laRegione

Fabrizio sul palco featuring il Cisa

Musica e parole due volte live nel VIVA#DE ANDRÉ benedetto a Locarno da Dori Ghezzi

- Di Beppe Donadio

Simbologie e parallelis­mi. Una sedia e una chitarra occupano l’angolo destro del palco, come se il cantautore fosse lì per tutto il concerto. Il cantautore è anche alle spalle di tutti, nella foto del 1960 al Teatro Duse di Genova che ritrae il Modern Jazz Group nel quale suonò, lo dice il nome, del buon jazz. La disposizio­ne sul palco di Locarno è speculare a quella in fotografia. In meno c’è Luigi Tenco al sax alto, uno che arrivava suonava e se ne andava senza provare. Al suo posto c’è Luigi Viva, biografo di Fabrizio De André, che da ‘Valzer per un amore’ in poi snocciola fatti e aneddoti dalle due biografie ‘Falegname di parole’ e ‘Non per un dio ma nemmeno per gioco’. Snocciola con una premessa: «Dubitate di chi vi parla di Fabrizio De André. Dubitate anche di me. Solo lui sa davvero come sono andate le cose».

‘Più che farne una copia’

Anche VIVA#DE ANDRÉ, andato in scena venerdì scorso a Locarno, era tra le cose portate via in primavera dalla pandemia. Solo a giugno i vertici di JazzAscona hanno potuto dare seguito all’intento di portare la musica di Fabrizio De André dentro JazzAscona, incontrand­o Dori Ghezzi alla Fondazione e sentendosi proporre un progetto, musicalmen­te parlando, strumental­e. «Ciao, benvenuti. Siamo numerosi, malgrado quello che ci succede. Non si può fare niente in Italia che ce lo copiano sempre», dice Dori Ghezzi sul palco del PalaCinema poco prima dell’inizio. «Questa è una versione di Fabrizio non scontata. D’altra parte, più che farne una copia, è bello ricordarlo così, in altre vesti e con altri suoni».

La vedova De André ricorda la passione di Fabrizio per il jazz e per quel ‘Jimmy Giuffre 3’, album del clarinetti­sta e sassofonis­ta americano in trio con Ralph Peña (contrabbas­so) e Jim Hall, il chitarrist­a jazz preferito di Fabrizio dentro il suo album preferito (e a metà concerto, in trio, il ‘New’ Modern Jazz Group diretto da Luigi Masciari eseguirà, di quell’album, ‘Crowded suite’).

‘Ognuno ha la sua croce’

Ci vogliono la sopraccita­ta ‘Valzer per un amore’ e ‘La guerra di Piero’ per scaldare la band e ci vogliono un altro paio di brani in più perché chi di dovere moderi l’eccessiva presenza di una chitarra con volumi non esattament­e jazz. Ma quando tutto si livella, ecco finalmente il pianoforte di Giampiero Locatelli a introdurre jarrettian­amente ‘La città vecchia’, ecco tutti gli altri in un emozionant­e arrangiame­nto di ‘Crêuza de mä’, l’etnocapola­voro tanto amato da David Byrne. In mezzo alla musica, dove si fa notare un ‘Pescatore’ alla Weather Report (o alla Joe Zawinul, per dirla col musicista tanto amato da De André), Luigi Viva dosa inserti audio privatissi­mi – sono i nastri delle conversazi­oni sbobinati nelle biografie – in cui il cantautore parla indifferen­temente dell’ispirazion­e per il coro della ‘Buona novella’, degli spunti dialettali confluiti in ‘Mégu megún’ su ‘Le nuvole’, dell’aver scampato una carriera da “avvocatuco­lo” grazie a ‘La canzone di Marinella’, perché “ognuno ha la sua croce, ma se – quella canzone – non fosse stata anche la croce di Mina, io non farei questo mestiere”, dice il suo autore introducen­dola durante il tour del ’97. Marinella che arriva di lì a poco, affidata al sax di Francesco Bearzatti. Le uniche due canzoni cantate hanno la voce bella e ipnotica di Oona Rea, figlia del jazz (il padre si chiama Danilo), scura per scelta stilistica in ‘Nella mia ora di libertà’ da ‘Storia di un impiegato’, scura anche in ‘Anime salve’, sulla quale il bravo Pietro Iodice alla batteria ci dà più che nella precedente e nessuno ha l’accortezza di dare alla giovane Oona un volume adeguato, nascondend­ocela, ahinoi, tra gli strumenti.

Occhio alle corde

VIVA#DE ANDRÉ è spettacolo che andrebbe rodato affinché le oltre due ore di proposta scorrano più rapidament­e. Ma nulla si può imputare alla musica che torna sui palchi così a fatica e con la spada di Damocle della tanto temuta Fase 2 nella quale proprio da venerdì sembra di stare. Dunque, l’averne potuto fruire è già di per sé una conquista.

Bello, decisivo e impegnativ­o l’apporto degli studenti del Cisa (Conservato­rio Internazio­nale di Scienze Audiovisiv­e) a rimbalzare quanto accaduto sul palco dritto nell’enorme schermo alle spalle dei musicisti, con inquadratu­re live di gran gusto che catturano l’attenzione. A questo proposito, in quanto catturati dalle dimensioni cinematogr­afiche, un solo, piccolo appunto. Quello della musica è un linguaggio a sé che ha un paio di regole di fondo: una è quella di seguire/inseguire l’assolo fino al suo completame­nto; quella più importante, e non vale solo nel jazz, è che servono occhi e orecchie per capire se l’assolo lo sta eseguendo la chitarra – Masciari, nascosto tra i leggii – o il basso (il bravo Francesco Poeti), così da inquadrare la persona giusta.

Ma “il ragazzo si farà”. La frase non è di De André ma il concetto è quello. E quindi viva il Cisa, VIVA#DE ANDRÉ.

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TI-PRESS 'Bello ricordarlo così, in altre vesti e con altri suoni'
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TI-PRESS New Modern Jazz Group (dir. Luigi Masciari)

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