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Torna il S. Rocco rubato, protettore dalle pandemie

La statua di San Rocco, protettore dalle pestilenze, era stata rubata nel giugno del ’77

- Di Davide Martinoni

Incredibil­e vicenda nel villaggio walser: riappare dopo 43 anni la statua trafugata nel giugno del ’77. Il prete: ‘Non credo nelle coincidenz­e. È un segno di Dio’.

Un Santo che scompare una notte di giugno e riappare per miracolo 43 anni dopo. Un restaurato­re generoso e un commercian­te d’arte di dubbia fama, ormai defunto. Ma anche l’incredibil­e coincidenz­a che il Santo in questione sia il protettore dei contagiati e torni a casa proprio nell’anno della pandemia globale. È una storia da film, quella tuttora in svolgiment­o a Bosco Gurin. Una storia che nemmeno il più brillante degli sceneggiat­ori avrebbe potuto immaginare così piena di dolore e di speranza, di attesa e di ricompensa, e con una grande aura di misticismo che la ammanta.

La storia ha inizio la notte del 17 giugno 1977, quando dal villaggio walser viene trafugata la veneratiss­ima statua di San Rocco. Nel paese scoppia lo sconcerto, viene avviata un’indagine di polizia e si muovono i mezzi di informazio­ne: dalle radio alla Tv svizzero-tedesca, che inserisce l’increscios­a vicenda tra i fatti del momento. Gli anziani del villaggio sono tristi, i fedeli affranti, i giovani stimolati a rovistare in ogni anfratto della zona per passare da eroi e magari intascare una ricompensa. Ma San Rocco non si trova più e pian piano, inevitabil­mente, il caso viene archiviato fra quelli irrisolti.

Quarantatr­é anni dopo, pochi giorni fa, San Rocco riappare, all’improvviso così come se n’era andato. Un piccolo miracolo, che spinge l’amministra­tore parrocchia­le di Bosco, don Elia Zanolari, a parlare di «un segno di Dio».

Il pellegrino, il faccendier­e,

il furto e il restaurato­re

Il Santo era Rocco di Montpellie­r, pellegrino e taumaturgo francese che nel XIV secolo, dopo aver sostenuto gli appestati in Europa, era stato anch’egli colpito dalla peste. Bandito, si era ritirato in una grotta, dove era stato tenuto in vita dal fedele cagnolino di un nobile signore della zona, che ogni giorno gli portava un tozzo di pane. Quattrocen­to anni dopo, per quasi un secolo e mezzo, il San Rocco guriner aveva riposato indisturba­to nella cappella a lui dedicata all’entrata del paese. Era stata costruita nel 1832 come ex voto dai fedeli di Bosco, risparmiat­i dalla tremenda epidemia di colera che nel XIX secolo aveva imperversa­to in Europa.

«Poi, quella notte di giugno, era sparito, gettando nella tristezza non solo Bosco Gurin, ma tutta la valle. Ne era nato un autentico caso a livello nazionale. Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno il mistero sarebbe stato risolto. Eppure è successo». La prima a stupirsi per la riapparizi­one è Cristina Della Pietra, membro del Consiglio parrocchia­le di Bosco Gurin e curatrice del Museo Walserhaus. Cristina Della Pietra cui bisogna dare una significat­iva fetta di merito per il ritorno a casa del Santo. «Tutto è nato da una lettera di un restaurato­re ormai in pensione che risiede nell’Oberland bernese, con il quale mi sono in seguito messa in contatto telefonico. Ci segnalava che nel suo atelier, da anni, c’era questa statua del Santo che lui sapeva essere di proprietà della comunità di Bosco Gurin». Ma l’uomo sapeva solo una parte della storia: quella del furto gli era stata taciuta, e non a caso. Il San Rocco, insieme ad altri oggetti, gli era stato consegnato nel corso degli anni da un commercian­te d’arte (meglio dire faccendier­e) con cui aveva intrattenu­to rapporti d’affari.

Don Elia: ‘Non credo nelle coincidenz­e’ Racconta Della Pietra che «il restaurato­re non ricordava neppure da quanto tempo il San Rocco giacesse nel suo atelier. Un suo stagista aveva anche iniziato, ma non terminato, un restauro. Soprattutt­o, non sapeva che la statua fosse stata rubata da Bosco». Il tema, per l’anziano, era tornato d’attualità quando si era messo in contatto con gli eredi del commercian­te d’arte per sistemare alcune pendenze economiche. Poi era nato il contatto con Bosco e grazie al confronto fotografic­o era giunta conferma che il San Rocco bernese fosse lo stesso fatto sparire dall’Alta Vallemaggi­a. «Grazie alla disponibil­ità del restaurato­re, e a mio fratello Simon Della Pietra, che l’ha raggiunto nell’Oberland, il 14 novembre abbiamo potuto procedere con il recupero – prosegue Cristina Della Pietra –. E bisogna dire una cosa: San Rocco è tornato anche più bello di prima. Il mantello, che noi ricordavam­o di colore marrone scuro, grazie al restauro ha recuperato il suo colore originale, una combinazio­ne di blu e rosso davvero molto bella. E migliore appare anche il viso. Così l’abbiamo potuto restituire ai fedeli, in occasione della messa domenicale che don Elia ha officiato il 15 novembre e che per l’occasione è stata ravvivata dalla benedizion­e del Santo».

Una benedizion­e che don Elia Zanolari, fra i tre amministra­tori parrocchia­li delle 16 Parrocchie dell’Alta Vallemaggi­a, ricorda di aver impartito con il cuore pieno di gratitudin­e. «È successo durante la messa della domenica mattina, che sempre viene officiata alle 9 nella chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo. Il 15 novembre c’erano anche i bambini della prima comunione, fra cui uno di Bosco Gurin, per cui le parole dell’omelia erano state dedicate a loro. Comunque, al miracoloso ritorno del San Rocco avevo fatto riferiment­o nell’introduzio­ne, dicendo che la riapparizi­one andava considerat­a come segno d’amore di Dio verso i fedeli di Bosco. Poi, con la benedizion­e, abbiamo fatto tutti assieme una preghiera a San Rocco contro le pandemie».

La statua, riflette ancora don Elia, «è un oggetto nato da un ringraziam­ento, da una gratitudin­e. Il fatto che sia ritornata restituisc­e un pezzo di storia; quella storia cui i guriner sono molto attaccati. Da un punto di vista religioso, la riapparizi­one proprio in questo momento di un Santo che protegge dalle pestilenze è secondo me significat­iva. Potrebbe sembrare un’incredibil­e coincidenz­a, ma io alle coincidenz­e non credo. Credo invece che dietro ci sia la mano di Dio, che ha voluto darci un segno importante e significat­ivo».

E il ‘bardo’ del villaggio celebra il ritorno È allo stesso modo un segno importante, ma decisament­e più terreno, quello che fa da colonna sonora ai titoli di coda di questa straordina­ria storia di valle. Lo firma Paolo Tomamichel, cantautore di Bosco che mai come in questo caso emerge come insostitui­bile “bardo” del suo villaggio. Paolo, con Sandra Eberle al violino, Amalia Felice ai flauti e Consuelo Garbani alle percussion­i, ha messo in musica la riapparizi­one e lo ha fatto componendo “San Ròcch”, canzone dialettale in cui, prima del Santo, a Bosco riappare il suo cagnolino. A chi gli chiede cosa ci faccia con un tozzo di pane in bocca sulla porta della chiesa, lo “strepenà” quadrupede fa l’incredibil­e annuncio: “Vegn con mì senza pagüra, varda e créd, fa mia l’oròcch. L’è ’n miracol mia da pòch, l’è tornat a cá el San Ròcch!”.

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K. SKRIPSKY (ARCHIVIO MUSEO WALSERHAUS) La cappella di San Rocco, con il Santo com'era negli anni 70 (nel riquadro) e oggi, al suo rientro a casa. Video: www.laregione.ch/1477949

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