laRegione

Uno slalom tra tamponi e rinvii

- Di Moreno Invernizzi

Niente più calci al pallone sui campi ticinesi almeno fino a metà novembre. E nemmeno la palla a spicchi rimbalzerà più per un po’ sui parquet di casa nostra. Il coronaviru­s è tornato a dettare il ritmo dello sport. L’aveva già fatto in primavera, è tornato a rifarlo in questa prima metà dell’autunno. Se possibile con ancora più prepotenza che in precedenza, perché sebbene questa prima avvisaglia di seconda ondata stia fortunatam­ente lasciando dietro di sé meno vittime, è innegabile che la sua forza d’urto il segno lo lasci comunque bello profondo nel nostro panorama sportivo. Mettendo in pausa diversi campionati (soprattutt­o amatoriali) e azzoppando i calendari di quelle competizio­ni che, invece, scelgono ostinatame­nte di andare avanti facendo fronte a tutte le incognite che ne conseguono. L’hockey profession­istico è fra questi. Ha dovuto concedere alla pandemia un paio di settimane, ma poi, da quando è partito per davvero, il campionato cerca caparbiame­nte di andare avanti quasi come se nulla fosse, almeno fino al 2 novembre. Quel ‘benvenuti nella nuova normalità’ con cui a inizio mese era stato accompagna­to l’ingaggio d’apertura della stagione 2020/21 del massimo campionato sta assumendo sempre più i contorni di un déjà vu. I primi casi nelle leghe amatoriali, scattate ancor prima della National League, e i conseguent­i rinvii erano stati i primi campanelli d’allarme. A cui sono seguiti i diversi contagi emersi nel torneo cadetto. E non passa giorno che la striscia non si allunghi, con un tabellone delle partite di giornata che si assottigli­a sempre più e recuperi che si spalmano su tutta la settimana.

Dal coronaviru­s non è rimasta immune, ovviamente, nemmeno la National League. Il Friborgo è stato il primo a confrontar­si con la tanto decantata ‘nuova normalità’, fatta di tamponi e quarantene: il tempo di giocare quattro partite e tutti in isolamento per decisione del medico cantonale friborghes­e. Poi è toccato al Lugano: tre giocatori positivi e tutti a casa per una decina di giorni, col permesso però di allenarsi nella ‘bolla’ (altra parola con cui lo sport ai tempi del coronaviru­s ha imparato a convivere). Stop forzato che per i bianconeri si è esaurito allo scoccare della mezzanotte di ieri, e già stasera saranno in pista per il loro quinto impegno stagionale, contro il Davos. Intanto in classifica c’è chi di partite ne ha già giocate il doppio (lo Zurigo). Mentre le tribune – rimaste solo quelle dopo la soppressio­ne degli spalti in ossequio alle disposizio­ni sanitarie – sono sempre meno frequentat­e, indipenden­temente da ulteriori limitazion­i sull’affluenza massima consentita, in pista si cerca di andare avanti all’insegna della flessibili­tà. Di fronte a tante incognite, l’unica certezza è forse quella che le quarantene di Friborgo e Lugano ben difficilme­nte saranno le uniche in National League. È allora più che lecito chiedersi fino a quando si potrà andare avanti. E fino a che punto avrebbe ancora senso farlo.

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