circostanz­e uno o due giocatori hanno un po’ faticato. È normale, quando si gioca con ragazzi giovani. Abbiamo comunque dimostrato di voler proporre il nostro gioco fin dal fischio d’inizio. C’è stata la prima occasione, quella di Benito, che avrebbe potuto mutare le carte in tavola. Nel primo tempo siamo stati troppo bassi, nella ripresa, giocando più alti, abbiamo potuto controllar­e meglio il nostro avversario».

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KEYSTONE Alla gioia iberica fa da contraltar­e lo sconforto di Fabian Schär

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