Plr: la casa dei laici
Un liberale radicale, reagendo al mio discorso di presentazione, al comitato cantonale dello scorso 15 ottobre, mi ha scritto “Ma come?! Vi sono anche liberali credenti!”. Con la mia battuta “i miracoli non sono possibili, meno che meno in casa di non credenti” non volevo certo affermare che nessun liberale è credente, bensì esprimere il concetto che il Plr è la “casa dei laici”. Nessuna ottocentesca contrapposizione tra conservatori e liberali, nessun pregiudizio da “mangiaprete”. Quello che volevo dire lo ripeto qui con convinzione: il nostro partito non è di ispirazione cattolica e al centro del liberalismo vi è l’essere umano in quanto tale e la sua libertà. Ringrazio in ogni caso il mio interlocutore perché mi fornisce l’occasione per parlare di un tema molto importante, quello del rapporto tra fede e politica, appunto. Mi pare anzitutto ovvio – quanto giusto – ribadire il principio della laicità dello Stato e, per i liberali, anche della laicità della politica. Un suo corollario resta tutt’oggi anche il famoso “libera Chiesa in libero Stato”. Il liberalismo non si riferisce infatti ad un Dio, a dogmi, a verità ultime di fede; la cultura liberale rispetta ogni credo religioso ma su nessuno fonda la sua azione. La sua “fede” sono la ragione, la libertà e le leggi. Respinge confessionalismi, clericalismi e oscurantismi di qualunque tipo. In questo ordine di idee, oggi più di ieri, occorre difendere la laicità dello Stato, ad esempio di fronte alla sfida degli integralismi presenti nel mondo islamico e, di riflesso, anche in occidente. O, ancora, alla luce del peso crescente della religione stessa, persino nella vita politica di molti grandi paesi democratici (pensiamo agli Usa o al Brasile). Tutto ciò ci fa capire che la religione non è un fatto solo privato, anzi. Nel mio libro sul liberalismo ho già ricordato che in alcuni luoghi la tentazione di imporre una morale cristiana è ancora molto forte. Un esempio su tutti: nel 2019, nello Stato Usa dell’Alabama, su spinta degli estremisti cristiani, è stata varata una legge che nega l’aborto anche in caso di stupro o incesto. Questa evoluzione dogmatica (o, meglio, involuzione) dev’essere denunciata e combattuta da chi – al di là del credo religioso – è di orientamento liberale. In definitiva, ritengo che le tesi di chi crede debbano essere non solo rispettate, ci mancherebbe, ma anche considerate come culturalmente e socialmente importanti. Ciò detto, nessuna pretesa religiosa può porsi per me al di fuori dal quadro disegnato dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi. Così mi sono già espressa in Parlamento, ad esempio in occasione del voto sulla mozione denominata “Giornata per la vita”, nata dopo un precedente atto parlamentare che chiedeva di istituire in Ticino una giornata senza aborti, proprio in nome di Dio e in barba ad una libertà sancita dalla legge. Alla fine il Gran Consiglio, a maggioranza, ha accolto l’atto, non senza delusione di chi scrive e di molti altri. Continuerò perciò ad esprimermi su questo tema anche se eletta presidente del Plrt, rivendicando il fatto che un liberale può senz’altro essere credente, ma non credere che le scelte politiche possano dipendere dalla fede.