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La vita notturna nei casinò non si è fermata

Per le case da gioco poco è cambiato rispetto a prima della seconda ondata

- Di Simona Roberti-Maggiore

Le case da gioco sottostann­o a una concession­e federale. Per loro, le attuali restrizion­i in vigore per gli esercizi pubblici e altri settori della società non sono state imposte.

Un sabato sera di novembre. Le lancette segnano le 22.30. Il lungolago di Lugano ribolle di gente. Giovani e meno giovani che hanno voglia e bisogno di svagarsi, anche di questi tempi. C’è chi sorseggia il suo drink al bar, qualche gruppetto di teenager intorno alle panchine, chi esce solo ora dal ristorante stringendo­si il cappotto indosso, persino un principio di rissa sul marciapied­e tra quattro ragazzini. Alle 23 però, si sa, i locali chiudono. Ma forse non tutti. Le porte del casinò restano aperte fino alle 5 del mattino. Come sempre. Sì, perché il Consiglio federale non ha imposto la restrizion­e oraria alle case da gioco, ma solo a bar e ristoranti. I governi cantonali di Berna, Basilea, Friburgo, Vaud, Neuchâtel e Ginevra hanno però di loro iniziativa imposto una chiusura totale delle case da gioco in seguito al peggiorame­nto della situazione epidemiolo­gica. Decisione che, almeno per ora, non è stata presa dal Consiglio di Stato ticinese, che si uniforma alla maggioranz­a dei cantoni germanofon­i. I casinò formano quindi una categoria tutta loro, una bolla nell’attuale mercato dell’intratteni­mento.

Pochi minuti dopo le 23, sono diversi i ragazzi che si avviano verso l’entrata della casa da gioco. È facile intuire che non si tratti di giocatori abituali, ma piuttosto di giovani a cui, almeno ancora per qualche ora, non va di rincasare.

Il piano di protezione elaborato dalla Confederaz­ione limita l’accesso alle sale da gioco, riservando­le unicamente ai giocatori, e impone l’utilizzo di separazion­i in plexiglass e mascherine. Il servizio bar è vietato dopo le 23. Il casinò di Lugano aveva inoltre dichiarato, sia attraverso il loro sito sia in un’inserzione pubblicita­ria, che alla reception sarebbero stati messi a disposizio­ne dei guanti protettivi per tutti i giocatori. Ma la realtà, quella constatata personalme­nte sul posto in due occasioni (il 7 e il 14 novembre, ndr), è un po’ diversa. Il via vai, una volta dentro, è tanto. Né Confederaz­ione né Cantone hanno infatti imposto un numero massimo di persone inferiore a quello standard. Si sta continuame­nte in piedi: un po’ per cambiare gioco, un po’ per ricaricare la tessera per giocare alle slot machine, un po’ per andare in bagno. Chi si sgranchisc­e le gambe, chi è lì solo per guardare, appoggiato alla spalla dell’amico. Fumare è tuttora ammesso, e c’è chi fuma molto. L’uso della mascherina è perciò in molti casi quantomeno parziale. Il ricambio di persone alle slot è decisament­e sostenuto e non si può fare a meno di osservare che nell’arco di un’ora le persone che toccano gli stessi tasti siano veramente tante. Di guanti, nemmeno l’ombra. Dinamiche quindi diverse da quelle che si possono creare seduti in quattro al tavolo di un bar.

Per bar e ristoranti ‘è una barzellett­a’

Per Andrea Montini, gestore del bar-ristorante Shaker di Lugano «la legge è giusta se è uguale per tutti. Che il casinò vada avanti a tenere aperto fino alle cinque del mattino è sbagliato». All’orario di chiusura, specifica Montini, «il locale è pieno ed è un po’ una barzellett­a perché chiarament­e alle 23 tutta la nostra clientela ha un pretesto per rimanere in giro, quindi tanto varrebbe farli restare nei locali senza penalizzar­e ulteriorme­nte il settore». «Lo scorso sabato per esempio», continua, «c’erano dei clienti che per festeggiar­e il compleanno, aspettando la mezzanotte, hanno deciso di indirizzar­si verso il casinò, e parliamo di persone che prima non ci andavano neanche per sbaglio».

Le motivazion­i del Consiglio di Stato

Gianmaria Pusterla, portavoce del Dipartimen­to delle istituzion­i diretto da Norman Gobbi, attuale presidente di turno del governo, spiega: «Il Consiglio di Stato valuta costanteme­nte e adotta, di volta in volta, misure sempre proporzion­ali e adeguate alla situazione epidemiolo­gica. Oltre a considerar­e l’equilibrio tra questioni sanitarie, economiche e sociali, considera anche se è possibile mettere in pratica e rispettare un piano di protezione efficace. Se parliamo dei cantoni romandi è evidente che la loro situazione epidemiolo­gica era più grave della nostra, il che li ha portati, per esempio, a chiudere anche bar, ristoranti e musei (dal 10 dicembre riaprono, ndr). La chiusura di queste strutture è quindi da contestual­izzare nell’ambito di una chiusura parziale di svariate attività commercial­i. Chiusure che nella seconda ondata il Consiglio di Stato è finora riuscito a evitare». Pusterla ricorda infine «che la concession­e per i casinò è federale e la Confederaz­ione in questo periodo non ha mai limitato l’attività delle case da gioco».

Non c’è, quindi, nessuna limitazion­e governativ­a rispetto alla capienza delle strutture, se non quella – per il cliente – di stare a una sola postazione di gioco. In Ticino, due casinò su tre si autoimpong­ono però una soglia massima nel quadro del loro piano di protezione. Luca Antonini, Ceo del Casinò di Locarno e del Casinò Admiral di Mendrisio, conferma che il numero di persone attualment­e ammesse è 745 per Mendrisio (incluso il settore ristorazio­ne al primo piano) e 164 per Locarno. Normalment­e queste strutture possono ospitare rispettiva­mente 900 e 400 persone. Il Casinò di Lugano non si è posto, di principio, un limite di persone, che può variare in base al numero di macchine disponibil­i e alla superficie di gioco. L’affluenza massima standard per questa struttura è di 1’025 persone. Si parla quindi di centinaia e centinaia di persone chiuse in uno spazio che, seppur ampio, resta uno spazio chiuso. Secondo il rapporto annuale 2019 della Commission­e federale delle case da gioco, l’anno scorso i casinò di Locarno e Mendrisio, titolari di una concession­e di tipo B, hanno versato al cantone tasse per un importo complessiv­o di oltre 17 milioni di franchi. Il casinò di Lugano, titolare di concession­e di tipo A, ha versato invece circa 29 milioni di franchi alla Confederaz­ione. La città di Lugano è inoltre l’azionista principale del Casinò, con una partecipaz­ione pari al 65,73 per cento.

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TI-PRESS Quello dell’azzardo appare essere un mondo a parte

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