Disoccupati arrabbiati, assistenti in difficoltà
La crisi aumenta la loro frustrazione e causa situazioni difficili per chi li assiste
Timori e incertezze dovuti alla crisi causata dal coronavirus possono rendere aggressivo chi è senza lavoro. Un problema anche per chi ne segue il reinserimento.
Rabbia, incertezza, sgomento. Sono alcune delle sensazioni che porta con sè la pandemia di coronavirus e che toccano anche il mondo del lavoro. A farne le spese anche chi già si trova senza un impiego, come pure chi lavora per aiutarlo. Tensioni e aggressività a volte permeano i colloqui fra consulenti e persone iscritte agli Uffici regionali di collocamento (Urc). Secondo una funzionaria (nome noto alla redazione) l’ostilità sta aumentando. «È possibile che il momento d’insicurezza e difficoltà porti alcuni disoccupati iscritti a vivere situazioni ancor più delicate e di particolare tensione, che possono poi ripercuotersi sui colloqui con i consulenti del personale», commenta Claudia Sassi, capo della Sezione del lavoro, la quale spiega che non è possibile parlare di una tendenza generalizzata anche se i singoli casi non vanno banalizzati.
I consulenti sono in grado di far fronte alle reazioni ostili di alcuni assicurati? Secondo Sassi, sì: «Grazie soprattutto alla loro esperienza, formazione e professionalità, dispongono degli strumenti per gestire al meglio anche questo tipo di situazioni. In generale, l’attività del consulente del personale richiede grande impegno ed empatia, dato che ogni disoccupato porta con sé un proprio percorso e specifiche sensibilità». Non è dello stesso avviso la consulente che ha rilasciato la testimonianza: «Davanti a un assicurato aggressivo ci sentiamo minacciati e spesso inadeguati a gestire la situazione, in quanto non abbiamo una formazione adeguata», dice, e ritiene che alcuni assicurati andrebbero piuttosto seguiti da assistenti sociali. «Le persone che perdono il diritto alle indennità stanno aumentando, ma possono ugualmente rimanere iscritte», spiega: «Quasi la totalità si rivolge a un ufficio assistenziale. Se non presentano problemi di dipendenze e hanno meno di 60 anni quest’ultimo, se non sono iscritte in disoccupazione, li indirizza verso gli Urc, così da essere seguiti e sostenuti nella ricerca di un lavoro, oltre che per dimostrare verso l’assistenza che si impegnano per cercarlo e ottenere un’indipendenza economica. Ci troviamo dunque spesso con una categoria di persone fuori dal mercato del lavoro magari da diversi anni e difficilmente collocabili». Spesso poi, invece che aggressività c’è malcontento da parte degli assicurati. «Si sfogano con noi, ma in realtà sono arrabbiati col sistema», afferma la funzionaria. «Spesso non capiscono perché devono presentare un determinato numero di ricerche di lavoro o per quale motivo debbano partecipare ai programmi occupazionali. Il nostro però non è un ufficio di sussidi. Siamo come un’assicurazione che ti aiuta in un momento di difficoltà, alla quale però devi dimostrare che stai facendo degli sforzi per tornare al più presto nel mondo del lavoro». Un altro problema che solleva la consulente è la mole di lavoro, aumentata a causa della crisi che ha colpito soprattutto gli stagionali (nei settori alberghiero, ristorazione ed edilizia in particolar modo). «Nell’ambito delle misure accresciute per fronteggiare la nuova evoluzione dei contagi, è stata reintrodotta la possibilità di svolgere colloqui telefonici tra i consulenti e i disoccupati iscritti», spiega Sassi. «Fa invece eccezione il primo colloquio che avviene in presenza, nel rispetto di tutte le misure previste dai piani pandemici». Inoltre «la situazione è comunque costantemente monitorata, in modo da adeguare eventualmente le risorse alle necessità di consulenza, che potrebbero crescere quale conseguenza della pandemia». Per il capo della Sezione si tratta però di un periodo di grande incertezza che rende difficile fare delle previsioni attendibili. «Per affrontare le conseguenze della diffusione del coronavirus, ricordiamo che la Confederazione, tra le varie misure adottate, ha anche deciso d’introdurre 120 indennità giornaliere supplementari al massimo per tutte le persone aventi diritto», ricorda il capo della Sezione del lavoro. «In generale, indipendentemente dalle indennità di disoccupazione, tutti gli iscritti agli Urc beneficiano delle molte misure di sostegno al collocamento, nonché delle possibilità offerte dalla collaborazione con le aziende».
La preoccupazione maggiore registrata dalla consulente nel periodo di lockdown riguardava la diminuzione di offerte di lavoro e l’evidente difficoltà a reperire ditte aperte alle quali presentare le proprie candidature: «Tanti mi dicevano: ‘dove mi candido se è tutto chiuso?’». Fortunatamente alcuni settori hanno avuto comunque bisogno di personale, come l’agricoltura, l’industria farmaceutica e i supermercati, per i quali non venivano richieste competenze particolari e verso i quali i consulenti hanno potuto indirizzare parte degli assicurati. «Nonostante l’arrivo della seconda ondata, il livello di offerte di lavoro e posti annunciati negli uffici di collocamento resta piuttosto simile rispetto all’anno scorso», spiega la funzionaria. «Quello che è cambiato in tutti i settori è la tendenza a stipulare contratti a tempo parziale o su chiamata. Alcuni datori di lavoro hanno licenziato personale riassumendo persone a ore. Per questo motivo stanno lavorando molto le agenzie private». Il mercato del lavoro si sta dunque trasformando, e chi lo sa se alcuni di questi cambiamenti faranno parte della nuova realtà post-Covid.