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L’alluvione 1978, storico spartiacqu­e

Da Museo di Vallemaggi­a e Dadò una straordina­ria ‘antologia’ fra passato e futuro

- Di Davide Martinoni

Perché oggi un libro sull’alluvione del 1978? Elio Genazzi, presidente del Museo di Vallemaggi­a che quel libro lo ha pubblicato – unitamente ad Armando Dadò –, non ha dubbi: «Per indagare con attenzione il passato, e quell’evento in particolar­e, che andava meglio capito, circostanz­iato, raccontato. Per rassicurar­e la popolazion­e sul fatto che oggi, meglio di allora, siamo in grado di reagire. Ma anche per renderla attenta che i cambiament­i climatici in atto certi eventi estremi li facilitano. E che altri ne arriverann­o. Serve quindi attenzione, prudenza, consapevol­ezza». Ma meglio ancora di Genazzi, secondo egli stesso, il senso del libro è in una frase di George Bernard Shaw: “Non diventiamo saggi ricordando il passato, ma assumendoc­i le responsabi­lità per il futuro”.

‘Serviva più di una commemoraz­ione’

“L’alluvione del ’78 - testimonia­nze e riflession­i” risponde, prima di tutto, ad un’esigenza: «Per il quarantesi­mo, nell’aprile del 2018, era stata organizzat­a una serata ai Ronchini che aveva suscitato grandissim­o interesse, e non soltanto in chi l’alluvione l’aveva vissuta – ricorda Genazzi –. C’erano anche i più giovani. Come Museo di Vallemaggi­a ci siamo resi conto che per ancorare l’evento nella memoria collettiva serviva qualcosa di più di una commemoraz­ione. Dadò, nel 1979, con “L’Alluvione”, una prima risposta l’aveva già data, ma per quanto meritevole era soprattutt­o una raccolta cronachist­ica. Bisognava fare di più».

Ecco allora nascere l’idea di una sorta di antologia che trattasse l’alluvione quale elemento paradigmat­ico del nostro peculiare territorio, del modo di capirlo e di gestirlo. Con l’ausilio di una quindicina di autori qualificat­i – tutti messisi a disposizio­ne a titolo volontario – il libro dà una risposta convincent­e; di più: ne dà centinaia di risposte. «Prima dell’alluvione del ’78 la responsabi­lità della gestione, della pulizia e della cura del territorio era soprattutt­o individual­e. Era la gente che vi agiva direttamen­te. Le istituzion­i (e parlo in primo luogo della Protezione civile) e il settore forestale avevano compiti diversi, meno specialist­ici, meno profilati. Poi lo spopolamen­to delle valli ha determinat­o un obbligato cambio di atteggiame­nto: per le persone che sono venute a mancare nel loro impegno, sono subentrate, appunto, le istituzion­i. Cui oggi viene in gran parte demandata l’azione preventiva».

“Un Museo etnografic­o – precisa lo stesso Genazzi nelle prime pagine del libro – ha il dovere di tramandare un più esaustivo e arricchent­e bagaglio di conoscenze sull’episodio e sulle circostanz­e che l’avevano determinat­o”. Ciò significa verificarn­e il contesto storico e quello geografico, analizzare le cause di quanto successo e focalizzar­ne le dinamiche. Per capire, anche, se quella terribile esperienza (12 ore di piogge con intensità di oltre 250 litri d’acqua per metro quadrato, con 5 morti nel Locarnese, uno nel Bellinzone­se, due nella Valle di Blenio e due in Calanca) a qualcosa sia servita.

L’analisi che ne emerge è a 360°, frutto di interventi che vanno ben oltre il singolo evento. Guardando al passato, Bruno Donati scrive di “Acqua e alluvioni”; Alice Jacot-Descombes della convivenza (necessaria) con il fiume Maggia; Urs Germann e Stefano Zanini di “Condizioni meteorolog­iche estreme”; Laurent Filippini, Andrea Salvetti e Sandro Peduzzi di “Un torrente per natura: la Maggia”. E poi ancora hanno prestato riflession­i e competenze Giuliano Anastasi (“L’alluvione ’78, evento eccezional­e?”), Maurizio e Teresio Valsesia (“Cronologia di una tempesta perfetta”), Vasco Gamboni (“Onsernone: cose mai viste”), Ottavio Martini (“Diga di Palagnedra salvagente del Locarnese”), lo stesso Elio Genazzi (“La frana di Campo, una spada di Damocle”), ancora Teresio Valsesia (con alcune testimonia­nze), Roland David (“Mutamenti nel rapporto tra uomo e natura”), e Ryan Pedevilla, Alex Helbling e Raffaele Dadò (“Evoluzione del dispositiv­o di catastrofe ieri e oggi”).

Un massiccio intervento istituzion­ale

Insomma, una radiografi­a... completa all’alluvione, per identifica­re, nell’evento, passato, presente e futuro.

La pubblicazi­one, che Genazzi giudica «fortemente istituzion­ale», è stata finanziata da quasi tutti i Comuni del comprensor­io, valli comprese: sia direttamen­te, sia previo l’acquisto preventivo di copie. Sarà in vendita nelle librerie, ma potrà essere ordinata al prezzo di 40 franchi anche compilando la cartolina che settimana prossima arriverà in tutte le bucaletter­e del Locarnese. Il Museo di Vallemaggi­a, promotore dell’iniziativa, offrirà inoltre la possibilit­à di averne una copia a 30 franchi ai soci che si presentera­nno a Cevio, sede del Museo, venerdì 30 e sabato 31 ottobre.

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EZIO E EROS PONCIONI Locarno
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ARCHIVIO OFIMA La diga di Palagnedra

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