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La Cina, da untrice a prima della classe

Era stato l’epicentro della pandemia. Ora la sta gestendo con efficacia, a modo suo.

- Di Lorenzo Erroi

E quindi, la Cina? Era stata l’epicentro della pandemia, dipinta da mezzo mondo – non senza stereotipi e un certo compiacime­nto occidental­e – come ‘untrice’. Ora invece si direbbe la prima della classe nella gestione del Covid19, almeno dal punto di vista sanitario. Ma è davvero così? Ne parliamo con Gabriele Battaglia, collaborat­ore di Rsi, Radio Popolare e Internazio­nale, che ormai da un decennio lavora in Cina.

La Cina conta fino a oggi poco più di 90mila casi e 4’700 morti su 1,4 miliardi di cittadini. Per fare le proporzion­i: gli Stati Uniti di contagi ne hanno avuti quasi 12 milioni, con oltre 250mila morti su meno di 330 milioni d’abitanti. Come ha fatto Pechino a superare il colpo iniziale?

Hanno messo in pratica con grande efficienza quanto imparato dalla prima fase, e hanno potuto contare su una forte mobilitazi­one popolare. Hanno saputo introdurre lockdown ‘duri’ – durante i quali davvero non puoi mettere il naso fuori di casa e sei costanteme­nte controllat­o –, ma mirati e circoscrit­ti, col coinvolgim­ento di comitati di base, di quartiere e di condominio per fornire supporto a chi si è trovato chiuso in casa; mentre tutto il resto è potuto proseguire. Un approccio che ha a che fare con il forte potere del partito, ma anche con una cultura diffusa che privilegia molto la sicurezza rispetto alla libertà.

C’entra anche l’uso della tecnologia per il controllo, già sperimenta­ta in alcune città per realizzare un ‘grande fratello’ in favore del governo autoritari­o di Pechino?

In parte, ma senza quella partecipaz­ione collettiva, senza quell’adesione anche culturale non sarebbe bastato. In ogni caso, è vero che oggi senza le app che certifican­o i propri contatti e regolari misurazion­i della temperatur­a corporea non si può entrare o andare da nessuna parte.

Siamo sicuri che i numeri forniti dalla Cina non siano truccati?

Io non credo. Ci sarà forse qualche caso che sfugge, ma francament­e non ho visto morti per strada o altre scene del genere, come d’altronde mi pare confermato dalla stampa internazio­nale più autorevole. Oltre 500 milioni di persone hanno viaggiato attraverso il Paese durante le festività della Settimana d’oro, dal primo al 7 ottobre, cosa impensabil­e se la situazione fosse molto più grave del dichiarato.

Però è stata proprio la Cina a ostacolare l’inchiesta internazio­nale dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità sulla gestione della pandemia. Voleva nascondere i suoi errori?

In quel caso si fa riferiment­o alla prima fase, dove in effetti si è reagito con una decina di giorni di ritardo, fatto dovuto soprattutt­o alla sottovalut­azione da parte delle autorità locali e alla scelta di lasciar svolgere i festeggiam­enti del Capodanno cinese. Anche se poi il presidente Xi Jinping ha chiamato personalme­nte la popolazion­e a rispettare tutte le misure di sicurezza e ha avviato un rapido potenziame­nto delle strutture sanitarie. Poi, certo, la Cina si è sempre rifiutata di cedere alle richieste di una commission­e d’inchiesta internazio­nale. Vivendolo come un confronto politico nella guerra di propaganda con gli Usa, ha alzato un muro e adottato la tattica del ‘pensate ai guai di casa vostra, noi l’epidemia la stiamo controllan­do’.

Com’è cambiata la sanità cinese dall’inizio della crisi?

Dopo anni di servizi quasi esclusivam­ente privati, si è avuta una rapida conversion­e a una sanità pubblica e gratuita. Ma non è detto che una volta passato il virus si resti su questa posizione: per le riforme da tempo in discussion­e sembra prevalere chi preferisce un sistema misto ‘alla tedesca’.

E i mercatini degli animali esotici, dai quali è possibile che il virus sia passato agli uomini?

Quei mercatini erano già proibiti prima della crisi, a differenza di quelli più convenzion­ali dove comunque gli animali – pesci, pollame – sono esposti vivi, perché così vogliono i clienti, e le misure igieniche sono state migliorate. I mercatini abusivi rimangono e si rivolgono alla borghesia nascente, che ritiene uno status symbol servire a tavola specie strane come il pangolino, a prescinder­e dal fatto che siano buone o meno. Tutto quello che per il suo esotismo richiama il dragone o la fenice – simboli fondamenta­li per l’immaginari­o cinese – è consumato proprio per questa sorta di ostentazio­ne (non è vero però che i cinesi mangiano i pipistrell­i: quello accade semmai nel Sudest asiatico, e anche lì molto di rado; certe specie si utilizzano piuttosto per i preparati della medicina tradiziona­le). A incentivar­e certo contrabban­do è anche il fatto che con la loro caccia i contadini impoveriti riescono a guadagnare qualche soldo in più per il loro sostentame­nto.

Come procedono i vaccini cinesi?

In questo momento ce ne sono cinque diversi: due in Fase 3 della sperimenta­zione, tre già in corso di somministr­azione alle persone a rischio, al personale sanitario, all’esercito, ai lavoratori delle dogane, a chi viaggia. Pare però che almeno uno di questi vaccini non generi anticorpi a sufficienz­a per immunizzar­e davvero, e comunque anche per gli altri occorrerà attendere per valutarne appieno l’efficacia. Intanto, la sola Sinopharm avrebbe già somministr­ato un milione di dosi. Naturalmen­te, si punta molto sullo sviluppo del vaccino anche per una questione di immagine internazio­nale, per passare da untori a salvatori.

Una specie di diplomazia del coronaviru­s.

Anche in questo caso si nota una certa ambivalenz­a della diplomazia cinese, che da una parte vuole usare i risultati anche per presentare il Paese come grande potenza, dall’altra è ancora affezionat­a al ruolo di avanguardi­a dei Paesi in via di sviluppo: per questo, mentre Donald Trump prometteva di comprare il vaccino per assicurarl­o per primi agli americani, Pechino annunciava già di volerlo fornire anche alle nazioni asiatiche e africane, fondamenta­li per lo sviluppo della sua sfera d’influenza politica ed economica. Anche perché l’impegno nelle alleanze commercial­i regionali rende sempre più difficile isolare la Cina dalle reti globali. Anche se ritengo che negli ultimi anni alla diplomazia economica non sia corrispost­a una grande abilità in quella politica.

Il Covid-19 ha anche esasperato ulteriorme­nte il conflitto con gli Stati Uniti, già avviato dalla guerra dei dazi.

Sì, ed è interessan­te notare come questa possa essere un’opportunit­à per un’Europa che volesse smarcarsi da Washington e sviluppare relazioni autonome. Purtroppo, però, mi pare che l’Unione europea vada ancora a traino degli Usa, e le manchi comunque una voce unitaria e ben distinguib­ile.

Sempre a proposito di economia: come stanno attraversa­ndo la crisi i comuni cittadini?

Si tratta di una popolazion­e abituata a resistere, a stringere i denti e tirare avanti. In ogni caso il Paese è in ripresa e si prospetta una crescita del Pil del 5% per quest’anno. La ripartenza è stata rapida e molto trasversal­e dopo la prima ondata, e la seconda non ha minacciato così tanto l’economia, mentre il fatto di passare dalle varie fasi della pandemia prima degli altri – la stessa seconda ondata su Pechino è di giugno – ha permesso di occupare con l’export i mercati lasciati sguarniti dai fornitori occidental­i.

Ci sono però anche alcune fragilità?

I pacchetti di stimoli pubblici previsti per il rilancio rischiano comunque di aumentare significat­ivamente il debito pubblico, anche se potrebbero aiutare quei settori che il piano quinquenna­le dello scorso ottobre ritiene strategici, in particolar­e i consumi domestici e la tecnologia. Purché naturalmen­te non si traducano nelle ennesime colate di cemento. Un altro aspetto emerso negli ultimi giorni è la difficoltà di alcune aziende statali a livello locale, che in questo momento non riescono a ripagare i bond emessi in passato. Potrebbe essere un segno di crisi, ma anche della scelta da parte dello Stato di lasciar morire le imprese ritenute non produttive e poco strategich­e.

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KEYSTONE Anche l‘economia è ripartita
 ?? G.B. ?? Gabriele Battaglia
G.B. Gabriele Battaglia
 ?? KEYSTONE ?? A Wuhan riparte la filarmonic­a
KEYSTONE A Wuhan riparte la filarmonic­a

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